Visita pastorale: celebrazione eucaristica nella parrocchia di San Giovanni Bosco

23 Febbraio 2025 | News, primo piano, vescovo, Visita pastorale

Domenica 23 febbraio l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella parrocchia di San Giovanni Bosco, a Sassari, dove sta svolgendo la Visita pastorale. Alla celebrazione hanno partecipato i bambini e i ragazzi del catechismo, insieme ai loro genitori e catechisti.

 

Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo:

«Ci ritroviamo insieme nel cammino della Visita pastorale per riflettere, in modo particolare, sul dono e sul compito dell’iniziazione cristiana. Questa mattina è caratterizzata proprio dall’incontro con le famiglie, con i bambini e con i ragazzi, in cammino verso i sacramenti dell’iniziazione cristiana. Iniziare la vita cristiana – e vorrei soffermarmi un attimo su questa parola – non significa diventare cristiani in modo magico. La fede e la grazia del battesimo che riceviamo, sono dono di Dio. Ma poi lo stile di vita battesimale, cioè lo stile di vita secondo Cristo, richiede un accompagnamento, il bisogno di essere accompagnati, presi per mano, passo dopo passo. E la parrocchia è una famiglia di famiglie, il luogo concreto in cui è possibile vivere insieme questa esperienza. È il luogo dove si vive in modo reale il rapporto tra la famiglia naturale, la Chiesa domestica e la famiglia più ampia di tutte le famiglie cristiane che si incontrano in una porzione della Chiesa diocesana, ossia la parrocchia.

 E allora, ecco: cos’è questo nostro spazio, questo nostro luogo che si chiama parrocchia? Le famiglie che si impegnano ad accompagnare i figli – sia i più piccoli che quelli più grandi – verso una meta, la meta di quella misura indicata dal Vangelo, la misura dell’amore di Cristo. Una misura buona, colma, traboccante. È quella misura che ci conduce a una statura sempre maggiore in Cristo.

Questo concetto è molto comprensibile per tutti noi: crescere implica raggiungere una statura. E quale statura? Quella di Cristo, del suo amore, ovvero iniziare ad abbracciare i sentimenti e lo stile di Cristo.

 Il Vangelo di oggi ci dice che lo stile di Cristo è quello dell’amore totale, e ciò richiede una crescita, un percorso. Proprio come la famiglia particolare – la famiglia domestica, la famiglia naturale – è il luogo in cui si cresce e si viene iniziati a tutte le dimensioni della vita, compresa quella della fede, anche nella parrocchia le famiglie condividono questo percorso. Così, nella Chiesa diocesana, riscoprire questa dimensione di iniziazione e di accompagnamento è, a mio avviso, molto importante, perché forse come mai in questo momento storico tante persone sentono il bisogno di avere qualcuno al proprio fianco. Per questo motivo, negli ultimi anni, nella nostra chiesa diocesana, in ascolto del Magistero di Papa Francesco, abbiamo promosso alcune figure – insieme al parroco – che possano favorire questo percorso, questo itinerario.

 In primo luogo, la formazione dei catechisti. Successivamente, alcune figure ministeriali: le cosiddette nuove ministerialità, gli artigiani di comunità e i facilitatori. Mi fermo un attimo su queste tre figure.

Il catechista è una figura abbastanza conosciuta: colui che, come suggerisce l’etimologia della parola, parla all’orecchio di chi accompagna, rendendo facile e comprensibile l’annuncio del Vangelo, l’annuncio di Gesù.

 Poi ci sono gli artigiani di comunità. Questa espressione può sembrare un po’ strana. Ma che cos’è la Chiesa? La Chiesa è comunità. E per formare una comunità non basta affermarlo: occorre qualcuno che se ne prenda cura, che collabori con il parroco, il quale certamente non può fare tutto da solo, nessuno di noi può fare tutto. Dobbiamo quindi convocare la comunità. Chi sono gli artigiani di una famiglia? I genitori, le nonne, le persone vicine: tutti partecipano a radunare la comunità. Oggi, in una società come la nostra, gli artigiani di comunità contrastano il fenomeno della dispersione sociale.

 Oggi si riscontra la difficoltà di vivere la comunità, perché siamo tirati da una parte all’altra: i ritmi di vita sono frenetici e non corrispondono più a quelli classici di una volta. Per questo, avere persone che radunino la comunità e trasmettano questo senso di appartenenza rappresenta un servizio, una ministerialità – perché la parola “ministerialità” significa servire, e il ministero è appunto un servizio.

Oppure pensiamo ai nostri quartieri, abitati da persone che magari non hanno familiarità con la parrocchia o che l’hanno persa. In questi casi entrano in aiuto gli artigiani di comunità oppure i facilitatori. A volte vi sono situazioni di dialogo e coinvolgimento che diventano più difficili, e allora si lavora insieme.

Così, vi sono anche altre ministerialità che contribuiscono nel cammino dell’iniziazione cristiana.

Non si diventa cristiani senza che qualcuno ci accompagni, senza che qualcuno si prenda cura di noi. Ecco la parrocchia, il luogo dove ci si prende cura gli uni degli altri. Ciascuno serve con amore, come ci indica il Vangelo di oggi, superando ogni forma di egoismo, di chiusura, di rivalsa o di prevaricazione sull’altro, nella gratuità assoluta, poiché ciò è il segno di Gesù. E questa è la comunità cristiana, il segno di una comunità di discepoli che si amano reciprocamente, che amano il mondo e gli altri.

Quindi, il compito della visita pastorale è quello di unire, nell’unità e nell’impegno di vita cristiana, le nostre parrocchie. Questo è un lavoro da svolgere insieme, un lavoro condiviso.

Un altro aspetto che desidero sottolineare è proprio la condivisione: le parrocchie che agiscono in fraternità, vicine le une alle altre, non chiuse ma aperte, perché fanno parte dell’unica famiglia della Chiesa diocesana. Questa è la sfida che abbiamo davanti. Vogliamo davvero camminare in questo orizzonte, in questa prospettiva, chiedendo al Signore di farci seguire quanto ci suggerisce il versetto che ha introdotto il Vangelo: “Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi”.

Questo è il modello che il Signore ci consegna e che anche noi vogliamo fare nostro. Pensiamo a come, in questi anni, Papa Francesco abbia sollecitato la Chiesa, attraverso il testo di “Fratelli Tutti”, invitando la famiglia umana a riscoprirsi come un’unica famiglia, una famiglia di fratelli e sorelle che appartengono a una comune origine, pur nelle comprensibili e naturali diversità della famiglia umana».

 Al termine della celebrazione, prima della benedizione finale, l’Arcivescovo, insieme ai fedeli, ha recitato una preghiera per Papa Francesco.

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