Oggi, Domenica di Pasqua, dopo S’Incontru, la tradizionale processione dell’incontro tra Gesù Risorto e la Beata Vergine Maria, nella Cattedrale di San Nicola, a Sassari, l’Arcivescovo Gian Franco ha presieduto il Pontificale di Pasqua.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia pronunciata dall’Arcivescovo:
«Il Vangelo della Pasqua ci invita a intraprendere un cammino, un cammino di incontro con i segni della risurrezione del Signore. Coloro che accompagnarono Gesù durante il suo ministero pubblico, nell’ora della passione e della crocifissione, il primo giorno della settimana si recano al sepolcro – ci annota l’evangelista – quando era ancora buio. E lì constatano che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Questo è il primo elemento del pellegrinaggio della fede.

Non si sa chi abbia tolto quella pietra, ma la pietra è stata tolta dal sepolcro. Vi era stata posta, come era costume nelle sepolture, e così avvenne anche per Gesù. Questo fatto toccò profondamente il cuore e la mente di Maria di Magdala, che sentì il bisogno di correre da Simon Pietro e da Giovanni, il discepolo che Gesù amava. Ed esprime ciò che il suo cuore sentiva nel profondo:“Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto”.

Il dolore di Maria di Magdala, la sua preoccupazione – che è anche la preoccupazione di tutti coloro che furono con Gesù – lei la condivide. Ancor prima del raggiungimento della fede piena nella risurrezione, vi è la domanda che conduce alla fede stessa: la domanda della ricerca: “Lo hanno portato via”.
Chissà in quante persone che avevano ascoltato la predicazione di Gesù, che erano state con Lui, si sarà accesa questa domanda nel cuore. Questa domanda forte: “Lo hanno portato via”. È il bisogno di incontrare Colui attraverso il quale Dio si è lasciato toccare dall’umanità, Dio ha raggiunto l’umanità.

“Lo hanno portato via”. Ma il luogo del Signore non è il sepolcro. Il Kyrios, il Signore del tempo e della storia, non è destinato al sepolcro. La sua meta è la vita eterna. E perciò, ecco la domanda:“Non sappiamo dove l’hanno posto”. La fede si interroga. Tante volte, non sappiamo. La nostra fede sosta sulla soglia della domanda: “Non sappiamo”.

Ecco perché Papa Francesco invita, nell’Evangelii Gaudium, a sostare davanti alle domande dell’umanità che, di fronte al mistero di Dio e al mistero di Cristo – come accadde per Maria di Magdala – fanno sorgere l’interrogativo: “Non sappiamo dove l’hanno posto”. Il Santo Padre desidera che sia la Chiesa stessa, al suo interno, a porre questa domanda al centro dell’attenzione, per promuovere un rinnovato incontro con Gesù. È infatti la luce e il dinamismo della risurrezione ad animare la missione della Chiesa, il suo annuncio. La missione nasce da una domanda.
Quando le domande diventano banali, quando non vengono affrontate, quando non ci si interroga, si rischia di condurre una vita altrettanto banale. La Pasqua, perciò, ci invita ad elevarci e a riscoprire che l’esistenza umana non è destinata alla banalità. Non è fatta per consumarsi nella noia o spegnersi in una sorta di narcotizzazione dell’esistenza, in un’incapacità di entrare in profondità nei dinamismi della vita. La fede interpella, provoca, suscita domande.
Siamo dunque chiamati anche noi a un cristianesimo che sappia riscoprire il valore di questa esperienza di Maria di Magdala: camminare, cercare, interrogarsi. Camminare e cercare significa uscire dal “si è sempre pensato così, si è sempre agito così”, cioè da quel modo routinario che toglie alla vita poesia, creatività, gioia, capacità di vivere il proprio tempo e la propria storia.
E poi c’è la fatica del pensare, del domandarsi: tutto questo eleva il cuore dell’uomo e lo porta a scoprire qual è la sua vocazione. Ci ricorda infatti il Concilio Vaticano II, nella Gaudium et Spes, che nel mistero del Verbo di Dio fatto carne si rivela l’altissima vocazione dell’uomo. Una creatura umana senza vocazione è destinata allo smarrimento, senza comprendere qual è la propria chiamata, qual è il proprio compito. Questo è lo smarrimento. E oggi lo smarrimento è diffuso. È presente non perché in altri tempi non abbia accompagnato la vita dell’essere umano o le stagioni della storia, quanto piuttosto perché, attraverso automatismi mediatici, pensiamo di poter risolvere le domande, di poter trovare da soli le mete.
La nostra vita ha bisogno di rileggere e di scoprire i segni. Simon Pietro compirà questo gesto quando entrerà nel sepolcro: osserverà i teli posati là, e il sudario. Erano tutti segni già visti prima, già utilizzati per avvolgere il corpo di Gesù, ma ora si trovano in un’altra condizione: non il sudario posato insieme ai teli, ma avvolto in un luogo a parte.
O Signore, conduci il nostro sguardo in questo “luogo a parte”: è il luogo della fede, è il luogo dei segni, è il luogo dove possiamo vedere che Tu sei ancora presente. Donaci la grazia di non sostare in ciò che la nostra memoria può aver registrato secondo i suoi schemi concettuali, intellettuali, esperienziali. Donaci la capacità di saper spostare lo sguardo laddove Tu poni costantemente il segno della Tua presenza nella nostra vita come Signore Risorto».