Il cuore di Mons. Carlo Tommaso Arnosio, Arcivescovo di Sassari dal 1822 al 1829, è stato ritrovato durante i lavori di ristrutturazione della Cappella del Seminario Arcivescovile.
Di seguito le parole del Rettore e dell'esperto.
La vicenda legata al ritrovamento, nella Cappella del Seminario, del cuore di mons. Carlo Tommaso Arnosio, che fu Arcivescovo di Sassari dal 1822 al 1829, ha suscitato molta attenzione e curiosità. Ma perché il cuore di mons. Arnosio si trovava proprio lì? La risposta al quesito si può ben comprendere ripercorrendone la sua biografia. Nativo di Carignano, aveva intrapreso la formazione al sacerdozio nel Seminario abbaziale di Giaveno, dove si distinse negli studi, conseguendo la Laurea all’età di diciannove anni. Durante gli anni di formazione iniziò ad appassionarsi alla filosofia, entrando in contatto con il barnabita e futuro cardinale Gerdil, a quel tempo docente a Torino. Il 10 giugno del 1897 ricevette l’ordinazione sacerdotale e fu destinato come professore di filosofia nel seminario di Giaveno; vinse anche il concorso come canonico della Abbazia di San Michele della Chiusa, alla cui giurisdizione il Seminario era legato. Dopo la soppressione dell’istituto disposta da Napoleone nel 1803, l’Arnosio si ritirò a vita privata nella sua Carignano, rendendosi disponibile per l’apostolato e la predicazione, fino al 1807, quando venne inviato come docente nel seminario metropolitano di Torino, che dopo sette anni veniva riaperto a seguito dell’occupazione francese-napoleonica. La sua esperienza di docente e formatore gli consentì di partecipare alla revisione dei regolamenti di quel seminario e alla direzione di molti spirituale di molti chierici.
L’elezione episcopale avvenne nel 1822, mentre era Vicario della Cattedrale torinese. Già nella sua prima lettera pastorale aveva salutato con particolare affetto i seminaristi, primo segno della grande attenzione che egli avrebbe avuto per essi nei sette anni del suo episcopato sassarese. Fu così che, appena giunto in diocesi, iniziò a pensare sia ad un ampliamento della struttura, affidandone la cura all’architetto Giuseppe Cominotti, sia alla all’elaborazione di un nuovo regolamento interno, rivolto ad innalzare la qualità della formazione, anche attraverso la scelta di superiori ben preparati, tra cui il rettore Mons. Emanuele Marongiu Nurra, futuro arcivescovo di Cagliari. Fu lui che, subito dopo la morte dell’Arcivescovo, chiese ed ottenne quella speciale ‘reliquia’. In uno scritto rinvenuto nell’archivio del seminario, egli ne svela il motivo: Noi […] fummo spettatori e testi oculari delle paterne sue cure, e delle amorevoli sue sollecitudini ed è perciò che memori sempre di sì grandi beneficenze, e volendo alle medesime corrispondere con qualche attestato della rispettosa gratitudine […] sollecitammo a Torino […] l’appassito suo cuore […] affinché si riconoscano pure in qualche modo avverati i detti di lui, che nell’atto di prendere congedo dal corpo intero degli Alunni disse sciolto in lacrime: “Figli, io vi lascio, ma il mio cuore rimane in mezzo a voi”.
E quella cassetta nel maggio del 1830 fu riposta nel pavimento della prima cappella, voluta dall’Arcivescovo, al pian terreno del seminario, come testimoniato dalla lapide posta in cornu evangelii, e ora conservata in sacrestia, che celebra il grande cuore dell’Arcivescovo, consumato dall’amore per il Seminario e le vocazioni.
don Diego Pinna
Uomo di grande levatura morale e animato da un particolare dinamismo, Mons. Armonio fu colui che promosse e realizzò l’ampliamento del Seminario arcivescovile nella direzione dell’attuale Corso Regina Margherita e, con il prolungamento della facciata, fin verso piazza Duomo. Unica soluzione possibile poiché, da una parte l’Episcopio e dall’altra l’oratorio di Santa Croce, ne bloccavano l’ampliamento. Fu questa la ragione che portò il religioso a sentenziare: “Adatterò a tal uopo il coro ed il presbiterio di Santa Croce, che sgombrato degli informi e inutili ornati anticamente fattivi, resterà un’assai bella ed ampia rotonda; l’orto si adatterà a cortile per sollazzarvi la comunità nelle ore di ricreazione. Dal corpo poi della chiesa io spero si potrà trarre profitto per accrescere il locale del seminario, e forse anche per stabilire un convitto di chierici, e così rinnovare tutti gli allievi del Santuario, sotto buona e santa disciplina”. Lo spazio riservato alla cappella, che nel corso degli anni è stata interessata da importanti interventi di trasformazione, è molto semplice. È composta da un'aula coperta da volta a sesto acuto e da un presbiterio su cui poggia la cupola illuminata da un lucernario posto nella sommità. Come precedentemente affermato, nei primi anni ottanta essa è stata interessata da un pesantissimo intervento di ristrutturazione, che ha inevitabilmente compromesso l'opera d’arte. Lo ha capito bene l'attuale direzione del Seminario, che ha voluto riportare la cappella all’antico splendore mediante un intervento di restauro avviato alla fine dello scorso mese di maggio col benestare della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Sassari e Nuoro. Dai primi saggi effettuati dall’impresa F.lli Desogus di Cagliari, è emerso che sia le pareti del presbiterio sia quelle dell’aula sono totalmente affrescate. Dall’esecuzione di un’attenta stratigrafia, è emersa la presenza di due cicli di pitture: la prima ascrivibile agli inizi dell’ottocento; la seconda, più recente, di cui rimane documentazione fotografica, risalirebbe al 1910. Discorso a parte merita il recupero dei quattro Evangelisti, in fase di restauro, proprio perché attacchi biologici e ulteriori ridipinture ne hanno in parte compromesso l’aspetto estetico. Già dalle prime fasi di pulitura, emerge la particolare bellezza dei soggetti, con un modellato anatomico che lascia intendere che l’autore, dalla mano esperta, non sia lo stesso che ha realizzato le pitture parietali. Non è da escludere che sia stato lo stesso fra Antonio Cano a realizzarli. Le operazioni di smontaggio del presbiterio, effettuate con una demolizione controllata, hanno permesso il rinvenimento dei paliotti degli altarini laterali ottocenteschi e di alcune parti dell’altare di fra' Cano. I documenti risalenti al 1833 riportano la descrizione dell’altare e dei marmi che lo componevano. Integri sono giunti a noi la predella, gli scalini, parte dello zoccolo, la prima grada e il tabernacolo.Durante le operazioni di smontaggio del pavimento del presbiterio, si è potuto constatare che la volta è stata riempita con terra di riporto.Terra dalla quale il 23 maggio 2016, alle ore 15:00, è stato rinvenuto ancora integro il cuore di Monsignor Carlo Tommaso Arnosio. Rinvenimento che pone fine a cinquant’anni di incertezza sulla presenza o meno dell'organo di cui tutti parlavano ma nessuno sapeva il luogo dove realmente fosse custodito. Il restauro della cappella intanto prosegue.
Arch. Monica Ortu
Don Diego Pinna