Nel pomeriggio di venerdì 21 marzo, nella chiesa di Gesù Buon Pastore, nel contesto della Visita pastorale interparrocchiale, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica in memoria delle vittime delle guerre in Ucraina e in Terra Santa.
Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo:
«Nel cammino della Visita pastorale. interparrocchiale, questa sera ci ritroviamo insieme alle parrocchie del Buon Pastore, del Sacro Cuore e del Cuore Immacolato di Maria per celebrare l’Eucaristia. Accogliendo l’invito del Santo Padre a una preghiera unanime e corale per il dono di una pace giusta e duratura, in modo particolare per l’Ucraina e la Terra Santa, desideriamo invocare dal Signore il dono della pace universale.
La liturgia del tempo quaresimale ci fa ripercorrere ogni giorno la storia della salvezza, quel legame d’amore tra Dio e il suo popolo che ci conduce verso la Celebrazioni Pasquale, rendendoci consapevoli dell’immenso dono che il Signore ha fatto all’umanità: l’amore irradiato attraverso il Figlio suo, l’Unigenito, l’Amato.
Tuttavia, anche in questa storia d’amore, il mistero della salvezza si confronta con il mistero del male, con l’iniquità, che spesso si manifesta come violenza, come omicidio. Gesù stesso, morendo in croce, assume su di sé questo grande mistero d’iniquità, trasformando il patibolo – simbolo della cattiveria umana – in un talamo d’amore, in un luogo nuziale, in uno spazio di incontro e riconciliazione. La storia della salvezza è attraversata da questa tensione tra amore e violenza, e ci rivela quanto il cuore umano possa essere tentato dalla sopraffazione.
La Prima Lettura, tratta dal libro della Genesi, narra la vicenda di Giuseppe, amato dal padre in modo particolare perché nato in età avanzata. Questo amore genera l’invidia e l’odio dei fratelli, che non riescono a comunicare con Giuseppe in modo amichevole.L’autore sacro ci dice che tra loro non vi era dialogo, ma ostilità. La gelosia li porta a pensare all’omicidio del fratello.
Non serve analizzare tutto il brano: basta fermarsi su questo punto fondamentale per cogliere quanto il cuore umano, nelle relazioni interpersonali, possa essere spinto fino al desiderio di eliminare l’altro.
Il Signore ci insegna, fin dalle prime pagine della Scrittura – come nella vicenda di Caino e Abele – che la violenza nasce da una percezione distorta del primato dell’altro. Quando non si accetta l’unicità e il valore dell’altro, nasce la contrapposizione.
Anche nella vita quotidiana possiamo sperimentare situazioni simili: relazioni tese, incapacità di dialogo, chiusure reciproche. Ma il Signore ci chiede di non rimanere intrappolati in queste dinamiche, di vigilare sulle tentazioni del cuore. È nel cuore, infatti, che maturano i sentimenti verso il prossimo, e le parole ne sono il frutto.
Questa sera la Parola ci invita a riflettere su quali sentimenti coltiviamo verso i fratelli. A livello universale, vediamo come l’umanità non riesca più a comunicare con sincerità e amicizia. Eppure, abbiamo bisogno di una pace che sia insieme giusta e duratura. Papa Francesco ci chiede di apprendere l’arte del dialogo, quell’“artigianato della pace” che va coltivato con pazienza.
Oggi preghiamo per il mondo intero, ma anche per le nostre parrocchie e per la nostra diocesi. Siamo spesso tentati dal desiderio di prevalere sull’altro, di affermarci con durezza, dimenticando che la verità non è mai un colpo inferto, ma si esprime nell’amore. La conversione pastorale, che il Papa ci chiede, nasce da una conversione personale: siamo chiamati a diventare comunità fraterne al servizio del Vangelo. Se la nostra vocazione comune è annunciare Cristo, quale utilità possono avere le contrapposizioni?
Giuseppe fu venduto dai fratelli, nonostante Giuda li avesse messi in guardia: “Che guadagno c’è nell’uccidere nostro fratello e nel coprire il suo sangue?” (Gen 37,26). Così decisero di venderlo agli Ismaeliti, e fu condotto in Egitto. Era un fratello “scomodo”, che non si riusciva a sopportare.
Nel Vangelo troviamo una parabola: un uomo pianta una vigna e, al tempo del raccolto, manda i suoi servi dai contadini. Ma questi li maltrattano e li uccidono. Infine, manda il proprio figlio, pensando: “Avranno rispetto per mio figlio” (Mt 21,37). Ma i vignaioli, riconoscendolo come erede, decidono di eliminarlo per prenderne l’eredità. È l’avidità che corrompe le relazioni. Non si tratta di possedere per necessità, ma di un possesso bramoso, che divide e contrappone.
In questa parabola, la tradizione della Chiesa ha visto riflessa la vicenda di Gesù, il Figlio mandato dal Padre, rigettato e messo a morte. Egli stesso spiega che la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo: “Questo è stato fatto dal Signore ed è una meraviglia ai nostri occhi” (Mt 21,42).
Gesù ci invita a convertirci da una logica di prevaricazione. Quando essa si insinua nelle famiglie, nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nella Chiesa, genera malvagità. Non sempre la società fatica a crescere per mancanza di mezzi: spesso è l’incapacità di riconoscere il bene che l’altro può compiere, percepito come una minaccia al proprio, a bloccare il cammino. La logica dell’avidità e della contrapposizione genera insicurezza sociale. E a livello mondiale, quanta follia, distruzione e morte produce la guerra!
Il Papa, nella Fratelli Tutti, ci ricorda che il modo più efficace per dominare senza limiti è seminare sfiducia e disperazione. Seminare mancanza di speranza è una forma di malvagità verso gli altri. Anche nella parabola evangelica e nella vicenda di Giuseppe vediamo fratelli che non si parlano amichevolmente, vignaioli accecati dalla brama. Il Papa denuncia la logica dell’esasperazione, dell’esacerbazione, della polarizzazione: meccanismi che attraversano le famiglie, la Chiesa, la società, la politica, fino ai vertici internazionali. E aggiunge che spesso si nega agli altri il diritto di esistere e di pensare, ricorrendo a strategie come l’insinuare sospetti, l’accerchiare, il ridicolizzare. Tutto questo entra nella logica del commercio, del marketing.
In questa Eucaristia, in cui preghiamo all’unisono per una pace giusta e duratura, desideriamo anche far crescere, nel nostro cammino pastorale, esperienze che ci aiutino a prenderci cura del mondo che ci circonda. Il Papa, sempre nella Fratelli Tutti, ci esorta a costituirci in un “noi” che abita la casa comune. Ma quanto è difficile, persino nella Chiesa, costruire questo “noi”! Spesso ci rifugiamo nel “mio”: la mia parrocchia, il mio gruppo, il mio movimento. Eppure, questa sera viviamo una bella esperienza di coro interparrocchiale: non solo fare coro, ma essere coro, armonizzare le differenze.
Spesso, invece, si impiega tanto tempo per creare divisioni, piccole isole di disarmonia, mentre ci viene chiesto di generare comunione. È una questione di sguardo, di mentalità. Il pensiero negativo produce scarti, dice il Papa.
Il Signore ci conceda, nel cammino verso la Pasqua, di rieducarci allo spirito del dialogo autentico e amichevole, lasciandoci interpellare dalla Parola che salva».