ANNO A – XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Is 5,1-7 | Sal 79 | Fil 4,6-9 | Mt 21,33-43
Ufficio Comunicazioni Sociali – don Michele MURGIA
L’ultimo scenario in cui la «vigna» consuma il parallelo con il popolo di Israele è quello di una violenza insensata e criminale: aggressioni, furto e omicidio sono il trionfo di un programma in cui l’uomo ha completamente perso ogni riferimento a Dio e assume il peggio di sé come regola del mondo. La misura con cui il Padre si rivolge all’umanità e alla Chiesa, che abbiamo meditato nelle domeniche precedenti, è del tutto stravolta e cancellata dagli accordi e dai progetti che hanno solo «in terra» le proprie logiche e finalità: i contadini non hanno alcun freno nell’escludere definitivamente ciò che esiste o arriva da oltre il recinto, e nemmeno il padrone lontano significa più nulla per loro. Qualsiasi interferenza è intollerabile e ogni uomo coinvolto è ridotto al niente dell’emarginazione e -in ultimo- alla morte. Il «figlio» della parabola è il primo esempio, quello che a noi credenti racconta di Gesù, del Cristo, del Signore, che in tante pagine di storia assume il volto di uomini e donne azzerati da un’umanità scriteriata e confinati dentro i peggiori vuoti esistenziali. I versetti conclusivi del Vangelo risuonano come ultimo disperato appello a ritornare dentro la Volontà del Padre: ciò che è scartato, rifiutato, respinto è la porta attraverso cui riappare a noi la «meraviglia» di Dio.