Domenica 6 ottobre l’arcivescovo Gian Franco ha aperto la Visita pastorale nelle comunità di Cheremule, Torralba e Thiesi.
L’Arcivescovo è stato accolto a Cheremule, in piazza Insorti Magiari, dai sacerdoti delle tre comunità parrocchiali, dai sindaci di Cheremule e Torralba, dal vicesindaco di Thiesi, dalle autorità militari del territorio, dalle confraternite, dai gruppi parrocchiali e dai comitati. Dopo il saluto di benvenuto, l’Arcivescovo è stato accompagnato in corteo alla chiesa di San Gabriele Arcangelo dove si è svolta la Celebrazione eucaristica interparrochiale, animata dal coro parrocchiale di Thiesi e dal coro “Boghes de Cheremule”.
Di seguito riportiamo l’omelia pronunciata dall’arcivescovo Gian Franco.
«All’inizio di questo cammino desidero ringraziare personalmente anzitutto i presbiteri che guidano le comunità di Cheremule, Torralba e Thiesi. Saluto don Salvatore Delogu, che con pazienzae con spirito di sacrificio, ha guidato la comunità nonostante la fiacchezza della salute e ora conclude il suo mandato di parroco per proseguire il servizio pastorale di sacerdote secondo le forze. Saluto don Luigi Casula, parroco di Thiesi, insieme al suo collaboratore parrocchiale don Piero Paulesu, e il parroco di Torralba, don Paolo Mulas. Sono presenti ad accompagnare il vescovo nella Visita, il Vicario per l’educazione e la formazione permanente del clero monsignor Salvatore Fois e don Giovanni Tanca, giovane presbitero. Saluto le distinte autorità civili, i Signori Sindaci di Cheremule e Torralba e il vicesindaco di Thiesi. Saluto le confraternite, nelle loro espressioni maschili e femminili, le autorità militari, tutto il popolo santo di Dio che, come vediamo dall’inizio della celebrazione, si esprime nei suoi carismi di cantorie lettori. A tutti un saluto affettuoso, in modo speciale a quanti sono rimasti a casa a motivo anche della salute, dell’anzianità e altre forme di tribolazione. Desidero in modo particolare ricordare quanti in questo periodo, in questo territorio, hanno vissuto un’esperienza di lutto profondamente lacerante e dolorosa, a Thiesi in particolare.
La Parola di Dio che ci dice che cos’è la Visita pastorale. Significa compiere quel cammino che Gesù stesso ha compiuto, come l’evangelista Marco lo annuncia. E il Vangelo che oggi noi abbiamo ascoltato dice che Gesù è venuto per rendere presente il Regno di Dio, per attivare la dinamica del Regno di Dio. E il Regno di Dio non è una questione di cibo, di bevanda, come ci ricorda l’Apostolo, non è una questione di territorio, potremmo dire. Il Regno di Dio è Gesù, il Verbo di Dio fatto carne. È Gesù veramente il Regno di Dio, cioè in lui è la vita del mondo. Egli, infatti, è Verbo di Dio fatto carne e ha assunto tutta la nostra umanità. Quindi il Regno di Dio non è qualcosa di Dio, nel senso che appartiene a Dio, ma è una realtà che unisce la realtà divina alla realtà umana. Per il Regno di Dio Gesù non dice che occorre costruire il Regno di Dio, dice che occorre accogliere il Regno di Dio. Il Regno di Dio è una persona, è un insieme di persone. Possiamo dire allora che il Regno di Dio è Gesù in mezzo a noi. Il seme del Regno di Dio è la Parola di Dio seminata nella vita di chi ha accolto il Vangelo di Cristo. Ma non solo: l’opera di Dio, l’azione dello Spirito, va anche al di là di chi ha aderito alla fede cristiana, è una realtà molto ampia. Quindi il Regno di Dio non è una questione di costruzione, è una questione anzitutto di accoglienza. Questo è il primo senso della Visita pastorale, il primo compito del Vescovo: annunciare la Parola di Dio. E insieme con il Vescovo i suoi più stretti collaboratori: i presbiteri e i diaconi. Domani pomeriggio, tra l’altro, ricordo, avremo la gioia di ordinare nel Monastero di Sorres il giovane monaco dom Mattia Dang Han Tran.
