Commemorazione del Servo di Dio padre Giovanni Battista Manzella

25 Ottobre 2024 | News, primo piano

Mercoledì 23 ottobre, in occasione della Commemorazione del Servo di Dio padre Giovanni Battista Manzella, nella chiesa cittadina del Santissimo Sacramento l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione eucaristica.

Di seguito ripportiamo l’omelia  tenuta dall’Arcivescovo

«La memoria di Padre Manzella tutti gli anni conduce in questa chiesa un’importante presenza di fedeli del popolo di Dio. Non è secondario sottolineare che ogni anno convengono qui, in un numero importante, presbiteri sia per la concelebrazione dell’Eucaristia, sia in forma privata per pregare nella tomba di Padre Manzella. Questo primo elemento, alla luce di questo fulgido esempio di annunciatore, di missionario, di apostolo, che la Provvidenza ha voluto donare alla Chiesa Turritana e non solo, ci aiuta a comprendere le parole che l’Apostolo Paolo rivolge agli Efesini, riflettendo del suo mistero e dando una chiara interpretazione del vero significato della sua missione, del suo apostolato. Egli lo definisce un ministero, un servizio della grazia di Dio a lui affidato, a loro favore. In queste parole credo che ciascuno di noi trovi il senso profondo della vocazione sacerdotale, della vocazione al ministero ordinato, al servizio nella evangelizzazione nelle diverse forme.

Queste parole ci aiutano anche a comprendere come lo Spirito Santo nel corso dei tempi susciti sempre uomini e donne a cuiaffida un ministero. In modo particolare, vogliamo pensare che Padre Manzella sia stato chiamato da Dio, per esercitare il suo ministero di missione e di annuncio a favore del popolo di Dio. Questo aspetto mi sembra molto importante. Tutta la vita di Padre Manzella è stata progressivamente orientata per cercare non il proprio tornaconto, ma il bene del popolo di Dio. Lo compie in tutti i modi, in tutte le forme, talvolta, anche in forme complesse e articolate, nelle deserte e aride situazioni geografiche della terra di Sardegna nei primi decenni del Novecento, durante i quali egli percorse strade e territori per cercare il bene del popolo di Dio. Lo fece non risparmiando sacrifici, non risparmiando la sua salute, non risparmiando sé stesso. Egli ha attraversato in lungo e in largo, nel senso etimologico di queste parole, la terra sarda come colui che porta il lieto annuncio della buona novella: il Vangelo di Gesù.

Quella di Padre Manzella è veramente una testimonianza significativa e attuale di gratuità evangelica. La sua è una vita spesa per il bene dei fratelli, consapevole di essere stato costituito ministro per cercare il buono esito della vita di ogni uomo, di ogni donna. Ogni qualvolta il nostro ministero perde il senso e la fondatezza della consapevolezza di essere stati costituiti a favoredel popolo di Dio, rischia di vivere una sorta di ripiegamento sterile in sé stesso. L’annuncio di Padre Manzella, infatti, non fu sterile, perché fu operoso in quanto alimentato dalla grazia. I frutti della sua predicazione, come narrano le cronache e i testi che ne descrivono le diverse situazioni, mostrano proprio che la grazia di Dio accompagna questo itinerario, questa esperienza di itineranzaapostolica.

Vi è anche un altro aspetto nella personalità di Padre Manzella. Egli non si descrive mai come un grande intellettuale, ma come una persona umile che ha ricevuto da Dio la luce della parola, la sapienza del Vangelo. Non certo per disprezzo del valore delle facoltà intellettuali, dell’alta cultura, ma per porre in evidenza e in risalto la grandezza di Dio nella sua vita e nella sua azione. Questa dimensione è sicuramente tanto attuale oggi, in un momento nel quale siamo chiamati a percorrere deserti e contesti geografici non solo fisici ma antropologici, umani, dove occorre percorrere strade o territori, per meglio dire, dove non sempre vi sono strade di accesso. Solo la grazia di Dio apre queste strade di accesso. Questa dimensione apostolica è tanto importante perché è fruttuosa, ci libera dalla paura e ci libera dal ripiegamento su noi stessi. Padre Manzella ritiene che questa grazia sia “quella carità che è scesa dal cielo in terra con il bambino Gesù” – come scrive nel periodico La Carità – “e rimarrà pellegrina fino alla fine dei secoli”. Vi è una comprensione mistica, direi, di una visione teologica tanto cara ai Padri delle origini cristiane: quella di Dio che si è fatto pellegrino lungo le strade dell’umanità e poi ha chiamato di volta in volta apostoli, suoi inviati, per essere pellegrini. Questo mandato è fino alla fine dei tempi, fino alla fine dei secoli. “Questo amore” – egli sottolinea – “è un amore celeste, è eterno, come eterno è Dio stesso”. È la connotazione della carità non semplicemente come assistenza, che pure egli ha esercitato epromosso non semplicemente come il fare e il dare dimensioni che ha indubbiamente attivato in tutti gli ambienti, ma è il fondamentodella relazione tra Dio e l’umanità. Padre Manzella si è fatto pellegrino lungo la storia! Ecco il senso del suo pellegrinaggio, dei chilometri percorsi, dei suoi viaggi. Ma non solo quelli fisici egeografici, vi sono infatti “tanti chilometri” anche attraverso i suoi scritti. Padre Manzella, attraverso la via della comunicazione efondando anche il periodico Libertà, tante persone, ha raggiuntotante situazioni umane, tante sensibilità culturali. Probabilmente questo è un qualcosa che abbiamo bisogno di recuperare, perché si tratta di una qualità particolare, peculiare: l’annuncio ha bisogno di essere comunicato, ha bisogno di essere trasmesso. L’annuncio non può essere tenuto e trattenuto dentro le mura delle nostre case, delle nostre chiese, delle nostre strutture.

