Nel pomeriggio di domenica 20 ottobre, l’arcivescovo Gian Franco è stato accolto nel santuario di N.S di Seunis, per l’inizio della Visita pastorale a Thiesi. Insieme a don Luigi Casula e don Piero Paulesu, l’Arcivescovo è stato accolto dagli amministratori comunali guidati dal sindaco Gian Franco Soletta, dalle autorità militari del territorio e da tantissimi fedeli della comunità parrocchiale. L’interparrocchialità, che caratterizza diversi momenti della Visita pastorale, è stata contrassegnata dalla presenza di don Tonio Sau, don Paolo Mulas e don Pietro Faedda, Vicario della Forania di Sorres.
Di seguito riportiamo l’intervento dell’arcivescovo Gian Franco:
«La Visita pastorale è uno dei compiti del mio ministero che faccio con più piacere: è la parte più relazionale e anche quella che dà più soddisfazione, perché si sente il contatto con i sacerdoti, con il popolo di Dio. E questo è molto bello. Poi c’è la parte più burocratica, che è un po’ asettica nella vita di un Vescovo, ma è anch’essa importante per il servizio ai fratelli.
Desidero sottolineare che i nostri paesi, come Thiesi,possiedono una grande ricchezza non solo materiale ma anche spirituale. Percorrendoli emergono queste ricchezze perché nella storia delle nostre comunità è custodito un grande tesoro: la fede! Con San Paolo possiamo dire che questo tesoro oggi è custodito in vasi di creta, non solo perché noi siamo fragili e deboli ma perché, come è stato sottolineato nei saluti che mi sono stati rivolti, noi attraversiamo un momento di passaggio. Questo vaso di creta rappresenta la fragilità del momento. In questa fragilità è contenuto un tesoro che noi non possiamo buttare via: è la fede in Gesù, la fede nel Signore, la ricchezza di ogni persona, il valore umano di ogni individuo.
“Noi siamo dei traghettatori”, ha sottolineato don Luigi nel suo saluto, traghettatori di un’epoca. Come diocesi abbiamo attivato dei percorsi, degli itinerari. Questa è la missione che riguarda il nostro tempo: congiungere le radici del passato con un avvenire che non si vede bene. Tornando indietro di una settantina d’anni, i nostri predecessori, che hanno partecipato attivamente alla rinascita della Sardegna, hanno fatto un po’ questo: sono stati protagonisti di un cammino di rinascita. È bello riproporre questa missione, ed è bello compierlo qui nel santuario della Madonna di Seunis,perché Maria è all’origine della rinascita della storia dell’umanità. Ogni volta che si dona a Gesù c’è una rinascita perché nasce qualcosa di nuovo.

Penso che il senso di tutto quello che noi stiamo vivendo, anche a livello diocesano, nel Cammino sinodale, nella Visita pastorale, nei processi di accompagnamento, abbiano solo questo orientamento: far sì che ripartendo da Gesù ci sia una rinascita e noi ne siamo i responsabili, ne siamo i traghettatori. Non vuol dire che tutto ciò che esisteva nel passato è qualcosa che non era buono. Anzi, era buono.Però siccome cambia il vissuto delle nostre comunità, noi dobbiamo far sì che Gesù venga annunciato oggi, venga conosciuto oggi. Dobbiamo far sì che le nostre comunità respirino con i polmoni della fede del tempo presente.
Tutto ciò è davvero un impegno missionario. Sostanzialmente tutti ci siamo trovati dentro un’azione missionaria più o meno senza averlo scelto. Prima il sindaco richiamava la partecipazione di due suoi zii all’azione missionaria nelle terre più lontane e la nostra diocesi di Sassari ha dato tanti contributi preziosi per la missione. Oggi la missione è qui, nelle nostre strade, è dappertutto. Noi siamo chiamati ad uscire, ad andare. Ecco il camminare insieme per promuovere nelle nostre parrocchie quella che papa Francesco chiama “la cultura dell’incontro”. È un impegno importante. Il progetto pastorale contiene le prospettive pastorali, che non tendono a cancellare la vita di una parrocchia, ma mirano a far sì che l’usura del tempo non la cancelli, a far sì che il tarlo del chiuso non la rovini.
Proviamo ad immaginare cosa avviene quando chiudiamo una casa bella con dentro tanti mobili preziosi. Se noi la teniamo chiusa, all’umido, alla muffa, il tarlo rovina tutto. Ecco, un po’ questa immagine riguarda anche noi. Se la Chiesa si chiude in sé stessa, pensando che da fuori non entri nessuno, che fuori non ci sia nessuno e non possa esserci partecipazione, la “muffa” della lamentazione, del malcontento, del malessere, non aiuta perché rovina ancora di più. Invece l’apertura ci aiuta a condividere, a far sì che davvero i campanilismi non diventino la ragione soffocante del nostro cammino. È la sfida che il Signore oggi pone davanti a noi. Con fiducia, con affidamento profondo al Signore, a Maria, ai nostri santi patroni, andiamo avanti nel nostro cammino. Nei prossimi giorni, nella semplicità e nella spontaneità, perché questo è lo stile della Visita pastorale, proseguiremo il cammino, il percorso di incontro, di conoscenza e di riflessione condivisa.
Vorrei sottolineare che Thiesi è una comunità partecipe al Cammino diocesano. Questo è molto bello, molto positivo. Significa che non c’è una chiusura, non c’è refrattarietà. Ci sono le fatiche che ci sono dappertutto e questo è normale.
La mia parola è un grazie sincero, è una parola di fiducia e di speranza perché il Signore saprà come far fruttificare ciò che seminiamo nel silenzio e nel nascondimento».
