Sassari, Parrocchia San Donato e San Sisto: Celebrazione eucaristica presieduta dall’arcivescovo Gian Franco

24 Novembre 2024 | News, primo piano

Sabato 23 novembre l’arcivescovo Gian Franco ha incontrato la comunità parrocchiale di San Donato e San Sisto e presieduto la Celebrazione eucaristica.

Di seguito si riporta l’omelia tenuta dall’Arcivescovo:

«Questa sera viviamo l’incontro con la cara comunità di San Donato e San Sisto, comunità che in questi tempi ha vissuto momenti di sofferenza. La Parola di Dio in questa domenica ci orienta a fissare lo sguardo su Gesù, Re dell’Universo: con questa solennità liturgica celebriamo la conclusione dell’anno liturgico e ci avviamo subito verso l’inizio del nuovo anno liturgico. Da Cristo tutto ha origine, Egli orienta ed illumina co la luce pasquale il nostro cammino.

La solennità di Cristo Re dell’Universo è stata introdotta in momenti storici nei quali si vivevano profondi turbamenti sociali, di fronte ai quali la Chiesa ha voluto ricordare che vi è una sovranità unica, la Signoria di Dio, il vero Signore della storia, il Signore del Tempo. Come ci ricorda la liturgia della Pasqua, Egli è l’Alfa e l’Omega, l’inizio e la fine, il compimento di tutto. E’ la signoria dell’amore di Dio per tutti, per l’umanità.

I testi biblici della liturgia odierna ci invitano a trascorrere e a vivere il tempo che passa con gli occhi rivolti a Cristo. Egli è il vero Signore della storia, ma anche colui che orienta le vicende della storia, le vicende umane. Nella solennità di Cristo Re dell’Universo celebriamo una liturgia di fiducia, di speranza, perché ci ricorda che Cristo è presente nella nostra vita, è presente nella storia. Dio non ci abbandona mai. Il Regno di Dio progredisce pian piano, come ci ricorda il Concilio Vaticano II, tra le gioie, le consolazioni e le tribolazioni del mondo. Così è la vicenda umana, segnata da momenti di gioia, ma segnata anche da momenti di tristezza. Il Signore ci ricorda che la sua Parola non avrà fine, la sua Parola regna in eterno. 

Egli è l’Agnello immolato: è il segno della vittoria di Cristo sul male e sulla morte. Nella fase conclusiva dell’Eucaristia, proprio prima di accostarci al banchetto eucaristico, il sacerdote eleva il corpo di Cristo e dice: “Ecco l’agnello di Dio, ecco Colui che toglie il peccato del mondo”. È un invito a volgere lo sguardo a Colui con il quale noi entriamo in comunione, in una comunione tutta speciale e tutta particolare accostandoci, subito dopo, al banchetto del pane eucaristico.

 Nel testo del vangelo Giovanni pone in rilievo che la logica del Regno di Dio non va avanti secondo le logiche dei sovrani di questo mondo. L’evangelista educa la comunità del suo tempo e oggi la nostra comunità ad entrare nella prospettiva del regno di Dio resa manifesta nel mistero del Verbo fatto carne. Quando Pilato domanda a Gesù: “Sei tu il re dei Giudei?” (Gv 18,33), Gesù risponde: “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv 18,36). Questo è l’altro orizzonte che desidero sottolineare, cioè che la nostra vita, e quindi Il nostro percorso, ha un orientamento che va oltre le dinamiche storiche, oltre le vicende della storia, quelle più belle e anche quelle meno belle. Cristo apre un orizzonte di luce oltre i nostri limiti umani.

Siamo proiettati oltre, in avanti, ma quest’oltre non è un oltre fantasioso, vago: quest’oltre è veramente l’incontro con Cristo, con Cristo Signore, il quale ci dice che ciò che ha inizio in questo mondo; è segnato nel già e non ancòra sempre dalla dimensione di incompiutezza, ha sempre una dimensione di fragilità, proprio perché il suo Regno non è di questo mondo. E quindi anche l’edificazione del Regno di Dio non si basa secondo le logiche umane, le logiche mondane, ma secondo la logica di Dio. Credo che questo aspetto possa illuminare anche il modo di vivere la Chiesa, il cammino nella Chiesa, nelle comunità, il nostro modo di affrontare le sfide del nostro tempo, che possono essere talvolta segnate da turbamenti, da domande, da inquietudini. Dentro tutto questo turbinio, dentro questa inquietudine, il Signore ricorda che vi è un oltre. Anche le cose più belle e più buone di questo mondo sono ancòra un segno della pienezza che ci attende nella vita eterna.

Gesù sceglie una via: la via dell’umiltà. Egli dice: “Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato” (Gv 18,36). Invece, la via che Gesù ha scelto è proprio la via del consegnarsi all’amore di Dio nel donare sé stesso, nell’offrire sé stesso. Qui Giovanni riporta alla nostra attenzione ciò che poco prima Gesù aveva detto ai suoi discepoli; ci ricorda che Gesù, nella sala dell’ultima cena, alzatosi da tavola, chiese un catino e iniziò a lavare i piedi dei suoi discepoli, dopo aver cinto i suoi fianchi. Nel regno di Dio prevale la logica del servizio: è la logica dell’umiltà, mostral’abbassamento di Dio, la vicinanza di Dio all’umanità ferita dal peccato. È una costante in tutta la vita di Gesù.

