Conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani

26 Gennaio 2025 | News, primo piano, Visita pastorale

Il 25 gennaio, nella chiesa parrocchiale Sacra Famiglia, a Sassari, si è conclusa la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo.

«Nel contesto del cammino della Visita pastorale, il Signore ci concede oggi di concludere l’ottavario dedicato a un’intensa preghiera per l’unità dei cristiani. Questo appuntamento di fede, che condividiamo con la Chiesa universale e con altre confessioni cristiane, ci invita a riflettere su una domanda fondamentale: perché è necessario pregare per l’unità dei cristiani? Per quale ragione la Chiesa ha sentito il bisogno di istituire e formalizzare un periodo specifico di preghiera per questa intenzione?

Potrebbe sembrare naturale pensare che, essendo tutti cristiani, l’unità sia già una realtà acquisita. Tuttavia, è importante riconoscere che le divisioni tra cristiani sono maturate all’interno della comunità cristiana stessa. Sebbene influenzate da fattori storici, culturali e sociali, queste divisioni non sono mai state estranee alla vita della Chiesa. Già nei tempi apostolici e nelle prime comunità cristiane, pur in un periodo che si considera generalmente di unità, si affrontava la “fatica dell’unità”: dalla formulazione del pensiero teologico alla liturgia, fino alla prassi di vita e all’etica cristiana. Queste difficoltà hanno riguardato anche il modo di governare la Chiesa e servire la comunità.

Gesù stesso, consapevole di queste tentazioni, pregò affinché i suoi discepoli fossero preservati dal maligno e dallo spirito della divisione. La divisione non è una realtà nuova; è una tentazione che ha accompagnato la comunità credente fin dalle sue origini e che continua a interpellare i cristiani di ogni tempo. Nel secondo millennio, alcune fratture si sono approfondite, creando radicali separazioni. Tuttavia, lo Spirito Santo ha suscitato, nel corso della storia, uomini e donne – laici, religiosi, presbiteri e vescovi – animati dal desiderio di lavorare per l’unità della Chiesa.

Oggi, questo impegno diventa ancora più urgente. La mobilità umana a livello mondiale ci porta a vivere in una società in cui le differenze si incontrano quotidianamente, non solo nei grandi temi ecclesiali, ma anche nella vita quotidiana. Pensiamo, ad esempio, alle famiglie in cui persone di diverse confessioni cristiane decidono di sposarsi, o al mondo dello sport, della scuola e dell’università, dove giovani provenienti da diverse tradizioni cristiane si incontrano e condividono esperienze. Anche il mondo del lavoro, sempre più globalizzato, è un luogo di dialogo e confronto tra credenti di diverse confessioni.

Questo contesto ci insegna che l’unità dei cristiani non è un tema riservato agli specialisti, ma riguarda direttamente la vita delle nostre comunità parrocchiali e delle famiglie. La fede in Gesù Cristo ci unisce, e come credenti abbiamo la missione di testimoniare Cristo davanti al mondo, mostrandoci segno di comunione in una società spesso frammentata.

La Visita pastorale, vissuta in un’ottica sinodale, ci offre l’opportunità di educare la nostra sensibilità a uno spirito ecumenico. Questo spirito non solo arricchisce la dimensione spirituale, ma aiuta anche a superare chiusure, gelosie e divisioni che possono minare la vita comunitaria. Come ci ricorda San Paolo nella Seconda lettura, la Chiesa è il Corpo di Cristo, e ogni membro ha un ruolo indispensabile. L’Eucaristia, sacramento dell’unità, è il segno visibile di questa comunione: non celebriamo solo una relazione personale con Cristo, ma entriamo in comunione con i fratelli e le sorelle nella fede.

È quindi fondamentale promuovere uno spirito di collaborazione tra i vari ambiti della vita parrocchiale, dalla catechesi alla cura delle famiglie, dall’animazione giovanile ai gruppi ecclesiali. Visitando le comunità, si scoprono semi di speranza e di vita cristiana che, però, non devono rimanere nascosti: devono diventare contagiosi, germogli profetici che coinvolgano sempre più persone.

Purtroppo, a volte, nelle parrocchie si insinuano dinamiche negative: gelosie, mormorazioni, rivalità. Queste “tessiture di romanzi”, come le definisco, generano divisione non solo nella Chiesa, ma anche nelle famiglie. Diventano una forma di ricamo doloroso che ferisce il Corpo di Cristo. È invece necessario lavorare per un ecumenismo dal basso, che parta dalla comunità e favorisca la comunione tra le varie realtà ecclesiali.

Anche il tema dell’interparrocchialità si inserisce in questo discorso. Le parrocchie non devono vivere in competizione, ma in mutua collaborazione, stimolandosi reciprocamente nell’annuncio del Vangelo. Non esistono parrocchie di “serie A” o di “serie B”; esiste un’unica Chiesa, il Corpo di Cristo, in cui ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo.

In conclusione, la Visita pastorale è un’espressione concreta di questa cura pastorale reciproca. Essa ci ricorda che non esistono “super-chiese” o “mini-chiese”, ma che tutta la Chiesa, dal Papa fino alla comunità più piccola, è chiamata a vivere l’unità come un segno visibile del Regno di Dio. Invito, dunque, tutti i membri della comunità a partecipare attivamente alla vita della Chiesa, mettendosi a disposizione con generosità e spirito di servizio, per costruire insieme una comunità cristiana accogliente e armoniosa».

Pin It on Pinterest