Padre Manzella sottolinea anche che l’amore è universale. Questa è un’altra qualità dell’amore di Dio e quindi dell’evangelizzazione. Scrive nel periodico La Carità che l’amore “non distingue amico o nemico, un partito o un altro, simpatico o antipatico, pulito o sudicio, buono o cattivo, cattolico o protestante, turco o pagano, riconoscente o ingrato. Innanzi alla carità, all’amore, tutti sono figli del Buon Dio”. Qui non possiamo non vedere una peculiare corrispondenza con la rivelazione cristiana che ne ha formato e forgiato la sua sensibilità, ma anche la corrispondenza con il magistero che i Pontefici del Novecento, e Papa Francesco in questo momento storico,  sottolineano con il bisogno di recuperare la dimensione universale della carità, la dimensione universale dell’annuncio, dell’evangelizzazione.

“Tutti sono figli del Buon Dio”. Desidero esprimere un particolare ringraziamento alle suore del Getsemani perché hanno avuto una particolare sensibilità nel disporre di una parte delle loro strutture per il progetto dell’Accademia, Casa di popoli, culture e religioni. Cogliendo il bisogno e l’esigenza di entrare nel Getsemani dell’umanità di oggi, del mondo di oggi, cogliendo l’esigenza di recuperare la sensibilità di un annuncio universale, largo, non interessato. È significativo che Padre Manzella, in tempi in cui nei nostri contesti certamente l’ecumenismo e il dialogo interreligioso non erano il linguaggio comune di tutti i giorni, dica che la caritàdeve essere rivolta “verso chiunque, cattolico o protestante, turco o pagano, riconoscente o ingrato”. Queste parole ci fanno riflettere, ci introducono nel senso vero e autentico del Vangelo. Èuna carità che non aspetta ringraziamenti.

Ecco che tutto questo, alla luce ancora delle parole di Paolo rivolte agli Efesini, ci apre a quella prospettiva nella quale in Cristo Gesù tutta l’umanità è chiamata a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo, ad essere partecipe della stessa promessa per mezzo del Vangelo. L’evangelizzazione è universale, l’evangelizzazione è intimamente unita a tutti e in Padre Manzella carità ed evangelizzazione sono strettamente congiunte. È l’evangelizzazione che suscita la carità. La genera, la attiva, la alimenta e la promuove nelle situazioni più concrete. Tant’è vero che la carità promossa da Padre Manzella è una carità dai diversi colori. È costituita da una sorta di policromia che descrive le situazioni concrete del proprio tempo, soprattutto delle persone più svantaggiate.

A noi giunge il monito del Vangelo attraverso le parole di Luca, “vegliare, tenerci pronti, per discernere, quando il Signore bussa”. Non possiamo pensare che questa sia solo la parola della fine, dell’ultimo momento, quando il Signore ci chiamerà all’eternità. Il Signore bussa in ogni istante alla nostra vita. Il Signore bussa in ogni momento alla nostra esistenza, chiedendoci di interpretare i segni dei tempi, di leggere i segni dei tempi.

È la spiritualità che il Concilio Vaticano II ha posto nelle nostre mani e che Papa Francesco risollecita invitandoci ad essere capaci di leggere la realtà. Alla luce di questo credo che tutti noi dobbiamo sempre più motivarci come operatori pastorali, animati dalla gioia del vangelo, motivati nel percorrere tutte quelle strade, quelle vie che il mondo moderno, che la modernità presenta a ciascuno di noi, non con la logica della lamentazione, della paura, della chiusura, ma con la logica di chi con saggezza cerca di ascoltare le domande, i bisogni per entrare in armonia con un linguaggio che necessita di elaborare grammatiche necessarie per dialogare con le tante forme di povertà, di debolezza e di fragilità che connotano questo nostro tempo».

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