Martedì 22 ottobre, a Thiesi, nella Sala Aligi Sassu, in occasione della Visita pastorale l’arcivescovo Gian Franco ha incontrato gli Operatori pastorali del territorio. All’incontro, insieme ai rappresentanti dei gruppi parrocchiali di Thiesi, Torralba e Cheremule, hanno partecipato don Luigi Casula, don Paolo Mulas e don Piero Paulesu.
Di seguito si riporta la riflessione dell’Arcivescovo.
«La Visita pastorale è un’occasione di incontro e di ascolto. Negli incontri, come questo che ci vede impegnati, c’è la parte più relazionale e più pastorale della Visita. Vi è, infatti, una parte più amministrativa, svolta dai responsabili degli Uffici di Curia, i cosiddetti convisitatori.
Vorrei anzitutto porre in evidenza il fatto che nelle narrazioni fatte negli incontri come questo, a livello interparrocchiale, emerge il tessuto di partecipazione delle nostre comunità. Questa è una delle questioni più importanti da mettere in rilievo. L’appartenenza alla Chiesa non è solo un fatto privato, non è solo un fatto individuale, ma è una vocazione di servizio, di apertura agli altri. Qui emerge in modo pratico, in modo concreto, questa tipologia di esperienza, di lavoro. L’altro aspetto che emerge è quello di una sinodalità interna alla parrocchia.
Come è stato sottolineato in un intervento, capita che talvolta si appartenga a più gruppi. Questo, in sé, non è un male, se l’appartenenza è un modo per favorire lo sviluppo di alcuni settori pastorali. Credo che in ogni servizio sia fondamentale custodire la libertà nel capire quando è arrivato il momento di dare il testimone ad un’altra persona, non per disimpegnarsi, bensì per allargare la partecipazione. Mi sembra che questo sia un aspetto da valorizzare e da mettere in evidenza. Papa Francesco ci ricorda che chi evangelizza è il popolo di Dio. Ed essere Chiesa significa essere popolo di Dio. Anche gli aspetti strutturali di una parrocchia sono finalizzati e funzionali all’evangelizzazione. Le diverse appartenenze e i vari servizi nella parrocchia sono diverse dimensioni della vita del popolo di Dio, sono diverse dimensioni dell’annuncio del Vangelo nelle situazioni specifiche delle persone. La vocazione propria, la vocazione di ogni battezzato,assume un volto, assume un colore, cioè si manifesta in una forma concreta.
Desidero ringraziarvi e incoraggiare l’evangelizzazione, l’annuncio del Vangelo. Camminiamo insieme. Stiamo lavorando nella stessa vigna del Signore, per la stessa causa. Talvolta potrebbe prevalere l’idea dell’autorità. È vero: il Vescovo ha il suo ruolo di autorità, come ogni sacerdote, ma siamo tutti dentro una logica di servizio per la causa del Regno di Dio. Questo trasforma tutto il nostro stile nel metterci a disposizione e lo motiva anche nei momenti di fatica. Mettersi a servizio è davvero un atto evangelico; rientra in quella dimensione di Gesù che chiama dicendo: “Vieni e seguimi”. Coloro che lo hanno seguito sono diventati apostoli, ma prima di tutto furono discepoli. Anche noi siamo chiamati a vivere la conversione pastorale, la nostra adesione a Cristo, sempre più convinta e sempre più decisa e decisiva.
Papa Francesco indica qualche tentazione che può essere negli operatori pastorali, cioè in noi tutti, senza distinguere tra preti elaici: parla del popolo di Dio in generale. Si tratta di alcune tentazioni che possono rallentare il nostro cammino oppure non renderlo gioioso. Anzitutto il Papa dice che vi è bisogno di creare spazi adatti a motivare e risanare gli Operatori pastorali. Questo è un primo obiettivo che ci siamo dati da quando sono qui a servire la nostra Chiesa Turritana: motivare e risanare gli Operatori pastorali e creare luoghi in cui rigenerare la propria fede in Gesù crocifisso e risorto, in cui condividere le proprie domande più profonde e le preoccupazioni del quotidiano. Questo è un aspetto importante perché il Papa parla di motivare e risanare. Motivare perché viviamo in una società secolarizzata, cioè in una società dove non tutto ruota più attorno al campanile. Penso alla catechesi, ai giovani, ai ragazzi, ai bambini e alle famiglie. Noi non siamo chiamati a fare una pastorale di colonizzazione, di contrapposizione, nella pastorale non dobbiamo fare la guerra a nessuno. Siamo chiamati a dialogare con le situazioni di oggi, con il mondo di oggi, consapevoli che questo rende molto più faticoso il lavoro di un parroco, di un vicario parrocchiale, di un vescovo, di un laico, di tutti. Su questo il Papa dice che dobbiamo avere una motivazione profonda: la fede in Gesù crocifisso e risorto. Dobbiamo strutturare la nostra Chiesa partendo e ripartendo sempre da questa fede. La motivazione qui ci aiuta nei vari ambiti, nei vari settori.
