Nel pomeriggio di sabato 29 marzo, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica interparrocchiale che ha segnato la conclusione della Visita pastorale nelle parrocchie del Cuore Immacolato di Maria, del Sacro Cuore e di Gesù Buon Pastore, a Sassari. La Celebrazione si è svolta nella chiesa parrocchiale del Cuore Immacolato di Maria

Di seguito il testo dell’omelia tenuta dall’Arcivescovo:
«Con l’Eucaristia della Quarta Domenica di Quaresima rendiamo grazie al Signore per il dono della Visita pastorale vissuta insieme alle comunità di Gesù Buon Pastore, del Sacro Cuore e del Cuore Immacolato di Maria. È un’occasione preziosa per ringraziare Dio per il dono dell’incontro e per l’ascolto della sua Parola. Vogliamo lasciarci guidare proprio da questa Parola, affinché il nostro ringraziamento si trasformi in uno slancio rinnovato nella nostra missione: una missione che nasce dalla sequela di Gesù, nel nostro essere discepoli missionari, annunciatori dell’amore di Dio.

La preghiera del Salmo Responsoriale riassume con efficacia la nostra fede: “Gustate e vedete com’è buono il Signore”. Il cammino quaresimale ci conduce proprio verso questa esperienza pasquale. La letizia che Dio desidera donare al nostro cuore nasce dalla capacità di gustare il Suo amore. “Gustate e vedete”: eppure, non sempre riusciamo a vedere l’amore di Dio nella nostra vita. Le ragioni sono molte: talvolta la fede è fragile; altre volte, le circostanze dolorose o impreviste oscurano il nostro cammino; a volte, è la nostra stessa superficialità a impedirci di cogliere l’amore del Signore, che invece non smette mai di cercarci.

Ecco, allora, il primo invito che desidero trasformare in un impegno concreto per tutte le nostre comunità: imparare a gustare e vedere secondo lo sguardo del Signore. Una comunità che fa esperienza della bontà di Dio diventa missionaria, perché la gioia che scaturisce da questo incontro si irradia e si comunica più efficacemente di qualsiasi campana o messaggio digitale. È una comunicazione viva, da cuore a cuore, espressione di una fede vissuta. Questo è un compito fondamentale, a cui tutti siamo chiamati secondo il magistero di Papa Francesco: gustare e vedere per poter trasmettere, come Maria, l’annuncio della gioia e dell’amore di Dio. “I vostri volti diventeranno luminosi”, dice il Salmo. L’incontro con Dio rende i volti raggianti, ci libera dalle oscurità del peccato e ci rende segno visibile del Suo amore. È quella “missione per contagio” di cui parla il Papa nell’Evangelii Gaudium.
La seconda prospettiva ci viene proposta dal Vangelo di Luca, con la parabola del “figliol prodigo”. È il racconto di chi si allontana dalla casa paterna, vivendo un’esperienza di solitudine e disagio. Ma il padre si prende a cuore proprio questo malessere. Ecco, allora, il secondo impegno per le nostre comunità: coltivare un amore capace di accogliere chi vive la lontananza, senza giudizio. Essere padri e madri dalle porte aperte, Chiese accoglienti, capaci di mettere Dio al centro e non noi stessi.

La comunità parrocchiale si edifica lasciando parlare la voce di Dio e preoccupandosi di chi non riesce più a gustare la gioia della casa paterna. Talvolta, anche all’interno della Chiesa, qualcuno può aver sperimentato il contrario: comunità incapaci di trasmettere la bontà del Signore. Per questo, il secondo aspetto della nostra missione è rendere visibile il volto misericordioso di Dio.
Il terzo elemento è suggerito dalla figura del figlio maggiore, che fatica ad accettare la festa per il fratello ritrovato. È la difficoltà a gioire per il dono della riconciliazione, il rischio di vivere la fede con la “calcolatrice in mano”, come ricorda Papa Francesco. Una fede misurata, che giudica. Ma la Chiesa non deve essere una dogana, e le parrocchie non sono dogane, bensì case: luoghi in cui si gioisce, si accoglie, si celebra la bellezza del dono di Dio. Il Pane e il Vino dell’Eucaristia ci ricordano che al centro della vita cristiana non ci sono le strutture, ma il primato di Dio e il dono della sua grazia.

