Santuario Madonna delle Grazie: la Chiesa Turritana unita in preghiera per Papa Francesco

27 Febbraio 2025 | News, primo piano, vescovo

Mercoledì 26 febbraio, la Chiesa Turritana ha proseguito la preghiera per Papa Francesco con la Celebrazione Eucaristica e la recita del Rosario, presieduti dall’Arcivescovo Gian Franco nel santuario di San Pietro in Silki a Sassari.

Di seguito, l’omelia dell’Arcivescovo:

«Questa sera vogliamo esprimere la nostra fede nel Signore elevando un’invocazione comune e corale, attraverso l’intercessione di Maria Santissima, per il nostro amato Papa Francesco. Egli, nel suo ministero, più volte, ancora prima di assumere il ministero petrino, ha sottolineato che solo in Cristo si trova la nostra speranza. In modo particolare, durante alcuni corsi di esercizi spirituali rivolti ai sacerdoti in Spagna, ha ribadito questo concetto, che in lui è un tema ricorrente. È la speranza che ha animato il suo ministero e che ora certamente anima anche questo momento segnato dalla malattia. È altresì la speranza comune che, nella fede condivisa con lui, vogliamo esprimere attraverso la nostra preghiera e il nostro affidamento al Signore, a quel Signore Gesù che ancora oggi continua a camminare in mezzo a noi, passa vicino all’umanità, come ce l’ha presentato l’evangelista Giovanni.

Dio si rende prossimo, si fa vicino a una umanità che è segnata, secondo il testo evangelico, dalla cecità. Una cecità che, nell’uomo di cui parla il Vangelo, è dalla nascita. Quell’uomo è una persona che non ha mai visto la luce.

Cosa significa essere ciechi dalla nascita? È l’esperienza di chi non ha mai visto la luce, di chi non ha mai potuto ammirare la bellezza della creazione, lo splendore delle realtà umane.

Quell’uomo è cieco dalla nascita. Ma l’evangelista sottolinea inoltre altre due condizioni: era un mendicante e viveva di elemosina. La sua era quindi una situazione di grande dolore, aggravata dal giudizio dei suoi interlocutori, che gli dicevano: “Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?” (Gv 9,34), perché secondo una certa visione dell’epoca – talvolta presente ancora oggi – si riteneva che la malattia fosse frutto di una punizione da parte di Dio. Per questo, quest’uomo non aveva alcun diritto di cittadinanza, né civile, né sociale, né religiosa: era cieco dalla nascita, mendicante, emarginato e, per di più, considerato un peccatore.

Cosa poteva esserci di più triste e di più doloroso per una persona che sentirsi valutata in modo così negativo? Sentirsi dire da chi lo guardava: “Tu non vali nulla, tu non conti nulla, tu sei nessuno davanti agli uomini e davanti a Dio”. È una condizione di immensa tristezza. Eppure, Gesù va lì, lo incontra e lo riabilita. Gesù compie un gesto non gradito a coloro che osservano perché era il giorno di sabato, giorno nel quale, secondo la prescrizione della Torah era proibito compiere alcun tipo di lavoro manuale: Gesù impasta un po’ di fango, lo spalma sugli occhi del cieco e lo invia a lavarsi nella piscina di Siloe, che significa “Inviato”. Ed ecco che quest’uomo riacquista la vista.

Tale gesto di Gesù si aggiunge al malcontento di chi sta lì davanti. Ma l’uomo guarito ritorna indietro e compie una confessione di fede che dice: “Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo” (Gv 9,15). Questo scatena una grande dissenso – dice l’evangelista – “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato” (Gv 9,16).

Attorno a Gesù e al povero, alla persona malata, alla persona reietta c’è un clima negativo. Gesù si fa prossimo proprio di chi è valutato negativamente, di chi è oggetto di disprezzo, di chi non è amato, di chi è giudicato anche dal punto di vista religioso.

Gesù compie un gesto di risurrezione, gli ridona la vita, gli ridona la fede, lo apre alla luce, a quella luce che non aveva avuto dalla nascita, Gesù lo apre a una nuova nascita. Con Gesù si può sempre rinascere, si può sempre incominciare, si può sempre riprendere da capo. Gesù dà sempre una opportunità. È questa fede che questa sera ci viene donata e trasmessa, vogliamo accoglier: ripartire da Cristo nei nostri cammini.

