Natale del Signore: Solenne Pontificale in Cattedrale

25 Dicembre 2024 | News, primo piano, vescovo

Mercoledì 25 dicembre, nella Cattedrale di San Nicola, a Sassari, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto il Solenne Pontificale in occasione del Natale del Signore.

 Si riporta di seguito l’omelia dell’Arcivescovo:

 «La celebrazione del Natale del Signore che la liturgia ci propone è ricca di grandi misteri e porta al mondo il lieto messaggio del Verbo di Dio che si è fatto carne. Viene a noi rivolto l’annuncio che un giorno santo è spuntato per noi. Un giorno che è sempre presente, che non ha un inizio e non ha un termine. A questo grande mistero della liturgia si pone davanti la realtà storica nella quale questo mistero viene annunciato. Anzitutto quello di ciascuno di noi, che puntualmente riceve il dono di questo annuncio. Ma vi è anche il più ampio cerchio dei battezzati, che hanno accolto il dono della fede in Cristo, ma che forse hanno perso per molte e svariate ragioni la possibilità di conoscere questo mistero come una realtà sempre viva, sempre attuale, una liturgia continua. Vi è quindi nella nostra storia, anche per chi ha aderito alla fede cristiana, una forte discrasia tra la celebrazione costante e continua del mistero liturgico del Natale del Signore e la vera consapevolezza di questa fede.

 Essere cristiani consapevoli è importante. La consapevolezza è propria del cristianesimo. L’annuncio cristiano non è segnato dall’adesione senza consapevolezza. Una parola è costantemente risuonata nel Vangelo di oggi: la parola “accogliere”. L’accoglienza è un atto della persona, è un atto soggettivo, non è un atto di delega, ma una scelta. È una possibilità che si pone davanti a noi. Ma vi è poi un’altra parola, quella del testimone, del testimoniare. La fede non è solo il frutto di un’elaborazione privata, ma essa è anche il frutto di una trasmissione interpersonale, dell’adesione ad un mistero che talmente ci ha contagiati, talmente ci ha posseduti, che sentiamo il profondo bisogno di annunciarlo, di testimoniarlo. Questa è la missione di Giovanni Battista che, come testimone, prepara.

 Noi per troppo tempo abbiamo dato alla parola testimonianza un significato moralistico, per cui essa ha perso il vero significato della comunicazione della fede. Quindi questo ha impoverito la dinamica della trasmissione della fede che non è una dinamica dogmatica, ma una dinamica che passa attraverso il Popolo Santo di Dio. Il grande pensatore John Henry Newman, prima presbitero anglicano, poi approdato alla fede cattolica e diventato cardinale, ha dedicato tanto del suo tempo per porre al centro della sua attenzione una domanda essenziale. Come affrontare il problema del rapporto tra la fede e la vita quotidiana, in un’epoca nella quale lo scetticismo fa parte del pane quotidiano dell’individuo?

 Non sempre lo scetticismo è qualcosa di negativo. Vi è uno scetticismo sistemico, negativo, secondo cui la persona mai sembra voler accogliere in comunità le conquiste di pensiero, di fede degli altri; e vi è poi uno scetticismo più positivo che è quello di chi si domanda, di chi si interroga, di chi cerca di cogliere il cammino.

Come comunità ecclesiale che vive l’esperienza del sinodo, l’esperienza della Visita pastorale, l’inizio dell’Anno Santo, non possiamo non sostare per domandarci quale sia il rapporto tra la fede e la vita quotidiana, tra questo annuncio,oggi solennissimo nelle grandi liturgie, e la via perché esso raggiunga il Popolo Santo di Dio. Giovanni il Battista oggi diventa una delle figure essenziali nella missione della Chiesa. È colui che prepara la strada, che accompagna, è colui che indica. Abbiamo bisogno di riscoprire la missione di una Chiesa capace di accompagnare, capace di indicare.

 San Paolo VI, meditando sul Natale, ci ricorda che esso è il punto d’arrivo di due lunghi e ben diversi itinerari che si incontrano: “L’itinerario misterioso di Dio, esce alla fine dalla nube, sempre più luminosa, delle profezie, si avvicina in modo nuovo, soprannaturale, alla nostra terra, alla nostra storia; e approda infine nell’inattesa umiltà di Betlem.” Questo è un itinerario. Ma vi è poi altro itinerario: è l’itinerario a noi richiesto, spesso tortuoso, spesso affaticato. Un itinerario, talvolta sfuggente, che cerca una speranza superiore, che cerca e spera di arrivare a Dio, è la speranza di scoprirlo e di incontrarlo. Il Verbo si fece carne, perciò il Cristo, il Logos, la Parola che era nel principio, si è resa visibile agli occhi della carne. Ma alla visibilità esteriore è stata donata l’esigenza dell’accoglienza interiore. E perciò in questa festa, che è una festa di speranza, è una festa nella quale ogni persona può sperare nel conoscere, nello scoprire il senso profondo della meta della propriaesistenza.

 Il Natale è anche una festa di missione, cioè una festa di impegno, di comprensione, di uno sforzo della ragione, di un superamento di quelle prassi abitudinarie che ci collocano in quelle posizioni solite senza riuscire a compiere quei passi necessari per preparare la via al Signore. Il mistero della Chiesa è proprio un mistero di sacramento, di segno, di strumento di intima unione tra Dio e il genere umano. Perciò, mentre celebriamo il Natale, celebriamo il mistero di Dio e celebriamo anche il mistero della nostra vocazione che ci interpella e attende una risposta».

Pin It on Pinterest