Il 14 marzo, durante il ritiro spirituale del clero turritano, si è iniziato con una Liturgia penitenziale in preparazione della Pasqua, ormai vicina. A tutti è stato distribuito il mini-libretto di “Padre Manzella uomo di Dio tra la povera gente”, appena pubblicato.
Durante la preghiera liturgica dell’Ora Media, l’arcivescovo Mons. Gian Franco Saba ha intrattenuto i partecipanti sul loro cammino quaresimale, sempre incentrato liturgicamente sull’itinerario biblico della Liberazione del Popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto per mezzo di Mosé.
Successivamente, durante l’Esame di coscienza preparatorio alla Confessione sacramentale, è stato posto l’accento sulla figura esemplare di Padre Manzella e su alcuni aspetti della vita sacerdotale che possono essere migliorati prendendo spunto dal suo esempio.
La vita spirituale
Un parroco di Bultei scrisse così nella Missione popolare dell’autunno 1918:
“Venne a predicare la missione il signor Manzella con un suo confratello. Capitò un fatto sconcertante. Per tutta la prima settimana nessuno quasi veniva alla predica, tanto meno ai sacramenti. Si raccomandava, si insisteva dal pulpito: inutilmente.
Il signor Manzella capì che bisognava cambiare tattica: invece di predicare in chiesa e battere le vie del paese, occorreva preghiera e mortificazione. Il missionario si diede allora a digiunare, a vegliare, a flagellarsi, forse. Fatto sta che la situazione, che pareva disperata, cambiò all’istante come per miracolo …
I parrocchiani si svegliarono dalla loro indifferenza e la missione, sebbene già verso il termine, ebbe tuttavia un esito trionfale. Mai si ebbe a Bultei missione più fruttuosa … Le anime si comprano a questo prezzo. La grazia divina opera unicamente per la santità predicante” .
Nel febbraio 1915 padre Manzella confidava alla Serva di Dio Leontina Sotgiu:
“In questi giorni, come in altri tempi, mi venne un pensiero che mi pare venga da Dio. Io dico che Gesù mi lascia nell’aridità, però opera lo stesso in me in altro modo. Io mi sento tanto amore per salvare le anime.
Lavoro da disperato, e non lo faccio né per farmi vedere, né per lode. Ma perché so che piace a Gesù. Mi vergogno di dirlo, ma molti miei confratelli non si sentono di sacrificarsi tanto. Chi mi dà tanta buona volontà e tanto sacrificio? Mi pare sia quel Gesù che mi nega un po’ di fervore ….” .
Ci domandiamo: che ruolo hanno la preghiera e la mortificazione nella nostra vita sacerdotale e nella pastorale?
Impegno pastorale
Nella predicazione missionaria manzelliana, gli ultimi giorni erano dedicati soprattutto alle confessioni degli uomini, i quali normalmente si assiepavano letteralmente anche fino a tarda ora della notte.
A Berchidda gli capitò persino di dover cedere al sonno nel confessionale. Così racconta il suo superiore signor Scotta, suo compagno in quella missione:
“La vigilia della chiusura si stava confessando in sacrestia una massa di umini fino a tarda ora, senza vederne la fine. Le ore passavano, ma la folla dei peniteti non diminuiva. A un certo punto noto che il signor Manzella, stanco dalla fatica, s’era addormentato. I suoi clienti, per non rompergli il sonno passavano in punta di piedi dalla parte mia. Trascorsa ormai la mezzanotte, decisi di concludere, per riprenderle al mattino presto. Allora pregai quattro robusti giovanotti di sollevare di peso il seggiolone e portare il missionario nella sua camera. Lo adagiarono così accanto al suo letto. Alle quattro del mattino, suonata la sveglia, rientro nella sua camera e lo trovo che dormiva saporitamente. Svegliato, corre al catino per lavarsi, ripetendo: “Ieri ero così schiavo del sonno che non mi ricordo affatto del come e quando sono venuto a dormire”. “Me ne ricordo io” gli osservai. Rise di gusto al pensiero che era stato portato in sedia come il Papa”.
Ci domandiamo:
Quale è la nostra dedizione al ministero delle Confessioni?
Se la Quaresima non sfocia nella Confessione pasquale, c’è forte il rischio di vanificare, da parte di molti parrocchiani, anche questa Quaresima.
