IL MANDORLO: Mito, religione, arte, tradizioni

22 Gennaio 2025 | Libri

Il simbolo «dà a pensare», è «aurora di riflessione» e «[l]’ inesprimibile trova voce nel linguaggio dei simboli». Dove c’è pensiero, c’è dunque capacità di riflessione e capacità di simbolizzazione: un segno, una realtà materiale e visibile, rimanda ad altro che sfugge. I simboli dicono senza esaurire tutto il dicibile mostrano senza dimostrare ogni dettaglio: «alludono, evocano, fanno intuire una realtà che è altra rispetto a quanto percepibile dai sensi». Infatti, «[i]l dire simbolico interpella l’emotività e chiama in causa l’esperienza».
È proprio in queste righe presenti nell’introduzione che Franco Camba suggerisce al lettore la giusta chiave di lettura del suo saggio intitolato IL MANDORLO. Sarebbe veramente riduttivo sostenere che l’autore abbia scritto un libro sul mandorlo; l’albero e il suo frutto sono in realtà, grazie al loro valore simbolico, il pretesto per parlare prima della rinascita primaverile e della fertilità e poi del rapporto tra Cielo e Terra, divino e umano.
All’interno di un percorso che unisce mondo classico e cristianesimo includendo anche le tradizioni orientali, il mandorlo diventa il segno tangibile che ci rimanda verso realtà non visibili e che sfuggono alla nostra percezione; il simbolo che rende intuibile ciò che non è percepibile e che quindi lo fa diventare esperienza stessa. Già nel paratesto l’autore ci rende partecipi della natura stessa del suo saggio citando l’autore greco Nikos Kazantzakis (1833-1957): La quercia chiese al mandorlo: “Parlami di Dio”. E il mandorlo fiorì» Nella dialettica innescata nel saggio parlare del mandorlo significa parlare della primavera e parlare della primavera significa parlare di Dio; quasi come se già nel suo fiorire l’albero racchiudesse nella sua natura un mistero divino altrimenti impercettibile. Non è un caso che il primo dei numerosi autori citati sia Rabano Mauro, abate di Fulda e arcivescovo di Magonza (780- 856), che nel De rerum naturis vede il mondo da una prospettiva fortemente “teologizzata” in cui la realtà viene descritta come un insieme di segni che ci fanno intuire la natura stessa di Dio. Sulla base di questi presupposti intertestuali il saggio di Franco Camba si rivela una suggestiva ed evocativa narrazione del mandorlo come simbolo di qualcosa che trascende da esso e come pretesto letterario per rendere rappresentabile ciò che è indefinito.
Il percorso delineato dall’autore ha la sua prima tappa nel mito: Il termine “mandorla” proviene dalla parola latina amygdala («mandorla»), traslitterazione del greco ἀμυγδάλη, voce probabilmente di origine semitica, che diversi studiosi ritengono sia il nome frigio di Cibele, antica figura divina di origine anatolica, venerata come dea della fecondità e della forza vitale. Il primo accostamento tra la mandorla e la dea Cibele (chiamata Magna Mater dai Romani) diventa nel saggio l’espediente per evocare le tematiche della fertilità e della generazione della vita presenti nella mitologia classica di cui il mandorlo si fa affascinante simbolo. L’autore delinea la presenza del mandorlo nei miti di Agdistis, Fillide e Attis e il suo legame con la rinascita della natura all’inizio della primavera e con il concetto di fertilità. Camba riesce a conservare e a restituire ai lettori l’impetuosità dei sentimenti che caratterizzano i protagonisti dei miti in questione: in queste pagine vivono l’amore passionale di Fillide per l’eroe greco Acamante, la follia che colpisce Attis quando viene meno al voto di castità nei confronti di Cibele e la rinascita primaverile che diventa simbolo della speranza di una vita contro la morte. Il viaggio alla scoperta del valore simbolico del mandorlo prosegue con la narrazione della storia di Giacobbe e della città di Luz (‘la città del mandorlo’) in cui l’albero primaverile diventa simbolo di incontro con Dio. Nelle pagine relative la presenza del mandorlo nella religione ecco che, avvalendosi di alcuni episodi dell’Antico Testamento, l’autore pone la questione su un piano metafisico; il mandorlo diventa il simbolo per provare a scorgere realtà incomprensibili per l’uomo, quasi come fosse un segno di Dio sulla Terra. In un’esposizione che abbraccia anche il mito egizio di Iside e Osiride, l’albero della primavera diventa il simbolo di ciò che è «pur essendo immortale, è nei mortali». Dopo aver esplorato tradizioni e miti che uniscono Oriente e Occidente, il lettore è guidato verso la scoperta dell’iconografia della mandorla nell’arte romanica, gotica e del primo Rinascimento e il suo legame con il simbolo dell’Ichthús (pesce). Al termine del saggio si torna a una narrazione di carattere locale con l’esposizione dell’importanza del seme nelle tradizioni culinarie sarde e non solo. Ciò che rende il saggio di Franco Camba degno di lettura è l’intrigante dialettica con cui si narra la forza simbolica del mandorlo: si parla del mandorlo per parlare della rinascita della natura e della fertilità e si racconta la rinascita primaverile per mettere in scena la speranza della vittoria della vita sulla morte e il mistero che avvolge la compenetrazione sensorialmente incomprensibile tra umano e divino. Il mandorlo diventa quindi espediente per intuire ciò che non può essere concepito razionalmente e tutelare la sua presenza e le tradizioni in cui esso è protagonista significa proteggere un tesoro culturale prezioso.

Di Paolo Raggio

Pin It on Pinterest