Questa mattina, nella sala consiliare di Palazzo Ducale, l’Amministratore Diocesano, monsignor Antonio Tamponi, ha partecipato alla conferenza stampa di presentazione del programma della Discesa dei Candelieri 2025, che il 14 agosto culminerà con lo scioglimento del Voto alla Beata Vergine Assunta.
Accanto a lui erano presenti il sindaco di Sassari Giuseppe Mascia, l’assessora alla Cultura Nicoletta Puggioni, l’assessore alle Attività produttive Lello Panu, padre Salvatore Sanna, guardiano di Santa Maria in Betlem, il presidente dell’IntergremioFabio Madau e il presidente della Camera di Commercio di Sassari Stefano Visconti.
Nel suo intervento, monsignor Tamponi ha espresso la gioia di poter vivere, anche se temporaneamente, il servizio di guida pastorale della Chiesa turritana: «Il titolo è nuovo, ma il sentimento è lo stesso: stare con i piedi per terra e lo sguardo rivolto al cielo – ha detto –. È un’immagine che richiama l’Ascensione di Gesù e il compito dei discepoli: vivere il tempo intermedio della Chiesa con responsabilità e impegno».
Riflettendo sul significato profondo della Discesa dei Candelieri, l’Amministratore Diocesano ha ribadito il valore ecclesiale e comunitario della festa, dove «cultura e fede si fondono felicemente», e ha invitato tutti a sentirsi corresponsabili nel costruire «quell’umanesimo dell’incontro tanto caro al nostro ex arcivescovo monsignor Gian Franco Saba». I gremi, con i loro patroni, diventano così «luoghi e soggetti di evangelizzazione», espressione di una devozione popolare viva, non riducibile a una semplice conservazione del passato.
Monsignor Tamponi ha infine ricordato l’incontro con Papa Leone XIV durante la recente assemblea della Conferenza Episcopale Italiana, alla quale ha partecipato come Amministratore Diocesano. «Il Papa – ha sottolineato – è Pastore della Chiesa universale, ma anche Vescovo di Roma, e per questo ha un legame speciale con l’Italia». Riprendendo alcune riflessioni di papa Francesco, in continuità con quelle di Papa Benedetto XVI, ha evidenziato come l’Italia – e in particolare la Sardegna – custodisca una ricchezza spirituale unica, fatta di segni antichi che continuano a vivere nelle devozioni popolari.
«Tutto questo – ha concluso – non deve essere custodito come semplice memoria del passato, né trasformato in oggetto museale, come spesso ci ha ricordato anche monsignor Saba. La vera sfida è trasmettere queste tradizioni nel presente, in modo autentico e fecondo, affinché restino vive e parlino ancora al cuore della nostra gente».