In questa situazione l’evangelista mostra l’impreparazione e la difficoltà dei suoi discepoli, i quali dicono: “No, questo tu non lo farai mai, noi non vogliamo che tu ti curvi verso di noi, perché tu sei un rabbi, sei un maestro”. E invece Gesù chiede di consentirgli di compire tale gesto, chiede ai suoi discepoli di comprendere il gesto di amore che Egli fa, perché poi anche essi saranno chiamati a seguirlo nella via della donazione totale. L’Eucaristia che noi celebriamo non è un rito materiale privo di vita, e pur esprimendosi attraverso dei riti, l’Eucaristia è incontro, il nostro incontro con Cristo, con il Signore, che ci raduna per celebrare la Pasqua con Lui, per celebrare la Pasqua, il dono della Sua presenza in mezzo a noi lungo il pellegrinaggio terreno segnato dal mistero del nostro limite, del nostro egoismo.

Questa logica è stata difficile da comprendere per i discepoli di Gesù ed è difficile da comprendere nella storia di tutti i tempi. Delle opere di Dio riusciamo a comprendere solo qualcosa. San Giovanni Crisostomo nei suoi scritti ci ricorda che davanti al mistero di Dio nessuno di noi è in grado di comprendere il senso e il significato delle tribolazioni della vita, perché dietro di esse ci sono segni del travaglio del regno di Dio i cui significati non riusciamo a vederli e a comprenderli oltre lo sguardo umano. Questo grande padre della Chiesa, che ha servito la causa del Regno di Dio in tempi turbolenti, ricorda che nessuno può ledere a sé stesso se non a motivo delle sue scelte. Ciò che danneggia veramente è il non mettersi nelle mani di Dio. In ciascuno può serpeggiare questa tentazione, in ciascuno di noi può insinuarsi la logica della mondanità nel governo della Chiesa. Come capitò ai tempi del crisostomo, assimilare una logica mondana che assimila l’esercizio del governo della Chiesa a quello di altre forme di governo. La regalità di Cristo si esprime profondamente nella sua umiltà. Nell’uomo molte volte vi è la superbia, come è avvenuto per i nostri protogenitori, Adamo ed Eva, come è avvenuto, tante volte, nella storia della salvezza, come sarebbe potuto scegliereGesù.

Gesù, invece, ha scelto la via dell’umiltà, che non è la semplice via dell’umiliazione, ma è la via dell’umiltà congiunta con lo stiledi un amore più grande: la fedeltà al Padre nella comunione con lo Spirito, la fedeltà di Dio verso la creatura umana. La triste vicenda che ha segnato la nostra parrocchia, e quindi anche la nostra diocesi, è un segno – mi pare di interpretarla così – di una forma di orgoglio intellettuale. Malattia spirituale che san Clemente di Roma indica nella sua prima Lettera alla comunità di Corinto afflitta dalla sovversione generata al suo interno verso chi ne era stato costituito guida. L’orgoglio infatti può essere intellettuale, nella lettura degli avvenimenti ecclesiali come oggi spesso avviene in tanti testi che delegittimano papa Francesco,affermando che la Chiesa si trova nella condizione di sede impedita. Il Signore ci invita a vivere queste situazioni con uno sguardo che va oltre, oltre la vicenda della tentazione di cadere nella trappola diabolica dell’orgoglio inteso non come semplice sensazione psicologica ma come vera e propria trappola diabolica. Gesù indica che nella via dell’amore vi sarà la via della risurrezione. Questo è ciò che il Signore chiede anche alla Chiesa del nostro tempo. Molte volte nella Chiesa si creano divisioni, lacerazioni, dettate da questa logica dell’orgoglio, di un orgoglio che mette sé stessi al posto di Dio.

È lecito e consentito pensare, approfondire; anzi,è molto importante pensare. Esiste però un confine in tutte le cose. E Gesù ci ha indicato qual è il confine: procedere nella ricerca sospinti dal metodo dell’umiltà e dell’amore. Sant’Agostino, parlando del suo cammino di vita molto tormentato, dirà: “Ho superato, Signore mio Dio, le tempeste del mio cuore, della mia vita, lo scoglio della conversione, soltanto quando ho conosciuto l’amore umile del Cristo”. La contemplazione dell’amore umile di Cristo crocifisso ha portato Agostino ad una conversione piena e a una conversione totale.

 Chiediamo al Signore che anche la nostra Chiesa, ciascuno di noi, possa camminare su questa via in un tempo nel quale siamo chiamati a un rinnovato incontro con il Signore, a un rinnovato incontro per riscoprire la gioia del Vangelo e portare la gioia del Vangelo.

 In sintesi, ho desiderato incontrare la nostra cara comunità di san Sisto e san Donato questa sera, nella forma della presidenzadell’Eucaristia, con semplicità per confermarvi e confermarci nella fede. Mi affido alle vostre preghiere anche per chiedere al Signore il dono della sapienza in questo tempo di discernimento per la circoscrizione pastorale del centro storico cittadino con il quale a breve condivideremo la grazia della Visita pastorale.Come avete potuto vedere, è un tempo nel quale siamo chiamati a domandarci come rigenerare evangelicamente la vita parrocchiale in questo nostro centro storico della città di Sassari, che è sempre più un luogo di missione: persone provenienti da culture, etnie, fedi, esperienze molto diverse dalle nostre bussano alle nostre porte.

 Talvolta questo bussare può essere anche poco delicato, qualche volta è anche segnato da un po’ di irruenza, ma ci interpella sempre. Siamo chiamati a lasciarci interpellare da questa realtà storica alla luce della Parola di Dio per vedere in che modo proseguire il cammino che il Signore ha affidato alla sua Chiesa:annunciare a tutti che il Regno di Dio non è di questo mondo, non è questione di cibo o di bevanda… E se il Regno di Dio non è di questo mondo circoscritto solo ad alcuni, è un Regno universale perché non ha confini, non ha limiti, abbraccia tutta l’umanità».

Pin It on Pinterest