Papa Francesco ce l’ha ricordato nell’Evangelii Gaudium, dicendo è arrivato un tempo nel quale occorre un rinnovato incontro con Cristo per ciascuno, per ogni persona, e invitando ogni battezzato a divenire anche una missione, a riscoprire di essere missione per portare questa parola di liberazione, questa parola di luce verso tutti e verso ciascuno. Il Signore ci dona la capacità di uno sguardo nuovo sull’umanità, e ci apre a uno sguardo nuovo di fede.

Questa sera vogliamo chiedere il dono della fede, perché ci accompagni nei nostri passi, il dono della fiducia, il dono della confidenza. Vogliamo pregare per colui che, nella Chiesa, è stato chiamato successore di Pietro a confermare i fratelli nella fede. Vogliamo ringraziare il Signore per averci donato un Pastore che, costantemente ci conferma nella fede, nei momenti di gioia e nei momenti di sofferenza. Vogliamo pregare altresì perché il Signore sostenga, consoli e conforti il nostro Papa in questo momento di dolore e di sofferenza.

La missione che Gesù ha compiuto è anche quella che il Papa costantemente affida e sollecita alla Chiesa: essere una Chiesa in uscita, una Chiesa di prossimità, una Chiesa capace di annunciare una fede liberante e non di una fede che lega le persone. Una fede che apre alla vita: la fede, infatti, apre alla vita.

Nel Vangelo di oggi c’è un significativo dialogo finale. Il cieco che aveva ricevuto la vista fu cacciato via da tutti; quando Gesù venne a saperlo, lo trovò ancora una volta e gli chiese: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?”. L’uomo rispose:  

viene cacciato fuori dalla comunità, ma Gesù lo ritrova e gli chiede: “Tu credi nel Figlio dell’uomo?”. L’uomo risponde: “E chi è, Signore, perché io creda in lui?”. E Gesù: “Lo hai visto: è colui che parla con te”. L’uomo allora professò la sua fede: “Credo, Signore”, e si prostrò dinanzi a Lui.

Chiediamo al Signore che rafforzi Papa Francesco nella fede e lo sostenga con la grazia dello Spirito in questa sua costante professione di fede. Preghiamo per la Chiesa universale e per la nostra Chiesa Turritana, affinché sappiamo sempre professare: “Credo, Signore”, sappiamo prostrarci davanti a Lui, metterci in ascolto e riconoscerlo. Chiediamogli che apra i nostri occhi a uno sguardo di fede nuovo, a un orizzonte nuovo anche nelle valutazioni teologiche, spirituali, religiose. Non sempre tutte le valutazioni religiose vengono da Dio, a volte sono frutto di visioni sociali e culturali che hanno bisogno di essere purificate, di essere purificate alla luce del Vangelo.

Ecco, allora vogliamo anche chiedere, in questo processo di conversione pastorale a cui e verso cui Papa Francesco ha avviato la Chiesa universale, di saper essere persone capaci di coltivare un pensiero di fede, un pensiero religioso veramente evangelico, veramente inclusivo e aperto, secondo lo stile di Gesù.

In questo cammino di conversione pastorale, avviato dal Papa, chiediamo al Signore di renderci capaci di coltivare un pensiero di fede autenticamente evangelico, inclusivo e aperto, secondo lo stile di Gesù.

Questa sera, nel contesto dei nove mercoledì di San Salvatore da Horta, ricordiamo questo grande santo taumaturgo, umile ma grande. Nella sua umiltà beneficò la nostra isola, colpita dalla malaria, il grande male di allora. Anche oggi la società è segnata da tanti mali. Chiediamo a San Salvatore, illuminato dalla luce del Vangelo, di intercedere affinché in ciascuno di noi maturi la grazia della profezia, perché anche i nostri territori e i nostri ambienti, dove la sofferenza è tangibile, possano avere apostoli di redenzione sociale e umana, radicati nell’amore di Cristo».

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