Si è tenuto ieri lunedì 27 ottobre, presso l’Aula Mura del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Sassari, l’atteso incontro culturale dal titolo “Una Porta Aperta”. L’evento ha messo al centro la realtà carceraria e il percorso di rieducazione e riconciliazione attraverso la straordinaria testimonianza di Padre Carmelo di Giovanni, Cappellano del Carcere romano di “Regina Coeli”. Il cappellano, ispirato anche da figure come Madre Teresa di Calcutta, ha sottolineato come la vera libertà arrivi con la conversione e la riconciliazione con sé stessi e con la società, un percorso lungo e faticoso che richiede perseveranza e umanità da parte di tutti; ha fatto capire fin da subito che la sua missione va ben oltre la messa della domenica. La sua esperienza, che conta anni nelle carceri inglesi e poi a Roma, è una lezione potentissima di empatia radicale. L’esperienza cinquantennale di sacerdozio di Padre Carmelo gli ha permesso di condividire storie toccanti che superano il concetto di pena, concentrandosi sulla dignità umana che non può essere persa, nemmeno dietro le sbarre. L’espressione “Una Porta Aperta”, che dà il titolo all’incontro e al suo libro, simboleggia non solo l’accoglienza che ha riservato ai più fragili, ma soprattutto la necessità di non chiudere mai la porta del cuore e della speranza per chi ha commesso un errore. Il punto chiave è uno: il suo approccio non è “religioso” nel senso formale del termine, ma profondamente umano.
Non è spiritualità, è connessione: Padre Carmelo non va dai detenuti per fare proselitismo o parlare solo di peccato. Va per incontrare la persona che c’è lì. Questo significa guardare oltre l’atto criminale – l’omicidio, la rapina, l’errore – per vedere il “ragazzo” o l'”uomo” che è ferito, arrabbiato o disperato. “Sporcarsi le mani”: Lui stesso ha raccontato di essersi ispirato a Madre Teresa di Calcutta e a Papa Francesco. È la Chiesa che non sta in sagrestia, ma che scende “nella spazzatura” delle vite difficili, dove c’è il fallimento e l’angoscia. È un approccio che scavalca i formalismi ecclesiastici, puntando dritto al cuore.

Una Porta Aperta, letteralmente: L’immagine della “porta aperta” non è una metafora leggera. Per Padre Carmelo, che a Londra accoglieva nella canonica ex detenuti e persone con dipendenze, significava rischiare e accogliere senza giudizio, anche quando questo creava problemi con le autorità. È l’invito a non chiudere mai la speranza.
In sostanza, “Una Porta Aperta” è stato un grido forte: il carcere è anche un luogo dove si può e si deve ricominciare, e tocca a tutti noi—studenti, futuri avvocati, magistrati, o semplicemente cittadini—ricordare che dietro ogni sbaglio c’è una persona con una storia.
