L’omelia del vescovo Gian Franco Saba nel solenne pontificale di Pasqua
Abbiamo preceduto la Celebrazione dell’Eucaristia con un cammino. Un itinerario, che la tradizione della pietà popolare ci tramanda con la denominazione de S’Incontru.La Pasqua del Signore tende a generare un incontro, l’incontro tra la creatura umana e Dio. La vera Pasqua è proprio questo incontro: l’incontro tra il cielo e la terra, l’incontro tra la persona umana e Dio Padre, Dio Figlio, Dio Spirito Santo. Questo incontro ha ritmi e melodie diverse, un po’ come sono i ritmi e le melodie di tutta la liturgia e di tutta la ricca liturgia della Pasqua.
Nel Vangelo proclamato, l’evangelista Giovanni ci presenta Maria di Magdala che, il primo giorno della settimana, si reca al sepolcro di mattina, quando era ancora buio. In questo itinerario lei fa una constatazione: vede la pietra tolta dal sepolcro. Trova ciò che non avrebbe pensato, ciò che ancora la fede non aveva donato alla luce della sua intelligenza, alla luce che guidava il suo cammino. E questo pone in lei una domanda: “con quale strumento è stato possibile comprendere perché non comprendere come sia stato possibile rotolare, togliere via la pietra?” E ancora: “Chi ha voluto portare via il Signore dal sepolcro?; e ora: “Non sappiamo dove lo hanno posto”.
La fede di questa donna attraversa l’esperienza del cammino e della domanda: eppure aveva intrattenuto con Gesù un rapporto di amore grande, un rapporto di fede grande, una relazione profonda. Tanto grande ricordano gli evangelisti, da trasformare la sua esistenza. Ecco che si trova davanti un segno che forse non aveva calcolato, forse non lo poteva immaginare. È questo il primo elemento che la Pasqua ci dona. La nostra intelligenza può elaborare tante teorie ed è certamente donata dal Creatore di potenzialità così grandi, ma che deve apprendere sempre oltre. Apprendere a leggere i molteplici registri della realtà. È un’esperienza che mostra due dimensioni: ciò che da subito appare e rientra nelle proprie aspettative di conoscenza immediata, ciò che invece viene trovato e scoperto nell’altro, in una sfera più larga. La fede è proprio questa irruzione nella nostra vita dell’inatteso, di Colui chemostra dei segni, perché noi li identifichiamo.
La stessa situazione la vivono gli altri discepoli Simon Pietro e Giovanni, il giovane discepolo. Maria, quando si reca al sepolcro, probabilmente tiene un passo da viandante. Poil’esperienza vissuta suscita in lei una corsa, una corsa all’indietro, perché ciò che la fa correre in questa fase è la paura, il timore e il dubbio. È l’esperienza di ciò che non conosce, di ciò che non capisce. Va da Simon Pietro, va da Giovanni e condivide con loro ciò che ha scoperto ma ancora non comprende: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro, non sappiamo dove l’hanno posto”.
Questa è una confessione di fede, di una fede che apparentemente mostra la fragilità, la ricerca. La fede passa anche attraverso l’impotenza. Anche noi, talvolta, possiamo dire: “Signore, sì, io credo, percepisco, sento nel mio cuore che tu ci sei, che sei vivente, sei risorto”. Ma non siamo ancora andati in profondità. Vi è una dimensione della fede che è inesplorata: “non capiamo chi abbia tolto la pietra del sepolcro”.
Il Signore oggi, con la Pasqua, desidera aprire la nostra vita al mistero. Noi viviamo in una cultura evoluta con grandi potenzialità. Certamente questo è una cosa molto buona. Ma viviamo anche in una cultura dove forse abbiamo la presunzione, l’hybris, la superbia che è insita nel cuore dell’uomo, da sempre, di impadronirsi dei segreti di Dio. È una parte mitica anche dell’umano seguito dall’intelligenza artificiale. Già dall’antica mitologia greca conosciamo la tentazione umana di voler controllare tutto, di spiegare tutto, di conoscere tutto.
Il Vangelo della Pasqua ci mostra che la fede ha una fase, ha una stazione che è molto importante, quella del “Non sappiamo dove l’hanno posto”; essa è importante come quella che ci porta a dire: “Credo, Signore, che tu sei Vivente”. È importante sostare anche nella domanda dell’incertezza, dell’ignoto, dello sconosciuto, perché lo Spirito del Risorto apre un cammino, apre un confronto ed un incontro nuovo.
