Vista pastorale alla città di Sassari: Incontro con i laici e le aggregazioni laicali

3 Dicembre 2024 | News, primo piano, vescovo, Visita pastorale

Nel pomeriggio di domenica 1° dicembre, nella Cattedrale di San Nicola, l’arcivescovo Gian Franco ha incontrato i membri delle aggregazioni laicali e i laici che operano nelle parrocchie della città di Sassari.

Di seguito si riporta l’intervento dell’arcivescovo Gian Franco:

«Mi fa piacere che stasera, proprio qui, nella chiesa cattedrale, assieme ai presbiteri e ai parroci che presiedono diverse comunità, ci ritroviamo insieme in un incontro che si svolge nel contesto della Visita pastorale. È un incontro di famiglia, di una Chiesa che è famiglia, è casa.

Ricorderete che all’inizio della Visita pastorale proposi la rilettura del testo degli Atti degli Apostoli. Questo pomeriggio desidero ancora rilanciare la proposta. Agli inizi, l’ambiente e il contesto nel quale i credenti nel Signore Risorto e coloro che ancora faticavano ad entrare nella fede del Cristo Risorto, si ritrovavano insieme. Il primo atto è proprio questo: ritrovarsi insieme nel nome di Cristo e alla ricerca della fede in Cristo. Questa mi pare la prima prospettiva da leggere nella Visita pastorale. Così deve fare la comunità parrocchiale: la parrocchia ravviva la propria fede nel Signore Risorto.

La Visita pastorale non si svolge per controllare qualcosa, non è un atto burocratico, ma anzitutto è un convenire nella fede. Questo aspetto è l’identità della Chiesa. La Chiesa è infatti comunità, è una comunità di credenti convocati insieme per confessare la fede in Cristo. Questa dimensione del convenire insieme talvolta viene vissuta come una sfida, una crisi, perché vi è la difficoltà del fare comunità. E come questa crisi è presente nella società, nella liquidità delle relazioni, nella liquidità dello stare insieme, in modo analogo talvolta è presente nella vita della parrocchia, nella vita della Chiesa. Nella fede cristiana c’è la professione personale, certamente, ma essa è principalmente comunitaria. La vera crisi che oggi noi viviamo è proprio quella del fare comunità.

Dalle relazioni che avete esposto emerge proprio una fotografia dei vari cammini che sono stati intrapresi. È una fotografia variegata, differenziata. È l’immagine di una pluralità sana, che non crea dispersione o una frantumazione. La Visita pastorale, anzitutto, è una bella occasione per riscoprire il mistero della famiglia di Dio. Noi siamo chiamati nella logica degli Atti degli Apostoli, per ritrovarci insieme ad ascoltare la Parola di Dio, ad invocare il dono dello Spirito Santo, perché ci doni la grazia di essere compresi da chi parla tante lingue ed esprimerci anche in tante lingue. Questa è la molteplicità che porta alla condivisione di Dio.

Un tempo, nella configurazione di una parrocchia, tutto era un po’più automatico, o perlomeno apparteneva maggiormente a uno stile un po’ più ritmato. Oggi sperimentiamo costantemente la fatica dell’evangelizzazione. Occorre quindi riscoprire il nostro essere Chiesa, il nostro essere comunità, il nostro essere Chiesa-casa, famiglia. Questo mi pare uno degli aspetti della Visita pastorale.

Nella Visita pastorale non deve esserci l’ossessione per quante cose fare, ma piuttosto occorre andare ad alcuni punti essenziali, fondamentali, per riflettere su che cosa il Signore ci domanda in questo momento. La logica degli Atti degli Apostoli, che vi suggerirei di leggere in questo periodo, ci invita a mettere in evidenza che le prime comunità erano segnate da un dinamismo che noi chiamiamo missionario, cioè da un movimento, da un viaggiare, da un camminare. Si sentiva il bisogno di condividere una fede ricevuta. Il Sinodo universale si conclude sostanzialmente rilanciando alle Chiese un compito, una missione. Ecco, questo sogno della missione fa parte della nostra comunità. Questa missione va vissuta insieme. L’aspetto dell’inter-parrocchialità e anche di una pastorale urbana tende a questo. Chiediamoci come possiamo essere missionari oggi nella città di Sassari. Come le nostre parrocchie possono essere missionarie con uno slancio, direi, un po’ più dinamico, attento ad andare a bussare alle porte, che va a riconvocare, a presentarsi. Gli apostoli, quando fanno un viaggio, si presentano. Questo andare incontro non è solo una questione di camminare con le gambe, è un cammino di condivisione. C’è una dinamica diversa, infatti, tra vivere la missione in modo personale e viverla insieme.L’obiettivo del rinnovamento della parrocchia non è smantellare la parrocchia, anzi, è renderla ancora più plastica. Qui ci sono dei parroci che hanno vissuto l’esperienza della formazione e hanno anche vissuto quella dinamica, quella bella dinamica di gruppo vivo che fa missione.

Papa Francesco dice che ciascuno di noi è una missione. Credo che serva un momento in cui ci si ferma a domandarsi come ciascuno di noi possa essere missionario. Se voi siete qui, già lo fate, perché siete tutte persone impegnate in un determinato ambito. Domandiamoci: come possiamo essere missionari con uno stile sinodale? Occorre andare un po’ a bussare. La sinodalità, in tal senso, aiuta a risvegliare. È un qualcosa che nessuno di noi può fare da solo, ma in modo comunitario. Gli Atti degli Apostoli ci aiutano a vedere come l’ascolto della Parola susciti un dinamismo.La presenza del Vescovo in Visita pastorale è importante soprattutto per attivare questi dinamismi.

La memoria della storia di una parrocchia è importante. Vi è una storia viva. Avere memoria di quello che si fa è una cosa importante. Occorre rileggere la memoria anziché piangersi addosso o lamentarsi. Ecco, la storia suscita la narrazione, suscita in noi un movimento, e se noi viviamo questa memoria spirituale, l’esercizio di memoria spirituale ci fa bene. Noi leggiamo a volte le storie dei Grandi Santi, ma è anche bello leggere le storie dei Santi della porta accanto: come la storia del parroco che si è spesoper la parrocchia, di quella religiosa, di quella catechista, di quell’altra figura, degli educatori che hanno dato una testimonianza. Questa è la memoria spirituale. La memoria spirituale è una cosa buona, è importante. Questo tipo di rilettura ci aiuta a superare la nostalgia.

Un altro aspetto che gli Atti degli Apostoli sottolineano è quello di non avere confini. Su questo aspetto siamo chiamati a riflettere a livello pastorale. Cosa vuol dire non avere confini? È un discorso solo geografico o antropologico-spirituale? Non avere confini non vuol dire non avere una comunità concreta. L’itineranza di cui gli ci parlano gli Atti degli Apostoli è la capacità di rivolgersi a tutti, di accogliere tutti, di aprirsi verso tutti. In questo subentra anche il principio di inter-parrocchialità che è insito negli Atti degli Apostoli: una comunità che pensa ai bisogni di un’altra comunità. È la solidarietà tra comunità.

Auspico che noi abbiamo e otteniamo dal Signore la profezia di una pastorale che operi in una dinamica sinodale, in una dinamica di convergenza, che operi tenendo presente l’esortazione di Papa Francesco che nell’Evangelii gaudium dice: “Non lasciate le cose come stanno”. Per questo rimando ancora agli Atti degli Apostoli per scoprire le motivazioni che spinsero quei primi cristiani, con nomi specifici, altri senza nomi, ad entrare nel dinamismo evangelico».

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