Il Regno di Dio è porre Cristo al centro della nostra vita. Questo è il Regno di Dio. La Visita pastorale ha questo primo obiettivo:annunciare il Vangelo. Il Vangelo è Gesù, la Buona novella, il Vangelo vivente. Gesù paragona il Regno di Dio a dei bambini, a dei bambini che desidera incontrare, che desidera che si accostino a lui. Il Vangelo della liturgia di oggi ci dice che c’era stata una grande discussione su cavilli legislativi circa il matrimonio e i farisei non riuscirono ad entrare nell’insegnamento di Gesù. Lo stesso accadde ai discepoli, che, quando ritornarono a casa con lui – dice l’evangelista – avevano lo stesso problema: non riuscivano ad entrare nella logica di Gesù, perché Gesù desiderava insegnare che la legge del Regno di Dio è la legge dell’amore, non è la legge dei cavilli.
A volte non c’è nulla di più ipocrita del massimo di razionalizzazione legislativa. Gesù vuole insegnare proprio questo, riportare all’essenzialità la relazione con lui. Egli dice: “Lasciate che questi bambini vengano a me, non glielo impedite”(Mc 2,14).
I bambini sono l’emblema del vero discepolato. Questo è l’altro aspetto che desidero sottolineare. In questi anni, guidati da Papa Francesco, parliamo del divenire una Chiesa di discepoli missionari. Discepoli, non discepoli e missionari, ma dice il Papa: discepoli missionari, cioè il discepolo è anche missionario e il missionario è anche discepolo. La fatica dei discepoli di allora èevidente, avevano difficoltà. Stavano in casa con Gesù, ma facevano fatica a mettersi in ascolto del suo cuore, perché la legge che Gesù è venuto a portare è la legge dell’amore, della misericordia, del perdono, è il volto misericordioso di Dio. Questo credo sia importante riscoprirlo nelle nostre Chiese-Case, altro tema che stiamo trattando in diocesi.
Vogliamo riscoprire che cos’è la parrocchia. La parrocchia certamente è un luogo di organizzazione di tante cose ma anzitutto è un luogo di ascolto. Che cos’è la diocesi? La Diocesi è la Chiesa particolare nella quale è inglobata la parrocchia, è il luogo di ascolto della Parola di Dio. Allora, se noi al centro mettiamo Gesù, anche in questo cammino di rinnovamento pastorale, il centro non sarà la mia parrocchia o la mia diocesi, il mio spazio pastorale o l’altro spazio pastorale, sarà Gesù. E chi desidera incontrare Gesù? Le persone, noi. Questo significa entrare nella logica del Regno di Dio. È bello che la parrocchia nel territorio sia il luogo concreto, lo spazio reale dove, come Chiesa-Casa, nelle fatiche e nelle gioie, ci si mette davanti a Gesù per ascoltare la sua Parola. Questo è il vero senso della Visita pastorale. E questo è il messaggio di speranza che desidero lasciare. Chi cambia i nostri percorsi, chi dà una svolta alle nostre vite? Gesù. Il rinnovamento pastorale, la conversione pastorale della Chiesa nasce da un rinnovato incontro con il Signore Risorto.
Don Delogu prima ha sottolineato che il Vescovo deve rispondere a tante incombenze. I sacerdoti sono sempre di meno, sempre più anziani e anche ammalati talvolta. E così, con il cambiamento anche di dinamiche sociali, la parrocchia di cinquanta, anche di trenta anni fa, non corrisponde più alle domande di oggi. Anche un parroco ha necessità di rispondere a tante domande, a tante situazioni, ma da dove partire? Ecco, il punto è da dove partire? Dal Signore. La parrocchia e la diocesi esistono perché hanno una sola logica: essere il Regno di Dio, il segno del Regno di Dio, per attivare le dinamiche del Regno di Dio. E allora ecco che noi dobbiamo ascoltare ciò che Gesù oggi e sempre ci dice chiaramente: “Lasciate che vengano a me”.
Quali erano gli impedimenti che non aiutavano i discepoli e ifarisei ad accostarsi a Gesù? Le tradizioni, la logica del “si è sempre fatto così”. Non dobbiamo mai scordarci che la via è Gesù. Questa è la conversione pastorale: capire ciò che è essenziale e ciò che non è essenziale, ciò che è primario da ciò che è secondario, distinguere ciò che sono tralci che portano frutto da tralci secchi da potare.
