Venerdì 20 settembre, nel Teatro Verdi di Sassari si è svolta l’Assemblea ecclesiale diocesana. All’importante momento di vita diocesana, che dà avvio al nuovo anno pastorale, hanno partecipato i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laci provenienti dalle comunità parrocchiali della diocesi. All’incontro hanno partecipato anche le autorità civili, accademiche e militari della città e della provincia di Sassari. “Riuniti dallo Spirito Santo, camminando tutti insieme per generare speranza”, il tema scelto per l’assemblea.
Dopo i saluti del moderatore Franco Spada, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro sono intervenuti per un saluto ai partecipanti all’assemblea il sindaco di Sassari e il rettore dell’Università di Sassari. La relazione centrale dell’assemblea è stata tenuta dalla professoressa Giuseppina De Simone, membro della Presidenza del Cammino sinodale delle Chiesa in Italia. Precedentemente il professor Michele Corona, docente di Sacra Scrittura presso l’ISSR di Sassari, ha tenuto la lectio divina sui capitoli 1 e 2 degli Atti degli Apostoli.

L’arcivescovo Gian Franco, dopo aver ringraziato tutti i partecipanti all’assemblea, ha detto:
«Un’assemblea ecclesiale è un’occasione di preghiera, un’occasione di ascolto dello Spirito, un’occasione di riflessione, un’occasione di coinvolgimento, di partecipazione. Oggi siamo qui riuniti perché c’è un dinamismo che viene incoraggiato. E il processo dei cantieri sinodali va in questa direzione: che ogni parrocchia diventi un cantiere sinodale, ogni realtà ecclesiale diventi un cantiere sinodale. Questo significa accettare di lasciarsi interpellare dal cambiamento.

Ma chi è che produce il cambiamento? Lo Spirito Santo. Questo davvero ci aiuta a pensare, agire e coinvolgerci. Una Chiesa in movimento rimanda a un dinamismo, a un dinamismo da promuovere, da incoraggiare, da sostenere, da portare avanti. Quando nei mesi scorsi il Santo Padre ha ricevuto i parroci ha detto loro di ritornare nelle rispettive diocesi divenendo capaci di contagiare la sinodalità: “Avete vissuto un’esperienza di sinodalità, contagiate la sinodalità”. Chi sono i destinatari di questo contagio? I confratelli, la comunità, la parrocchia.

È bello che a volte sia il laicato a contagiare il presbitero. Questo bel dinamismo non toglie nulla ai ruoli di ciascuno, non toglie nulla all’identità sacramentale dell’Ordine sacro, ai sacramenti degli stati di vita, ma forse ci aiuta a rileggerli in modo più partecipativo. Gli stati di vita non sono stati di separazione nella Chiesa, ma di partecipazione, di presenza, di vita. Ecco, quindi, l’importanza degli artigiani di comunità e facilitatori.

L’intervento della Prof.ssa De Simone ha richiamato la dimensione delle ministerialità come servizio e corresponsabilità. Sono tante queste dimensioni nella società nelle quali il cristiano può essere un fermento di cambiamento, un lievito di cambiamento. Queste ministerialità non si improvvisano, hanno bisogno di una preparazione. Occorre mettersi in gioco, scendere in campo, divenire partecipi di questo dinamismo tra la soglia e il focolare. Non dobbiamo avere paura di incontrare il focolare, e non dobbiamo avere paura di incontrare anche la soglia. Credo che la prossima Visita pastorale nella città di Sassari in questo senso sarà un’occasione, un’opportunità. Il mio desiderio è di incontrare durante la Visita anche chi pubblicamente si proclama agnostico o ateo, perché abbiamo sempre necessità di ascoltare.

In sintesi, il dinamismo degli Atti degli Apostoli ci invita a maturare un’attitudine che nell’ultima lettera pastorale indicavo come di “fare dello straniero un ospite”. Anche un pensiero nuovo all’inizio può far difficoltà nella sua recezione. Per recepire il cambiamento occorre compiere la scelta di rielaborarlo e farlo diventare parte del nostro percorso. Questo richiede una disponibilità interiore. La sfida che abbiamo davanti è una sfida positiva, è una sfida di partecipazione a quello che viene definito il cosmopolitismo quotidiano.

È importante per noi non disgiungere e non dissociare le strutture pastorali che sono situate nella città da quelle dei piccoli paesi. Occorre creare una dimensione partecipativa che deve coinvolgere l’intero corpo ecclesiale. Si parla della città metropolitana, si parla di unioni dei comuni: sono strutture sociali che hanno una loro identità. E possono esserlo non solo dal punto di vista dei confini geografici, ma proprio in modo antropologico».