Maria Maddalena si confronta con Pietro e con Giovanni. Ed ecco allora che la fede non è solo un’esperienza individualistica, non è un fatto solo privato: è un mistero di Relazione. La Chiesa è relazione mistica, è una comunità di testimoni. La fede è un dono personale, è un dono che ci è trasmesso. La Chiesa trasmette la fede. Oggi è festa della Chiesa. E qual è la vera grandezza della Chiesa? Qual è il vero potere della Chiesa? La trasmissione della fede, deldono della fede. Papa Francesco più volte ci ricorda il ruolo dei nonni, dei genitori, della famiglia nella trasmissione della fede. È la missione della Chiesa domestica.
Oggi sono qui presenti tante aggregazioni laicali, le arciconfraternite e i gremi. Qual è la vostra missione? Qual è la nostra missione? Trasmettere la fede, tramandare la fede, comunicare la fede. Ricordiamo come papa Benedettoche era solito dire: “chi crede non è mai solo”. E papa Francesco sottolinea che il Signore manifesta, annuncia la gioia della fede attraverso il santo popolo fedele di Dio: un popolo che proclama anche con semplicità la sua fede.Proprio come abbiamo sperimentato in questi giorni nella mistica della pietà popolare.
Nella crisi di comunità, l’esempio di relazioni come quelle di Maria Maddalena, Simon Pietro e Giovanni è molto importante. Il loro stile ci porta a uscire da un’esperienza di fede chiusa nel privato, di una Chiesa che fatica a camminare, di una Chiesa che fatica a mettere in atto la dimensione della ricerca e del confronto oltre il si è sempre detto e fatto così.
Che cosa fanno Pietro e Giovanni? Ascoltano; ascoltano l’annuncio di una donna. E poi cosa fanno? Si recano al sepolcro. Anch’essi corrono. Maria Maddalena ha suscitato la corsa. L’ha suscitata ponendo un dubbio. A volte noi pensiamo di suscitare la corsa dando certezze. Il Signore invece ci chiede di partire dai nostri dubbi, ci chiede di partire dalle nostre fragilità, dalla nostra fede che è sempre incompiuta. La nostra fede è compiuta solo nell’incontro pieno con Cristo. Quando lo vedremo faccia a faccia, così come Egli è, passeremo dalla dimensione della fede alla dimensione della visione. E allora siamo invitati ad essere una Chiesa che corre, discepoli che corrono per riconoscere e scoprire la fede. San Paolo VI, rivolgendosi alla Chiesa,diceva: “Chiesa cosa dici di te stessa? Chiesa chi sei?”.
Ecco, questa domanda viene posta anche a noi, in questa dinamica pasquale che ci mette in moto, in movimento. I discepoli giungono al sepolcro con ritmi diversi. E questa è l’altra dimensione della fede. La fede non ha lo stesso ritmo per tutti. La fede, ci ricorda papa Francesco, non può essere paragonata a una sfera, ad una palla unica. Essa è un prisma e ha diverse manifestazioni, ha diverse espansioni. Così è stato per Pietro, per Giovanni, per Maria Maddalena. Questo è per ciascuno di noi. Il Signore ci ama e ci accoglie nel ritmo che ciascuno di noi possiede. Il Santo Padre ricorda che non bisogna essere rigidi nella dottrina,ma accompagnare le persone, non perché la dottrina non sia importante, ma perché ogni persona ha un proprio ritmo.
Nell’incontro con Cristo ogni persona ha un proprio passo. IlSignore risorto non è stato rigido con il ritmo di Simon Pietro, di Giovanni, di Maria Maddalena. Questo è anche il mistero della Chiesa. Non siamo una comunità, una setta di puri, di pelagiani che non hanno bisogno della grazia di Dio.Non siamo neppure una setta di donatisti che pensano di essere perfetti. Siamo una Chiesa in cammino. Dove vi è il limite umano, storico, Cristo suscita e fa nascere la fede.Cristo non è un mito. Cristo non è un’idea astratta.
Gesù il Cristo è una persona storica. Ed è importante soffermarsi sulla sua storia. Non a caso i Padri della Chiesa, nell’insegnare il metodo di interpretazione della Scrittura, parlavano del senso letterale e del senso storico, per poi salire al livello spirituale. La fede perciò è anche una progressiva ascesa che legge i segni della storia, della vita.
Lo Spirito Santo, attraverso quei segni avvolti in un luogo a parte nel sepolcro, cioè quei segni che rimandano alla fede, alla sola fede, apre un orizzonte di eternità, che solo Dio può donare. I teli ben riposti non potevano non potevano essere i segni dello squarcio che avevano avvolto un defunto. Il Risorto ha una dimensione di movimento, di presenza che va al di là di ciò che noi possiamo attuare nei nostri dinamismi storici di movimento. Il Signore ci invita a contemplare due modi di essere presenti: quello corporeo e quello spirituale, senza separarli e contrapporli.
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