ANNO C – III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Ne 8,2-4.5-6.8-10 | Sal 18 | 1Cor 12,12-31 | Lc 1,1-4;4,14-21
Ufficio Comunicazioni Sociali – don Michele MURGIA
L’artificiosa composizione della pagina evangelica (parte del primo e del quarto capitolo di Luca) ci dà l’occasione di riflettere sulla contemporaneità della Parola di Dio vissuta nella liturgia: Gesù applica a se stesso le parole del profeta Isaia (61,1-2a) e stabilisce un “oggi” nel quale prendono vita. Anche l’Assemblea domenicale può cogliere la portata di quell’antica attuazione, proprio grazie al prologo di Luca cucito come premessa: chi ha proclamato il Vangelo si è rivolto in prima persona a tutti quelli che hanno “teso l’orecchio” all’annuncio e li ha chiamati in causa a prendere consapevolezza di un ruolo attivo nell’inaugurazione del Regno. Anche il brano storico di Neemia chiede di riscoprire la profonda identità di un popolo che trova nelle parole divine il tratto più vero del proprio volto: “come un uomo solo” Israele riceve e consegna, desidera e ascolta la voce di Dio (anche se il primo versetto è stato tagliato). I poveri, i prigionieri, i sofferenti, gli oppressi attendono da ogni cristiano il conforto della notizia di un tempo “di grazia” che non si consuma, perché l’elezione e la consacrazione sono il tratto comune che nel Battesimo ci ha resi “corpo”, “ministri”, tutti collaboratori di Dio. Allora, “oggi” chi sono quei “prigionieri”? E “oggi” qual è la “grazia”?