In questi giorni ho potuto vedere quanta linfa di amore scorra in questo territorio: nello zelo dei presbiteri, nella vita quotidiana delle persone. Vi incoraggio ad andare avanti. Certo, lavorare insieme comporta fatica, specie in un contesto segnato da appartenenze frammentate, dove si rischia di pensare alla Chiesa come a un mezzo, anziché come al riflesso della Trinità.
Chiediamo al Signore di aiutarci a tenere insieme la dimensione umana e quella divina della Chiesa. C’è una linfa vitale che si trasmette di generazione in generazione, una fede che passa da una persona all’altra. Ho vissuto con gioia l’incontro con i bambini, i ragazzi, i giovani: momenti belli, come quello al parco di Baddimanna, dove si è preferito unire piuttosto che moltiplicare eventi. Unire non significa annullare le differenze, ma ricondurre tutto a un baricentro comune, concentrando le energie su ciò che davvero conta.
Ho incontrato anche i mondi della sofferenza, dello sport, le associazioni laiche: segni concreti del dialogo tra la soglia della Chiesa e la vita quotidiana. Ho constatato anche la fatica fisica, soprattutto nei parroci e nei loro collaboratori, ma sono situazioni note. Nei prossimi mesi, concludendo la Visita pastorale, cercheremo di capire come rafforzare la presenza pastorale in modo adeguato.
Ora, però, è il tempo dell’ascolto: ciascun battezzato deve poter dire “io sono una missione”. Questa è la sinodalità: camminare insieme, non ciascuno per conto proprio. Non è vero che il Vescovo chiuderà parrocchie o toglierà qualcosa. Queste voci sono come quelle che Papa Francesco paragona a “tarantole”: operano nell’ombra, seminano veleni. Non ascoltatele. Stiamo attraversando un tempo di cambiamento, non solo nella Chiesa turritana, ma nella Chiesa universale. Uscire non significa togliere, ma dare di più, impegnarsi di più, ravvivare ciò che già c’è.
Occorre superare il clericalismo: sia quello del chierico che vuole fare tutto da solo, sia quello del laico che pensa di poter fare a meno del presbitero. Dobbiamo promuovere, invece, quel popolo dai molti volti e colori di cui parlano il Papa e il Concilio Vaticano II: un popolo in cammino, unito, guidato dalla Parola di Dio.
Avanti, dunque, con fiducia e coraggio. Solo ascoltando la voce del Padre possiamo liberarci da quell’amarezza che ci fa dubitare del Suo amore. Entrambi i figli della parabola vivono questa amarezza: uno è smarrito e teme di non poter tornare, l’altro è chiuso nella sua presunzione. Ma nessuno dei due è in pace. Il male semina amarezza; il bene, invece, produce frutti buoni. E purtroppo, il veleno esiste, come le tarantole che vanno e vengono con il chiacchiericcio. Ma noi chiediamo al Signore una stagione nuova, più luminosa.
Questo territorio è bello, ricco di famiglie giovani, ma anche segnato da povertà che interpellano la Chiesa. La via non è l’individualismo: da soli non si risolve nulla. “Nessuno si salva da solo”, ci ricorda il Papa. La parabola dice che il figlio più giovane ritrova la salvezza perché torna in una casa che sa fare festa; l’altro, invece, si isola nella sua solitudine. Anche le nostre comunità devono sapersi decentrare, per intraprendere questo cammino nuovo.
Vi ringrazio per queste giornate intense e significative. La Visita pastorale non è una conclusione, ma una tappa del cammino. Vi incoraggio a partecipare agli appuntamenti ecclesiali della nostra diocesi. Invito i parroci a promuovere la formazione del laicato: catechisti, lettori, accoliti e le nuove ministerialità di cui c’è sempre più bisogno. Ringrazio le suore Figlie di San Giuseppe, le Missionarie di Gesù Crocifisso e le Suore del Getsemani: la loro presenza è preziosa.
Invito gli animatori parrocchiali, insieme ai parroci, a valorizzare il Seminario diocesano come punto di riferimento per il discernimento vocazionale. Le vocazioni si coltivano nel tempo: il Signore continua a chiamare tanti giovani, ma occorre accompagnarli con saggezza, equilibrio e rispetto per la loro crescita personale. Proprio come il padre della parabola che accompagna entrambi i figli.
Le nostre parrocchie e la nostra Chiesa diocesana siano luoghi dove si riscopre la bellezza della vita discepolare e del cammino della Chiesa, popolo di Dio dai molti volti».