Venerdì 4 aprile si è svolta a Sassari la tradizionale Via Crucis cittadina, che quest’anno ha assunto un significato particolare in quanto inserita nel contesto della Visita pastorale dell’arcivescovo Gian Franco. Il corteo si è snodato tra le vie dei quartieri delle tre parrocchie coinvolte: Sant’Orsola, Santa Maria Bambina e Nostra Signora del Latte Dolce.
Nel suo intervento, l’Arcivescovo ha detto:
«Questa sera l’itinerario della Via Crucis cittadina si inserisce nel contesto della Visita pastorale interparrocchiale. Le chiese parrocchiali di Sant’Orsola, Santa Maria Bambina e Nostra Signora del Latte Dolce sono insieme sollecitate dall’itinerario di Gesù, con il vivo desiderio di voler essere sue discepole. La Via Crucis, infatti, ci invita e ci insegna a essere discepoli di Gesù, e dunque discepoli di speranza, come ci suggerisce Papa Francesco: discepoli missionari di speranza. Gesù, il Risorto, è la nostra speranza. Seguendo Lui, possiamo riconoscere una speranza viva, non solo un sentimento generico o un semplice ottimismo – che pure sono qualità umane preziose – ma la sorgente stessa della speranza: la vita nuova nel Cristo risorto.

Il discepolato ci aiuta a scoprire il grande dono che Gesù ci fa con la sua vita: una vita segnata dalla speranza. Viviamo oggi in una società che ci rende frastornati, sottoposti a continue sollecitazioni, e per questo fatichiamo a camminare nello stile del discepolo, lo stile di chi si affida, di chi si mette alla scuola di Gesù. Il nostro tempo non presenta difficoltà che le generazioni passate non abbiano già incontrato, ma forse oggi sperimentiamo in modo particolare una forma di fatica: l’incapacità di orientare con fermezza la nostra vita verso una meta, a causa dell’eccesso di stimoli e distrazioni.
In questo Anno Santo della Speranza, vogliamo chiedere al Signore che risvegli in noi la forza e la capacità di orientare la nostra vita nell’orizzonte di Cristo, sulla sua via. Gli chiediamo di non lasciarci distrarre da pensieri, riflessioni, richiami che ci allontanerebbero dall’albero della croce, come sirene che seducono ma non parlano con la voce dello Spirito. Vogliamo chiedere al Signore che ci renda capaci di aprire le orecchie del cuore e della vita al richiamo melodioso dello Spirito Santo.

I Padri della Chiesa, ripensando l’antico mito di Ulisse legato all’albero della nave per non essere portato fuori rotta dal canto delle sirene, videro in quell’immagine una prefigurazione, un prototipo, un modello dell’esperienza di Gesù. Anche Gesù, lungo il suo cammino, ha udito molte “sirene” che avrebbero potuto dirgli: “Lascia stare. Noi ti daremo gloria, ti daremo onori, sarai un re vittorioso”. E invece Gesù ha scelto un’altra via: ha ascoltato la voce dello Spirito del Padre, che lo invitava a donare sé stesso per amore.

Alla via del ripiegamento su progetti egoistici, Gesù ha contrapposto la via dell’apertura al progetto d’amore. Questo amore si è manifestato nelle parole rivolte, sul Calvario, a colui che gli disse: “Gesù, ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno!”. Ed Egli rispose: “Oggi stesso sarai con me in paradiso!”(Lc 23, 42-43).
Gesù non ha rinunciato alla via larga dell’amore, un amore che desidera introdurci tutti nella sua comunione. Questo è il grande mistero dell’amore di Dio, ed è questa la grande speranza: perché tutti siamo peccatori, tutti siamo fragili, tutti siamo, a volte, discepoli distratti. Ma c’è quella voce di Gesù che ci dice “oggi”. Un oggi che vale per ogni tempo.

Non è un oggi cronologico, non è un dato di calendario, ma è l’oggi di Dio, che dura dall’eternità e per l’eternità. Ecco la speranza: siamo introdotti in questo giorno beato, in questo giorno d’amore. E perciò, come ci ricorda l’apostolo Paolo e Papa Francesco nella bolla: Spes non confundit. Riprendendo il testo dell’apostolo, ci dice che la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori.
A volte, tutti possiamo essere tentati dalla delusione. Alcune sono delusioni che nascono nella nostra mente: fantasie, reazioni istintive, illusioni. Altre, invece, sono delusioni reali: dolori, malattie, eventi imprevisti, sofferenze. Le delusioni di un papà, di una mamma, di un figlio, di chi fatica ogni giorno e non riesce a dare un volto di speranza alla propria vita. Ma il Signore ci ricorda che Cristo non ci lascia nella delusione: ci conduce nell’ampio spazio della speranza. Ci sottrae alla tentazione, inflitta dal demonio nel cuore dell’uomo, che vuole farci credere che persino Dio possa deluderci. Gesù ha affrontato queste sofferenze. Dio non delude, Dio accompagna, Dio accende una luce grande. La speranza nasce dall’amore del Signore risorto. Si fonda sull’amore che scaturisce dal cuore di Gesù trafitto sulla croce. E non esiste un momento nel quale possiamo dire di non essere partecipi di questo amore.

L’apostolo Paolo ci ricorda che siamo stati riconciliati con Dio quando eravamo ancora peccatori, quando eravamo separati da Lui, quando non eravamo nella sua amicizia. A volte possiamo sentirci lontani da Dio: può essere un’idea, può sembrare una realtà, ma resta comunque un nostro pensiero. Dio, invece, ci ha condotti nel grande spazio della sua amicizia.
Ed è da questa amicizia che vogliamo ripartire, chiedendo anche di essere introdotti in un altro spazio: quello della capacità di generare amicizia tra noi, speranza tra noi, nel cammino di sequela della croce. Vogliamo che questo desiderio si rafforzi in noi: il desiderio vivo di intraprendere con slancio il cammino della speranza, di lasciarci condurre nell’ampio spazio dell’amore di Dio, e di fissare lungo il nostro pellegrinaggio un cartello, un segnale di orientamento con le parole che l’apostolo Paolo ci consegna: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” (Rm 8,35).
Questa sera abbiamo sostato davanti alle immagini della Via Crucis. Ora, tornando a casa, chiediamo allo Spirito Santo che ci aiuti a iscrivere, lungo la strada della nostra vita, quel cartello di orientamento: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”».