+ Padre Paolo Atzei, Arcivescovo
Nel pensare a un’immagine ricordo per i 50 anni di Sacerdozio, non ho avuto dubbi, data l’imminenza della Natività liturgica di Nostro Signore Gesù Cristo: il presepio di Greccio, ossia quello che viene definito il primo presepio della storia. E accostare Betlemme al Cenacolo.
Greccio, un paese della provincia di Rieti, di 1500 abitanti, si erge su un colle della cosiddetta Piana Reatina, a 300 mt. di altitudine rispetto al fondo valle.
Francesco probabilmente era già stato in questa zona nei primi tempi della sua conversione (1209 ?), ma “tre anni prima della morte”, come ricorda il suo biografo Tommaso da Celano, vi ritorna per soddisfare un suo grande desiderio, forse accresciutosi dopo la visita in Terra Santa, nel 1219, durante la quale ebbe modo di infervorarsi ancor più dei luoghi resi famosi da mistero dell’umanità del Figlio di Dio, fra i quali Betlemme. Questo il luogo “dove si compirono per lei (Maria, sposa di Giuseppe, ndr) i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo” (Luca 2, 5-7).
A premessa, il biografo evidenzia la ragione che informa l’animo del Santo: “La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l’impegno, con tutto lo slancio dell’anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore Nostro Gesù Cristo”. “Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro”. L’allestimento plastico, dal vivo, del presepio di Greccio risponde a questa ragione profonda della sua fede e devozione verso la Natività di Gesù (cfr. Fonti Francescane 466-68).
In quel borgo c’è un amico di Francesco, tale Giovanni Velita, stimato per “la nobiltà dello spirito”. Siamo nella Natività del 1223, verso metà dicembre.
Il Santo confida all’amico il suo grande desiderio di “rappresentare il Bambino nato a Betlemme e, in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello”. Subito l’amico si affretta a realizzare “il disegno esposto dal Santo” (cfr. l.c.).
“Ed ecco il giorno della letizia!”. Da ogni parte giungono i frati, uomini e donne con fiaccole per illuminare quella notte santa. Arriva anche Francesco, raggiante di gioia, nel vedere tutto predisposto. Sistema il fieno, il bue e l’asinello. Tutto appare evangelico: semplice, povero, umile. “Greccio è divenuta una nuova Betlemme”. La gente accorre, gioisce e canta, i frati lodano il Signore (l.c. 469). Ma quella Betlemme rimanda al Cenacolo. Infatti, segue la celebrazione solenne dell’Eucaristia sul presepio, e Francesco “assapora una consolazione mai gustata prima”.
Vestito da diacono canta il Vangelo e si infervora nel parlare del “Bambino di Betlemme”, che pronunciava “passando la lingua sulle labbra quasi a gustare e trattenere la dolcezza delle parole” (l.c. 470).
Quel Bambino privo di vita sembra ridestarsi e risuscitare nei cuori di molti che l’avevano dimenticato. E anche il fieno della mangiatoia si dice avesse poteri taumaturgici per uomini e animali (l.c. 471).
Conclude il Celano: “Oggi… sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa a San Francesco, affinché… gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell’anima e la santificazione del corpo, la carne dell’Agnello immolato e incontaminato, Gesù Nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi” (l.c.).
Riportando nel retro del famoso quadro di Giotto, nella Basilica Superiore di Assisi, questa citazione per il mio Giubileo sacerdotale, avvenuta nella IV Domenica di Avvento del 1966, desideravo unicamente rapportare il Mistero dell’Incarnazione avvenuto a Betlemme al Mistero eucaristico, istituito da Gesù nel Cenacolo.
Non diverso è e rimane lo spirito di Betlemme e del Cenacolo nelle nostre Novene di Natale, con la celebrazione dell’Eucaristia e l’Adorazione. Il modo più autentico per prepararsi a celebrare il Mistero dell’Incarnazione.