Visita pastorale: nella parrocchia Mater Ecclesiae la celebrazione interparrocchiale del sacramento dell’Unzione degli Infermi

11 Gennaio 2025 | News, primo piano, Visita pastorale

 

Venerdì 10 gennaio, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la celebrazione interparrocchiale del sacramento dell’Unzione degli Infermi nella parrocchia di Mater Ecclesiae, in occasione della Visita pastorale in città.

 Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo.

 << Vi ringrazio per aver accolto l’invito, nel contesto del cammino della Visita pastorale, a celebrare insieme l’invocazione dello Spirito sull’umana debolezza e sulla fragilità fisica, psicologica e spirituale. Su situazioni di malattia e di fragilità che si vivono in tante stagioni della nostra vita, ma che, nell’anzianità, diventano più frequenti.

 Mi fa piacere poter incontrare gli ammalati, le persone segnate da questa esperienza. Ma perché incontraci? Vi incontro per imporre le mani su di voi, per compiere questo gesto apostolico, un gesto proprio degli apostoli. Tant’è vero che Giacomo, nel testo che abbiamo ascoltato, ci dice: “Chi tra voi è nel dolore, preghi; chi è nella gioia, canti inni di lode. 14Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del Signore. 15E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo solleverà e, se ha commesso peccati, gli saranno perdonati” (Gc 5,13-15).

 Vorrei sottolineare alcune parole. Innanzitutto, l’attenzione della Chiesa, per mandato di Gesù, verso il malato, verso chi soffre, verso chi è nel dolore. Spesso evidenziamo molti dei mandati di Gesù, ma quello che sottolineiamo maggiormente è: “Andate e annunciate il Vangelo” (Mc 16,15). Ebbene, all’interno del mandato dell’annuncio del Vangelo, è incluso anche quello della cura dei malati. La Chiesa delle origini ha sempre avuto premura di rivolgere la propria attenzione ai malati.

 E cosa viene detto? Chi è malato chiami presso di sé i presbiteri della Chiesa, i sacerdoti, o il Vescovo, quando possibile. E cosa devono fare? Devono pregare su di lui. Questa situazione mette in evidenza un aspetto fondamentale: attorno al malato si crea una comunità di preghiera. Questo è un elemento importante. Creare attorno al malato una situazione di preghiera è qualcosa di diverso rispetto alla semplice preghiera per la malattia. Si prega per la persona, con la persona. È un gesto della Chiesa che si raccoglie attorno alla persona fragile, debole, e sofferente.

 Qual è il segno di questa azione? I presbiteri ungono con l’olio nel nome del Signore. Questo è molto importante: ungere con l’olio benedetto nel nome del Signore. A breve, diversi di voi riceveranno l’Unzione degli Infermi. È un gesto attraverso il quale viene trasmessa la grazia di Cristo, ciò che Cristo può fare per voi. Non è un semplice atto del sacerdote, né un gesto magico o un talismano del momento. È qualcosa di molto più bello e significativo.

 Colui che vi unge, vi unge nel nome del Signore. È la presenza di Cristo che vi rende partecipi e invoca la grazia di cui avete bisogno in quel momento. Quell’unzione è un’invocazione della grazia necessaria nel momento della malattia. Dobbiamo fuggirealla tentazione materialistica che tende a materializzare i sacramenti. Non è l’olio che opera il miracolo, ma il fatto che quell’olio è benedetto e che colui che vi unge agisce non in suo nome, ma nel nome del Signore. È come se Cristo stesso vi stesse ungendo in quel momento. Questa è la bellezza dei sacramenti: avvengono attraverso persone umane e mezzi umani, ma chi opera è Dio, ovvero Cristo, attraverso l’azione dello Spirito Santo.

 Ed ecco che, così, allontaniamo le paure. Se è Cristo che mi benedice, se è Cristo che si avvicina a me, di cosa dovrei avere paura? Non arreca la morte, non arreca chissà quale male; anzi, dona grazia. Dona la grazia della salvezza, che è ciò che Dio desidera per noi. La grazia della salvezza è la nostra piena partecipazione alla gioia del Signore, la piena comunione con Cristo e con la Santissima Trinità.

