Celebrazione Eucaristica nella Basilica di San Giovanni in Laterano

18 Marzo 2025 | News, primo piano, vescovo

Lunedì 17 marzo, l’arcivescovo Gian Franco, nel primo giorno del pellegrinaggio della Diocesi turritana a Roma in occasione dell’Anno Santo 2025, ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo:

«In questa Chiesa, vogliamo pregare per il Vescovo di Roma, il Santo Padre Francesco, in questo momento particolare della sua vita, confermando la nostra adesione alla missione che Cristo ha affidato a Pietro e ai suoi successori.

Il nostro pellegrinaggio è segnato dal desiderio di compiere un passaggio, un movimento: è proprio il desiderio di questo movimento che ci ha messi in cammino, il movimento di andare incontro a Cristo, il quale viene incontro a noi. Noi andiamo incontro a Cristo perché Lui viene incontro a noi. Il dono dell’Anno Santo suscita e apre questa fiducia e questa speranza. Sempre il Signore viene incontro a noi.

Nella bolla d’indizione dell’Anno Santo, il Papa ci ricorda che la Chiesa ha la missione di annunciare sempre, ovunque e a tutti, Cristo nostra speranza. Per questo siamo venuti qui: per riaccendere nella nostra vita la lampada della speranza, ma anche per portarla con noi e consegnarla a coloro che incontriamo nel nostro cammino. Sempre, ovunque e a tutti.

Il Signore viene incontro a noi con la speranza segnata dalla misericordia. Egli è il banditore, il messaggero della misericordia del Padre e ne è divenuto il segno tangibile: una misericordia che porta vita e luce.

La raffigurazione che sovrasta il catino dell’abside di questa basilica rappresenta proprio il mistero dell’amore della Croce, del Cristo crocifisso che ha effuso sull’umanità una nuova vita: un albero dal quale è scaturita la vita, simboleggiata attraverso i segni della luce, delle gemme preziose e della fecondità che attorno matura. L’amore di Dio, infatti, fa germogliare la vita.

Attraversando la Porta Santa, ciascuno di noi è chiamato a credere fermamente che, anche quando nella propria vita vi fossero segni di morte importanti, forse ritenuti non perdonabili, il Signore dice che non esistono segni di morte, peccati, che non possano essere perdonati. La vita del credente, di chi si accosta a Lui, è destinata a divenire luminosa e rigogliosa, una vita verdeggiante.

Il vero passaggio che vogliamo compiere è proprio quello dall’essere infruttuosi all’essere fruttuosi, dall’essere rami secchi all’essere rami rigogliosi, segno di vita, segno di una presenza feconda. Nutrendoci di Cristo, in comunione con Lui, le nostre vite sono ricolme di Dio, ricolme di luce, e questa luce illumina coloro che incontriamo. Generiamo così una forma di missione che il Papa chiama “missione per contagio”: quel modo di esserci, di stare, di essere presenti, che porta luce e vita.

Vogliamo vivere questo pellegrinaggio pensando al pellegrinaggio successivo, a un ingresso sempre più fecondo nella vita della Chiesa e della società. Talvolta, ci ricorda il Papa, nel cuore di ogni persona vi è un desiderio di bene, un’attesa di speranza che può essere offuscata dall’incertezza su ciò che il domani porterà.

Nelle stagioni della vita tutti possiamo attraversare momenti di incertezza. In modo speciale, vogliamo pensare a quanti, nei nostri ambienti, nei nostri territori e nella nostra Chiesa locale, guardano al futuro senza sapere cosa esso potrà riservare. Nelle varie povertà, nelle diverse forme di indigenza e precarietà, l’incertezza talvolta accompagna il cuore dell’uomo. Non a caso, nella nostra Diocesi, come segno giubilare, abbiamo scelto di esprimere il vivo desiderio di un’attenzione particolare verso le nuove generazioni e verso l’altro, sintetizzandolo con le parole di Sant’Agostino: “Voglio che tu sia”. Come il Signore, mentre attraversiamo la Porta Santa, dice a ciascuno di noi: “Voglio che tu sia”. Questo infonde in ciascuno di noi gioia, fiducia e uno sguardo al futuro pieno di bontà e misericordia.

Siamo chiamati a essere generatori e rigeneratori di questa fiducia. La speranza, ci ricorda sempre il Papa nella bolla d’indizione dell’Anno Santo, nasce dall’amore e si fonda sull’amore che scaturisce dal cuore di Gesù trafitto sulla croce. La speranza nasce dall’amore.

Anche noi, qui, sperimentiamo l’amore e la misericordia del perdono. Ma sperimentiamo anche l’invito a essere coinvolti in una missione di misericordia. L’annuncio del Vangelo è una missione di misericordia, affidata a una Chiesa che si lascia rinnovare e purificare dalla misericordia di Dio.

Celebrando questa Eucaristia, vogliamo chiedere che il Signoreirradi nelle nostre vite, nelle nostre Chiese e nei nostri cammini quella luce e quell’acqua che rigenerano il nuovo Eden, il nuovo Paradiso. Siamo chiamati a trasformare la casa comune in cui viviamo in un Eden, in un luogo di vita e non di morte.

Vogliamo pregare soprattutto per quanti sono segnati dal male della guerra, dalla discordia, dalle lacerazioni e da ogni forma di male e di disumanità, affinché possano scorgere, anche attraverso la nostra cooperazione e la nostra partecipazione, la luce della speranza.

Papa Francesco ci ricorda che l’annuncio del Vangelo non può conoscere barriere né confini. Qui, a Roma, lo sperimentiamo: siamo venuti pellegrini per esprimere anche la cattolicità del nostro essere Chiesa e del nostro essere cristiani, attenti e aperti verso tutti».

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