Domenica 4 maggio, nella Cattedrale di San Nicola, l’Arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica “per l’elezione del Papa”.
Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo:
«La liturgia della Parola ci aiuta a comprendere il ministero che il Signore Risorto ha affidato a Pietro e agli apostoli. Il dono che Gesù fa alla Chiesa è anzitutto quello di manifestarsi come Signore della vita, del tempo e della storia: il Risorto, il Vivente che si manifesta sul mare di Tiberiade, mentre si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso, Natanaele, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. In un luogo speciale, peculiare, dove Pietro dice ai suoi compagni: “Io vado a pescare”, e gli altri rispondono: “Veniamo con te anche noi”. È il luogo dove il Signore li aveva chiamati per diventare pescatori di uomini.
Pietro e gli altri vanno a pescare, ma – sottolinea l’evangelistaGiovanni – in quella notte non presero nulla (Gv 21,3). È un tempo peculiare quello che i discepoli di Gesù stanno vivendo: un tempo in cui sono chiamati a leggere i segni della presenza di Dio nella storia, a rileggere il Mistero di Gesù, il Nazareno che li chiamò, che predicò, che agì in parole e opere. Che andò – come ricorda Luca – “di città in città e di villaggio in villaggio, predicando e annunciando la buona novella del regno di Dio” (Lc 8,1) e a Gerusalemme celebrò il mistero della Pasqua nella piena donazione di sé.
Questo mistero era nel cuore degli apostoli, dei discepoli di Gesù, depositato in una ricchezza tale da renderli bisognosi di vivere un tempo di comprensione, di richiamo del loro cuore a Colui che li aveva chiamati, con occhi nuovi, con un cuore nuovo e con una nuova intelligenza. È il Signore che, in altri momenti della loro vita terrena, aprì loro l’intelligenza alle Scritture. Non li abbandona, non li lascia soli. Il Signore ritorna laddove essi si trovano, laddove il fragile pescatore Simon Pietro va a pescare e, insieme ai suoi compagni, fa esperienza del nulla, dell’esperienza del vuoto.
Ebbene, il Signore sta lì, sulla riva. È l’alba di un nuovo giorno. Sta lì ad attenderli. Essi – sottolinea l’evangelista Giovanni – non si erano accorti della sua presenza (Gv 21,4). Giovanni desidera mettere in evidenza la situazione di questi discepoli. Gesù si presenta loro con una domanda: “Non avete nulla da mangiare?”(Gv 21,5), dopo che Egli aveva già dato loro da mangiare, aveva dato sé stesso.
Gesù è presentato dall’evangelista Giovanni come Colui che aveva sfamato una grande folla; e loro, gli apostoli, fanno parte di quella folla che ha bisogno di essere sfamata con il pane della vita. Non avevano preso nulla, e Gesù pone la domanda: “Non avete nulla da mangiare?”. Ed essi risposero: “No” (Gv 21,5). Allora Gesù indica loro la via, la direzione dove pescare e dove trovare.Essi si fidano della sua Parola, si affidano ad essa.
Giovanni esclama a Pietro: “È il Signore!”, è il Kyrios (Gv 21,7). E l’amore che aveva legato queste due persone – che prevale sulla conoscenza – rivela il volto di Colui che è venuto per amore pieno, totale, verso l’umanità. Pietro ascolta e allora si getta in mare, e va verso Colui che lo attende sulla riva per introdurli nell’alba della risurrezione (Gv 21,7).
Gesù è lì, pronto a donare loro il pane della vita eterna: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia di me non avrà più fame e vivrà in eterno” (Gv 6,51). In questo grande mistero, il Risorto riattiva la chiamata dei suoi discepoli e pone a Simon Pietro una domanda fondamentale: “Mi ami tu più di costoro?” (Gv 21,15). Un dialogo ripetuto per tre volte, nel quale Pietro si consegna interamente alla chiamata di Gesù, dicendo: “Tu conosci tutto, tu sai che ti voglio bene” (Gv 21,17). E Gesù gli affida le sue pecore, aprendogli una nuova prospettiva: dalla giovinezza, in cui le forze lo conducevano in una propria autonomia, alla vecchiaia, dove egli sarà condotto là dove non vorrà. E l’evangelista esplicita ciò per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio (Gv21,19). È l’amore totale, la piena conformazione all’amore di Colui che l’aveva amato profondamente: Gesù, il Risorto.
Pietro corrisponderà con un amore pieno e totale. Ogni incontro con il Signore, per ciascuno di noi, è un invito che ci dice: “Seguimi”. In questo momento, come Chiesa, vogliamo pregare affinché riecheggi la voce del Cristo Risorto, lo Spirito del Risorto, proprio nell’Aula della Cappella Sistina. Con la celebrazione del conclave risuoni, forte e imperiosa, la dolce chiamata di Gesù a colui che, nel mistero dell’amore di Dio, è già scelto, è chiamato a donare la sua vita fino alla totalità, a tendere le sue mani per guidare la Chiesa, rendendo vivo e presente il ministero di Pietro e il mistero stesso di questa chiamata.
Queste parole liberano le settimane che stiamo vivendo da ogni forma di visione mondana del ministero petrino, per aiutarci a coglierne la vera vocazione, il vero compito, la cui peculiarità non può essere equiparata alle azioni – pur alte e nobili – delle leadership mondiali. È un ministero unico, peculiare, specifico. Non è un potere di governo, ma un servizio. Non è un dominio, ma è amore».