Il malato è salvato non perché necessariamente guarito dalla malattia — talvolta può accadere anche questo — ma perché è salvato a un livello più profondo. La nostra condizione umana, in quel momento di fragilità, entra in un rapporto così profondo con Cristo da trasformarsi. La nostra debolezza entra nella comunione con Cristo.

Il beneficio di questo sacramento è essere sollevati: cioè ricevere la grazia della pace interiore.

 Quante volte l’assenza di pace interiore è più dannosa della malattia stessa? La grazia ricevuta attraverso il sacramento ci permette di vivere quel momento con spirito di pazienza e sopportazione. È la grazia di sapere che sto portando quel peso, in quel momento specifico, non da solo, ma insieme a Cristo. Cristo è con me. Questo infonde speranza, genera fiducia e allontana la disperazione. È una luce che illumina il buio.

E poi c’è un altro aspetto fondamentale: mediante questo gesto, come abbiamo ascoltato, “se ha commesso peccati, gli saranno perdonati”. Questo rappresenta un ribaltamento del rapporto tra la nostra umanità e Dio. La fragilità, la debolezza e la malattia non sono una maledizione di Dio, né una conseguenza dei nostri peccati. Questo messaggio è rivoluzionario, perché siamo spesso tentati di pensare che malattia, sofferenza e debolezza siano una sorta di castigo divino. Ma non è così. Anzi, il Signore si avvicina alla nostra fragilità, si fa prossimo, e lo fa attraverso una mediazione: la mediazione della Chiesa.

 Una settimana fa, in cattedrale, abbiamo incontrato i ministridell’Accolitato, del Lettorato e i ministri straordinari della Comunione. Vorrei incoraggiare la formazione di queste ministerialità, non come atti straordinari o qualcosa di eccezionale, ma come una prassi abituale nella vita della Chiesa. Siccome la nostra esistenza è segnata da momenti di forza e da momenti di debolezza, è importante che nella comunità ecclesiale vi siano persone che si dedichino con puntualità a questo servizio.Rendere prossima l’azione della Chiesa presso i malati è una missione, è un mandato.

 Questo gesto che compiamo durante la Visita pastorale, e che abitualmente tengo a compiere, non è un semplice atto di pietà momentanea. È un modo per dire alla nostra Chiesa che questo non è straordinario, ma deve diventare ordinario, un’azione ordinaria. La preghiera fervorosa è molto potente. Ecco allora, questa dimensione del rapporto Eucarestia-malattia, questa situazione nella quale la Chiesa diventa il segno di Cristo, che ancora continua a radunare attorno a sé molta folla.

 Le malattie sono di tanti generi. L’Evangelista ci ricorda che vi erano zoppi, ciechi, sordi e molti altri malati. Non si tratta di una diagnosi medica o del tipo specifico di malattia, ma di portare davanti a Gesù la nostra debolezza. Questa folla diventa missionaria presso Gesù, perché chi si avvicina a Lui porta con sé le proprie fragilità e sperimenta un cambiamento. Dall’incontro con Cristo c’è chi può riprendere a parlare, c’è chi può riprendere a vedere, c’è chi può riprendere a udire, c’è chi sperimenta la guarigione, c’è chi può riprendere a camminare. Chissà quante volte capita di dire: “Perché il Signore ha permesso questo? Cosa ho fatto di male per avere tutte queste sofferenze, questi dolori, questi problemi?” Eppure, il Signore non abbandona, ma rafforza la nostra fede, la corrobora.

 Desidero invitare la nostra diocesi, e nello specifico le parrocchie coinvolte in questa Visita pastorale – Mater Ecclesiae, Sacra Famiglia e San Francesco – a promuovere le ministerialità e a favorire la vicinanza della Chiesa a queste situazioni. La Chiesa concreta, la Chiesa reale presente nelle parrocchie, non una Chiesa astratta.

 Grazie per questo appuntamento. Incoraggio tutti affinché, nella ferialità e nella ordinarietà, si avvii una seria riflessione perchiederci come prenderci cura della folla di oggi, che ha bisogno di incontrare Gesù, che è in cerca di un Dio Salvatore, proprio come quelle folle che si recavano presso Gesù. E sono tante >>.

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