Sabato 5 aprile, al termine della Celebrazione Eucaristica nella parrocchia di Santa Maria di Pisa, a Sassari, si è svolta l’assemblea parrocchiale, con la partecipazione del parroco don Nicola Carta, dei parrocchiani e dell’arcivescovo Gian Franco, che ha rivolto ai presenti queste parole:
«Credo che quanto abbiamo già condiviso nell’omelia, alla luce della Parola di Dio, si intrecci profondamente con le esperienze che voi vivete ogni giorno. È fondamentale lasciarci guidare dalla Parola: solo così le esperienze e le dimensioni comunitarie diventeranno sempre più solide e significative.
Nell’omelia ho sottolineato anche un altro aspetto: un parroco, da solo, non può farcela. Non è possibile. Ecco allora l’importanza delle ministerialità, della partecipazione. Questa è la Chiesa: una realtà che non si ripiega su se stessa, ma si apre, si dona. A volte, nelle parrocchie – e non solo – si rischia di andare avanti per inerzia. Penso, ad esempio, alle parrocchie di più recente fondazione: rispetto a quelle storiche, spesso si parte con grande entusiasmo, ci si coinvolge in modi mai sperimentati prima. Don Gavino mi raccontava dello stile creativo e partecipato che avete vissuto agli inizi della vostra parrocchia.
Il Signore ci fa comprendere che la vita di una comunità è sempre legata alle vicende della storia, perché la Chiesa è pellegrina nel tempo. È legata ai nostri cicli di vita: nascita e morte, salute e malattia, momenti belli e momenti difficili… Tutto questo incide sul cammino delle persone concrete. Ci sono momenti in cui è necessario fermarsi, guardarsi negli occhi e chiedersi: “Cosa ci sta chiedendo il Signore, oggi? Qual è il passo da compiere?”. In questi anni, Papa Francesco ci ha invitato a entrare in una logica di conversione pastorale e comunitaria. È il cammino che, anche a livello diocesano, abbiamo avviato, che stiamo vivendo e sperimentando.

Per questo vi incoraggio a continuare con questo stile partecipativo, a mantenere vive le connessioni tra persone e comunità: solo così potremo davvero costituirci, come dice il Papa, in una condizione permanente di missione. Certamente esistono ancora i missionari ad gentes, ma oggi quelle umanità che un tempo sembravano lontane sono accanto a noi: vivono nei nostri quartieri, nelle nostre parrocchie. Sono volti, lingue, culture che un tempo chiamavamo “altre”. Questa realtà ci invita a uscire dalla logica della parrocchia “dell’io” per entrare nella logica della parrocchia “del noi”. Una comunità che passa dall’io al noi è una comunità inclusiva.
In questi anni abbiamo istituito il Centro Pastorale, non come luogo di centralizzazione, ma come strumento di comunione, di supporto, di condivisione e di raccordo. Non per livellare le differenze, ma per far emergere tutte le bellezze e le ricchezze presenti nelle nostre comunità. Ci sono poi la Fondazione Accademia e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose: strumenti dedicati alla formazione, che è altrettanto fondamentale. Un parroco da solo non può formare tutti i catechisti, i ministri straordinari, gli accoliti. Ha bisogno di essere accompagnato, sostenuto.
Dobbiamo sentirci dentro un percorso condiviso, comune. Quello che vivete oggi non è disgiunto da ciò che vivono le altre parrocchie: siamo tutti parte dell’unico corpo della Chiesa. Certamente ogni realtà ha le sue peculiarità, i suoi contesti, le sue persone… ma insieme siamo il corpo di Cristo in cammino. La sinodalità è proprio questo: non un semplice “stare insieme per fare qualcosa”, ma un camminare insieme per la missione, per essere missione.
Questa è una grande ricchezza, un’occasione di rilancio che vedo con gioia. Siamo nel mezzo di un naturale cambio generazionale, che deve avvenire e che riguarda tutti i contesti.
Non dobbiamo avere timore di fare proposte, di coinvolgere le persone. Forse siamo ancora legati a una mentalità secondo cui in parrocchia fanno le cose quelli vicini al parroco, quelli che già sanno cosa fare. Ma non è così. La Chiesa ministeriale non esclude nessuno: include tutti, valorizzando però le differenze e le peculiarità di ciascuno.
Questo è il mio incoraggiamento. Andiamo avanti insieme».