La sera di giovedì 3 ottobre, nella Cattedrale di San Nicola, a Sassari, si è celebrata solennemente la Commemorazione delTransito di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia. Alla veglia di preghiera, presieduta dall’arcivescovo Gian Franco, insieme a numerosi fedeli e alle autorità civili e militari, ha partecipato la famiglia francescana presente in diocesi.
Nell’omelia l’Arcivescovo ha detto:
«Questa sera siamo riuniti per celebrare la memoria del Beato Transito del serafico padre Francesco d’Assisi, patrono d’Italia.
Saluto con fraterno affetto la grande famiglia francescana, qui rappresentata e presente nella nostra Chiesa particolare: i frati minori, i frati minori conventuali, gli osservanti, le clarisse e il terzo ordine francescano secolare. Con gratitudine ringraziamo il Signore perché il carisma di San Francesco continua ad animare la vita di questa Chiesa.
Saluto le distinte autorità civili, accademiche e militari, in special modo il signor sindaco di Sassari, professor Mascia, che per la prima volta come sindaco della città quest’anno accende la lampada votiva. Questa è un’occasione speciale per formulare gli auguri di un buon mandato sotto la protezione di San Francesco.
Saluto il Comandante Provinciale dei Carabinieri, il Comandante Provinciale della Guardia di Finanza, il Comandante Provinciale dei Vigili del Fuoco, il rappresentante del Comandante della Marina Militare, i rappresentanti della Polizia Municipale e tutti voi carissimi fratelli e sorelle.
A questo saluto giunge a noi, da una terra martoriata dal dolore della guerra, il saluto del Generale Stefano Messina, il quale si unisce a questo appuntamento di preghiera per la celebrazione del Transito di San Francesco, garantendo la sua vicinanza alla comunità di Sassari e a tutti i fedeli, invitandomi ad estendere il saluto e il ringraziamento alle autorità presenti per considerarlo sempre vicino alla comunità sassarese.
Celebriamo questa liturgia in un momento nel quale tutti invochiamo il dono della pace. San Francesco, come abbiamo potuto ascoltare nella narrazione del transito, muore benedicendo.Questo è un aspetto che colpisce: vive la sua malattia benedicendo, fa il contrario di chi maledice. Egli, dal suo cuore, dalla sua mente, ha parole di bene per tutti: per la città, per chi soffre, per i suoi frati, per l’umanità. Chiediamo al Signore di infondere in noi questo spirito.
Lo spirito francescano ha ispirato le arti, la cultura, le lettere, la poesia, le opere di assistenza e di carità. Ha ispirato vie di bellezza e di bene. In questo momento della storia, segnato da profondi cambiamenti, vogliamo chiedere a San Francesco che susciti ancora numerosi animi, cuori e intelligenze desiderose di generare vie di benedizione, vie di pace.
Quest’anno celebriamo l’ottocentesimo anniversario del Dono delle Stimmate. Francesco, nel rudere di San Damiano, sente la voce del Crocifisso: inizia un cammino pieno di domande, di inquietudini, di incontri. Due anni prima di morire sosta nel Monte della Verna, dove sperimenta una speciale unione mistica con il Cristo crocifisso. Gesù, al vertice del dolore, lo porta al culmine dell’amore. Francesco, povero e umile, riceve i segni della vera gloria, i segni del Cristo crocifisso, i segni di colui che per amore ha offerto la propria vita. Francesco non riceve dei segni magici o votati a suscitare ispirazioni magiche: nella sua carne riceve l’impronta del Cristo crocifisso.
La vita di San Francesco, spesa per amore, in unione perfetta alla volontà di Dio, nel nostro tempo è un modello di relazione, di relazioni rinnovate. Egli, che aveva cercato la gloria mondana, èentrato nella percezione e nella condizione di colui che gusta la vera gloria, senza applausi, senza riconoscimenti. È la gloria dell’amore che dona vita al mondo. Nel cammino della sua vita Francesco sperimenta la realizzazione della richiesta di Davide a Dio: “Crea in me un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo”.
Passo dopo passo Francesco diventa un uomo dal cuore nuovo, come ci ricorda Papa Francesco. E la liturgia della Pasqua esprime molto bene il suo cammino quando in una preghiera ci dice e ci invita a pregare: “O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine, e in modo più mirabile ci hai rinnovati e redenti, creati a sua immagine e in modo più mirabile rinnovati e redenti”.
Nelle stimmate Francesco sperimenta questo grande mistero dell’uomo nuovo, dell’uomo segnato dall’amore, dalla misericordia. Le piaghe del Signore Risorto sono indubbiamente il ricordo di una cicatrice dolorosa, di una ferita purulenta, ma ciò che riceve Francesco indica la via della partecipazione alla vita di Cristo. D’ora in poi anche il suo corpo mostra l’icona del Crocifisso e ci ricorda che ogni essere umano che noi incontriamo,nella sua corporeità è l’espressione del Cristo crocifisso e risorto, che tiene in sé i segni della passione, i segni del dolore, ma anche i segni della gloria. E perciò Francesco ci invita a maturare uno sguardo nuovo verso le sofferenze, verso quelle condizioni di dolore, di buio, di morte, verso ogni forma di umanità. Ci invita ad essere messaggeri di luce e artigiani di speranza. Le stimmate, infatti, sono il segno della speranza, della luce di Dio. Alla VernaFrancesco entra come con un tuffo nel mare della misericordia di Dio: ne viene fuori un uomo nuovo che mostra tutti i segni di una relazione rinnovata. Egli vive ciò che nel Battesimo tutti noi viviamo, come ci ricorda San Leone Magno: la carne del battezzato diventa la carne del crocifisso. E se questa parola noi la prendiamo sul serio, il cristianesimo non lascia spazio per angelismi, per spiritualismi e per estraneazioni dalla storia, rifugiandosi in posizioni di comodo, in false giustificazioni che nascondono semplicemente il nostro egoismo e il nostro desiderio di disimpegnarci nella costruzione della comunità umana.
San Francesco “misericordiato”, come dice Papa Francesco, aiuti anche noi ad essere cantori della misericordia e dell’amore di Dio. Aiuti anche noi a sperimentare e testimoniare i segni della speranza. Ci inviti a saper trascorrere anche noi tempi di ritiro spirituale su quel luogo che Dante Alighieri definì il “crudo sasso”. Talvolta occorre ritirarsi, uscire dal frastuono per sostare, per meditare, per ascoltare la voce di Dio. Il Signore viene incontro a noi. Per divenire, come è stato Francesco, come ci ricorda Ugo di San Vittore: “liber scriptus inter et foris”.
Ecco veramente San Francesco è diventato un perfetto discepolo, un libro di Cristo, scritto dentro e fuori. Possiamo essere anche noi testimoni gioiosi del suo Vangelo. Consapevoli, come ci ricorda San Bernardo, che “Libro massimo è il Figlio incarnato”: come mediante la scrittura, la Parola è unita alla pergamena, così, per l’assunzione dell’umanità, il Verbo del Padre è unito alla carne. Questo stile di lectio biblica accompagni la nostra vita».
Al termine dell’omelia, il sindaco della città di Sassari ha acceso la lampada in onore di San Francesco, Patrono d’Italia.