Rapporti pastorali con i parrocchiani
Nel gennaio 1923, padre Manzella scriveva così a mons. Albino Morera, piemontese, da pochi mesi diventato vescovo di Tempio e Ampurias:
“Io sono Manzella Giovanni Battista, prete della Missione, dei missionari di Chieri e di Torino, che da oltre ventidue anni giro per la Sardegna nelle Missioni e la conosco bene. Nei popoli sardi io trovai tanta fede, umiltà, e una spiccata ospitalità …
Io girai la Sardegna per il largo e per il lungo, di notte e di giorno, a piedi e a cavallo; non ebbi mai la lamentare il più piccolo insulto, anzi trovai sempre affabilità e rispetto”.
Esaminiamoci: Com’è il nostro rapporto con i parrocchiani?
Cerchiamo di creare comunione con loro, sentendoci a loro servizio?
Valorizziamo le loro capacità positive e di corresponsabilità?
Gesù dice anche a noi oggi: “Da questo vi riconosceranno miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.
La comunione presbiteriale
Amico e formatore del clero, così lo ricordava il Vicario generale, canonico Damiano Filia nel trigesimo della morte:
“Conservo sempre, trentasette anni or sono, viva e dolcissima la memoria della sua prima apparizione nella cappella del Seminario, il giorno di S. Cecilia. Lo rivedo, nel ricordo, vicino ai nostri banchi di chierici, in un velo di sole, con qualche lacrima negli occhi. Dietro le lacrime la mamma, le rimembranze nostalgiche del cuore, puro, scalpellinato dalle prove della regola. Era venuto, ci disse, per fare la volontà di Dio. Perciò ci amava e sarebbe restato con noi. Restammo conquistati dalla semplicità, nuova per molti, della parola e del gesto, dall’aureola di umiltà nel suo viso accogliente. Da quel giorno era sempre desiderato e presente come l’amore alle nostre feste, alle nostre preghiere comuni; era l’angelo che non si distacca mai”.
Mons. Nicolò Frazioli, vescovo di Bosa, così ne parlava nel 1943:
“Il signor Manzella tenne per cinque anni l’ufficio di Direttore spirituale in Seminario, poi fu destinato ad altri uffici. Ma può dirsi, in certo senso, che dal Seminario non si allontanò mai più, perché vi veniva chiamato o per dettare Esercizi spirituali, o come confessore straordinario. Negli ultimi anni, poi, della sua vita, vi riprese l’antico posto, con lo stesso zelo e la stessa attività … Non dimenticò più i suoi antichi chierici, che ritrovava, o in città, occupati in diversi ministeri, o più spesso nei paesi dove si recava per le Missioni, e per essi era una festa riceverlo. E spesso li rivedeva nella Casa della Missione, quando – e avveniva con frequenza – vi predicava i santi Esercizi al Clero e, più tardi, il ritiro mensile. E, cosa notevole, la sua parola tante e tante volte sentite, e volutamente semplice e disadorna, era sempre gradita ed efficace, e non stancava mai, animata com’era da un grande spirito di fede, e da un traboccante amore a Dio e alle anime …”.
E il parroco di Berchidda Don Pietro Casu nel 1940 aggiungeva: “Veniva tra noi con tutta l’anima colma di propositi di bene, come inviato di quel Gesù che passò beneficando: veniva come Padre tra i figli, come fratello tra i fratelli. E per trentasette anni pieni e fecondi Egli fu per noi un vero straordinario dono di Dio”.
Infine, mons. Giovanni Pirastru, vescovo di Iglesias, nella commemorazione annuale del 1945 metteva in evidenza il suo amore profondo per tutti i confratelli sacerdoti e i chierici del Seminario Turritano, e non solo:
“Amò il Sacerdozio, nel Sacerdote onorò, venerò il legato di Cristo, Re d’amore e di grazia. Verso i Sacerdoti usava atti di rispetto e deferenza commoventi. Ebbe sempre stima, compatimento, amore santamente geloso, verso i sacerdoti e chierici. Venerò, ubbidì con umile devota sudditanza i Vescovi posti dallo Spirito Santo a governare la Chiesa di Dio. Ne rispettò gli ordini anche quando gli venne coartato il lavoro apostolico e fosse considerato un credulone. Ne soffriva tanto, ma obbediva.
Che dire dell’illimitata devozione alla Chiesa e al Papa? La Chiesa è il Papa; il Papa è la Chiesa, diceva ai suoi chierici …”.
Ci esaminiamo: Come costruiamo i nostri rapporti con i confratelli nel sacerdozio?
Riconoscendo le nostre mancanze ne chiediamo perdono ricorrendo anche al Sacramento della Riconciliazione.