Sant’Orsola: sacramento dell’Unzione degli Infermi

7 Aprile 2025 | News, primo piano, vescovo, Visita pastorale

Nel pomeriggio di domenica 6 aprile, nell’ambito della Visita pastorale, nella parrocchia di Sant’Orsola, a Sassari, l’arcivescovo Gian Franco ha amministrato il sacramento dell’Unzione degli Infermi.

Dopo la Lettura della Parola di Dio, l’Arcivescovo ha rivolto queste parole ai fedeli:

«Carissimi fratelli e sorelle,

questo pomeriggio ci ritroviamo insieme, come comunità parrocchiali di Sant’Orsola, Santa Maria di Pisa e Nostra Signora del Latte Dolce, con i vostri parroci e gli altri sacerdoti, per celebrare una liturgia che, purtroppo, non è molto frequente nella vita pastorale della Chiesa: l’amministrazione del sacramento dell’Unzione degli Infermi, destinato alle persone fragili e ammalate. Per lungo tempo, infatti, si è pensato che questo sacramento dovesse essere richiesto solo nel momento terminale della vita, come accompagnamento alla fine dell’esistenza. La Chiesa – soprattutto attraverso il Concilio Vaticano II – ci ha aiutato a riscoprirne il significato autentico, alla luce della Parola di Dio.

Questo sacramento ha le sue radici fin dagli inizi della comunità apostolica. In particolare, nella Lettera di Giacomo (5,14-15) leggiamo che, “quando un fratello o una sorella è nella sofferenza, si chiamino i presbiteri per pregare insieme, imporre le mani, ungere con l’olio e compiere una preghiera di fede”. Questo orientamento originario ci aiuta a comprendere meglio anche il brano del Vangelo di Matteo (8,5-13) che abbiamo appena ascoltato: l’episodio del centurione che, a Cafarnao, si rivolge a Gesù per chiedere la guarigione del proprio servo, paralizzato e sofferente.

L’evangelista riporta che il servo “soffre terribilmente” e Gesù, toccato dalla richiesta, risponde: “Io verrò e lo curerò”. Il centurione non aveva chiesto a Gesù di andare di persona, ma solo di intercedere. Eppure, Gesù lo precede, gli dice: “Io verrò e lo curerò”. Il centurione, colpito dalla disponibilità di Gesù, replica: “Signore, io non sono degno”. Era andato infatti per chiedere una semplice preghiera e, invece, riceve la promessa della presenza concreta di Gesù. La fede del centurione è profonda: non pretende che Gesù entri nella sua casa, perché ritenuta indegna. Gesù, ammirato da questa fede e da tanto affetto per il servo, gli dice: “Sia fatto secondo la tua fede”. Ecco la potenza della fede: una fede che viene benedetta dal Signore. Il centurione torna a casa con la grazia ricevuta, con la consolazione di sapere che la sua preoccupazione è stata presa a cuore da Gesù.

L’episodio della guarigione del servo del centurione ci aiuta a comprendere che l’Unzione degli Infermi è un sacramento di fede. E come ogni sacramento, anche questo richiede fede: è nella relazione con Gesù che la fede diventa fondamentale. A Lui consegniamo le nostre sofferenze, i nostri dolori, le nostre malattie, le nostre vite. Gesù è venuto per sanare le pecore malate, per risanare il gregge di Israele. È il Pastore che si prende cura e dice: “Io verrò e lo curerò”.

A volte, nella vita, possiamo avere la tentazione di credere che la sofferenza domini su tutto. Gesù ci indica che la via per affrontare il dolore è quella della fede. Alcune volte il Signore ci cura fisicamente, altre volte spiritualmente, altre volte ancora in entrambi i modi. Viviamo in una società in cui tutto sembra affidato alla scienza e alla tecnica, e così possiamo pensare che le uniche cure siano i farmaci. Ma anche la fede è un vero farmaco,non perché gli altri farmaci non servano, ma perché ci fa riscoprire il primato della vicinanza di Dio nella nostra vita.

Nella sofferenza serve la grazia dell’affidamento. Ecco cosa vogliamo chiedere oggi al Signore: la grazia di affidarci totalmente a Lui. La grazia di avere una fede capace di riporre nelle Sue mani la nostra esistenza: le sofferenze fisiche, spirituali, psicologiche. Qualunque esse siano, la Sua grazia opera nella nostra vita.

L’Unzione degli Infermi non è un atto di consegna del morente, anche se il sacramento può essere conferito in quella fase della vita. È soprattutto la consegna della nostra vita a Gesù, medico delle anime e dei corpi. L’Unzione degli infermi è il sacramento della cura di Gesù, della sua prossimità. La Chiesa, amministrandolo individualmente o comunitariamente, celebra l’amore di Dio per ciascuno di noi. Infatti, l’unzione avviene con l’olio benedetto ed è destinata ai vivi. L’Unzione non si conferisce mai a un defunto. In quel caso si dà solo una benedizione, ma non si utilizza l’olio degli infermi. Proprio perché è un sacramento per i vivi. Dunque, non dobbiamo avere paura: non è il sacramento della paura o del timore, ma della vita. È il sacramento attraverso il quale possiamo percepire la cura di Gesù per ciascuno di noi.

La malattia, a volte, richiede molte grazie: la grazia della guarigione – sempre –, ma anche la grazia della pazienza, della fiducia, della sopportazione. La grazia di saper offrire le sofferenze, di vedere la luce anche quando tutto sembra buio.

Chiediamo al Signore di poter sperimentare, in ogni situazione della nostra vita, la Sua parola dolce e confortante: “Io verrò e ti curerò”».

 

 Durante la celebrazione hanno ricevuto il sacramento dell’Unzione degli Infermi anche don Gavino Sini e padre Luigi Maiocchi. Prima della benedizione finale, l’arcivescovo Gian Franco ha sottolineato il significato profondo della celebrazione interparrocchiale del sacramento dell’Unzione degli Infermi, che è coincisa con la celebrazione del Giubileo degli Ammalati a Roma, e ha invitato i presenti a pregare per Papa Francesco e per tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito.

Al termine della celebrazione, l’Arcivescovo ha salutato i fedeli donando loro un rosario, a ricordo della celebrazione.

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