Qui a Thiesi vi è un gruppo che si riunisce mensilmente per la recita comunitaria del Rosario. È una cosa molto buona: la preghiera è il respiro di Dio. Il Signore nella preghiera ci guida, lo Spirito Santo ci accompagna. Nella preghiera noi presentiamo al Signore tutte le nostre gioie, tutte le nostre fatiche; la preghiera è il luogo dove si costruisce la fraternità di una parrocchia e di una diocesi. La Messa domenicale è il punto nodale. Non è il dovere, non è l’obbligo, non è l’adempimento alla norma: è l’appuntamento di famiglia. Nella catechesi vi sono nuovi linguaggi, nuove modalità, anche il fatto di e creare questo equilibrio intergenerazionale tra catechisti di una certa età e catechisti molto giovani è una cosa buona perché aiuta a interpretare i linguaggi, a cogliere i nuovi linguaggi, a comunicare con i ragazzi, con i bambini. La catechesi è un grande servizio anche alla famiglia.

Papa Francesco dice che ci sono alcune cose che dobbiamo risanare. Tutti noi abbiamo necessità sempre di una verifica nel nostro cammino per evitare di cadere – come dice il Papa – nell’accidia egoista che talvolta ci distoglie dal dinamismo missionario. Oggi c’è questa difficoltà perché talvolta abbiamo l’ossessione del tempo personale, ma trovare la disponibilità sostanzialmente dipende anche da questo. La libertà del vivere a sentimento momentaneo non è una sana libertà. Lo spirito di servizio nella libertà del sentimento momentaneo – direbbe San Paolo – non ci consente di aprirci agli altri.
Papa Francesco ci invita a non cadere nel pessimismo sterile, cioè a non scoraggiarci, a non perderci d’animo, ma ad andare avanti. Questa dimensione è sicuramente sempre più importante, perché incontrarci insieme ci aiuta a non scoraggiarci. Anche nell’esortazione finale di don Luigi è stato messo in evidenza quanto questa sia una dimensione che aiuta. È un cammino che abbiamo attivato: sicuramente va potenziato ma c’è stato un passaggio di metodo da uffici pastorali che erano statici ad uffici più dinamici, territoriali. Ma c’è ancora tanto da camminare e anche individuare le figure richiede un po’ di tempo. Occorre non perdersi d’animo quando ci si trova dentro le difficoltà; occorre non perdersi nell’oscurità, ci dice papa Francesco. Davanti alle sconfitte, a qualcosa che non funziona, che non è andata bene, nonsi deve cadere nella sfiducia e non si deve perdere il fervore e l’audacia. Non tutte le cose che facciamo possono funzionare: può capitare in parrocchia, in diocesi, in famiglia, nel mondo del lavoro. Pensiamo però a saper osare, a sperimentare. Se poi c’è da raddrizzare il tiro, lo si raddrizza.
Non dimentichiamo il grande servizio che fa l’Operatore pastorale che porta gioia, che porta fiducia, che porta speranza. In particolar modo, quelle indicate prima nei vostri interventi, sono ministerialità di speranza per le persone fragili. Portare a casa l’Eucarestia ad una persona impossibilitata ad andare in chiesa a causa della vecchiaia o della malattia, è davvero un ministero di speranza.
Vorrei sottolineare l’importanza del rinnovare le relazioni interpersonali in Gesù Cristo. Quando il sacerdote nell’Eucaristia dice “Fratelli e sorelle”, ci ricorda chi siamo in quel momento: una comunità di fratelli e di sorelle che si rinnovano e ci rinnoviamo costantemente. Questo è il sinodo, questo è il cammino sinodale, lo stile sinodale è questo. Anzitutto non è organizzazione, ma questo rinnovare le relazioni in Cristo. Questo si sviluppa a cerchi che si allargano sempre di più, a partire dalla parrocchia, verso la zona foranea, tutta la diocesi; da dentro il singolo gruppo aigruppi. Questo può aiutarci a risanare – dice il Papa- ci libera e genera speranza. Papa Francesco dice: uscire da sé stessi per unirsi agli altri fa bene.