Il Papa parla di cristiani “da poltrona”. Si siedono, stanno in poltrona, guardano la Messa in poltrona – eccezione fatta, evidentemente, per chi sta male – apprezzano o criticano dalla poltrona ciò che si fa, però se ne stanno in poltrona. Sembra che guardino uno scenario di vita che sta davanti a loro, al quale non devono partecipare, perché sono altri che devono partecipare. Questo non è il Regno di Dio! Gesù ci dice che la dinamica del Regno di Dio è sponsale, cioè è fondata sull’amore, sulla relazionalità. Non a caso la Chiesa si chiama Sposa. Papa Francesco questo l’ha sottolineato questi giorni, come avrete sentito in tanti suoi messaggi, in tanti suoi discorsi.
“Lasciate che questi bambini vengano a me, non glielo impedite” (Mc 2,14). Perché vogliamo impedire l’incontro con il Signore e conservare invece ciò che lo impedisce? E non mi riferisco alla pietà popolare, che è un valore grande, prezioso dei nostri paesi;non mi riferisco ai vari cori che anche oggi abbiamo avuto la possibilità di apprezzare. Questa è una sinodalità dal basso. Talvolta sembra che quando ci si sposta da una parrocchia all’altra si vada da una metropoli ad un’altra. Riscopriamo invece la bellezza del condividere. Se io partecipo alla Messa a Cheremule, non è una Messa diversa da quella di Thiesi, o da quella di Torralba. Quello che noi oggi stiamo vivendo è sinodalità. Sono piccoli esercizi, piccoli passi, ma tanto importanti. Ecco, allora, io in questa via vi incoraggio. È il senso della Visita pastorale incoraggiare, sostenere, promuovere e se c’è qualcosa da correggere anche correggerlo. Il vero intento è rimetterci in ascolto del Signore, riscoprire la gioia del Vangelo e la gioia di evangelizzare.
E poi vi è un altro aspetto: l’annuncio che la Chiesa deve dare. Il bambino di cosa ha bisogno? Di sentirsi accudito, ascoltato, amato. Gesù usa questa immagine: “Lasciateli venire a me, perché volete impedire che io trasmetta loro il mio amore?” La Chiesa è segno e strumento della misericordia di Dio, dell’amore di Dio per ciascuno di noi. Questo è il luogo concreto nel quale è possibile vivere il rinnovamento.
La Visita pastorale non risolve tutto perché, voi lo sapete, le cose hanno bisogno di fare un cammino. Il Papa ci dà un metodo e su questo metodo ci siamo incamminati anche noi come Chiesa turritana: attivare processi, cioè dei percorsi, degli itinerari e non avere l’ansia di ritenerli conclusi. Noi veniamo da una struttura pastorale in generale dove c’era un meccanismo che corrispondeva in modo perfetto. Ma, come ha rilevato a livello sociale il signor sindaco – e voi amministratori lo sapete bene così come i parroci e tutti voi fedeli – le nostre comunità, anche le più piccole, hanno assunto ritmi sociali molto diversi. Non sono più quelli di un fenomeno che si chiama la localizzazione, il cosmopolitismo locale: quel globale è diventato locale. Ciò che si vive nelle grandissime città, nelle metropoli, lo si vive anche in una piccola borgata in modo un po’ più ridotto e limitato. Ma quella dinamica raggiunge anche la piccola borgata. Allora dobbiamo chiederci come essere oggi una Chiesa-Casa dove da discepoli missionari,con l’atteggiamento del bambino, ci mettiamo in ascolto di Gesù. Questo è il messaggio che desidero lasciare. Voglio farlo con tanta gioia, sentendoci membri di un’unica famiglia. La diocesi non è il tiranno che sta sopra e la parrocchia non sta sotto, come in un sistema feudale. Queste dinamiche ormai sono da archiviare completamente. La diocesi è la Chiesa particolare dentro la quale vi è un’unica casa con tante stanze. Ecco, questa è l’immagine: una casa con stanze che devono essere comunicanti. Questo non toglie nulla al ministero del Presbitero, non toglie nulla alla sua autorità. Il Signore desidera che tutti riscopriamo il nostro essere discepoli missionari.
Con grande gioia vogliamo guardare a questa giornata di autunno non perché segna un tramonto ma perché si pongono dei semi: questo è un tempo di semina. Mi piace sottolineare questo perché talvolta si potrà sentire il rigore dell’inverno, ma poi arriverà la primavera. Arriverà il tempo dei frutti che maturano con il sole dell’estate, tempo che è nelle mani di Dio, perché il Regno di Dio è nelle sue mani».
Dopo la Celebrazione eucaristica, il salone parrocchiale ha ospitato un momento di convivialità.