La partecipazione tra gruppi mi sembra una cosa molto buona. Come anche l’aspetto ecclesiale e l’aspetto civile che trovano punti di convergenze, di dialogo, di incontro, è una cosa molto positiva,perché il bene è contagioso. Chiudersi in sé stessi significa assaggiare il veleno dell’immanenza, di una scelta egoistica. Anche le parrocchie imparino a trovare sempre più la via della collaborazione, e non si chiudano in sé stesse. Ci sono degli appuntamenti della Forania già collaudati che funzionano perché pensati in un’ottica di collaborazione, in un’ottica interparrocchiale. Mi viene in mente, ad esempio, la Via Crucis che per tanti anni ha coinvolto le parrocchie del Meilogu, e si è svolta a Sorres o a Cheremule. Queste sono delle belle cose, delle buone cose.
Quando parliamo delle ministerialità, ricordiamo che si tratta di servizi che hanno una conformazione particolare, cioè ministerialità istituite, ministerialità di fatto, nuove ministerialità. Ministerialità di fatto sono tutti quei servizi che ciascuno fa, ispirato dal suo stato di vita. Una mamma è un ministero di fatto, un babbo è una ministerialità di fatto, tanto per fare degli esempi. Poi vi sono le ministerialità istituite, come i lettori e gli accoliti,che è diverso dal gruppo dei lettori. Mi fa piacere che ci sia un bel gruppo di lettori allargato: la non improvvisazione della proclamazione della Parola di Dio è molto importante. Quanto impegno e quanto tempo richiede organizzare l’Eucaristia!L’Eucaristia è il luogo dove il popolo dai mille volti può venire fuori: c’è spazio per tutti e si vede una Chiesa in cammino. Nella Messa è bello vedere che tutti partecipano non da spettatori, come a teatro, ma da protagonisti, nel senso buono di questa parola.
Ricordo comunque che nella parrocchia il presbitero è l’unico ministro dell’Eucaristia perché è lui che presiede l’Eucaristia. Gli altri sono Ministri della Comunione, nel senso che il Ministro della Comunione può essere o un accolito o un Ministro straordinario che il parroco individua. Ecco, io penso che queste ministerialità siano molto importanti. Nell’Eucarestia, nel proclamare la Parola di Dio, non si può mai prescindere dal parroco. Proclamarla nella liturgia, intendo dire, perché proclamarla nella vita è una missione di ogni battezzato. Però nella celebrazione della Messa è il parroco che presiede la comunità eucaristica. Questa è l’insostituibilità del sacerdote. È la grazia del dono del sacramento dell’Ordine, la bellezza che va sempre più riscoperta. L’Eucarestia nessuno di noi è degno mai né di presiederla e neanche di riceverla; Gesù non viene incontro a noi perché siamo degni, ma ci viene incontro perché siamo fragili e deboli. Altrimenti non ci sarebbe stato bisogno dell’Eucaristia,che è il pane dei deboli, come lo ha definito San Tommaso d’Aquino.
Un altro aspetto è quello della sofferenza, della malattia. Qui a Thiesi avete la fortuna di avere dei sacerdoti che hanno esperienze differenziate, che messe insieme sono una ricchezza. Andiamo a trovare il Signore sofferente, è un ministero che non va clericalizzato, ma deve rimanere dei laici, coordinati dal sacerdote. È importante il legame con la liturgia dell’Eucaristica, con la Messa. Quella particola, l’ostia, diciamo, non ci sarebbe senza la Messa. Non ci potrebbe essere. I Ministri della Comunione svolgono un ministero importante, un grande apostolato non solo a favore dell’anziano o della persona malata, ma di tutta la famiglia. Cosa c’è di più comunione dell’assunzione dell’Eucaristia? Gesù ha voluto divenire cibo perché attraverso quel pane consacrato vive nelle nostre vene come il nutrimento del pane e del vino, di quello che mangiamo. Oggi c’è nuovamente la tendenza a materializzare il sacramento dell’Eucaristia, invece il sacramento dell’Eucaristia è relazionale.
So che ci sono persone tra voi che stanno partecipando agli itinerari attivati sulle ministerialità istituite e sulle nuove ministerialità: vi incoraggio ad andare avanti e a proseguire in questo cammino».