Lunedì 6 gennaio, nella cattedrale di San Nicola, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto il
Solenne Pontificale nella solennità dell’Epifania del Signore. Alla celebrazione hanno partecipato i
ministri istituiti del Lettorato e dell’Accolitato, i ministri straordinari della Comunione e gli altri
operatori pastorali che svolgono questi ministri di fatto nelle parrocchie della città di Sassari.
Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo.
«Questa sera, la Celebrazione Eucaristica dell’Epifania del Signore è connotata dalla presenza delle
ministerialità laicali. In modo particolare, vogliamo ricordare i lettori, gli accoliti, i ministri
straordinari della Comunione e altre ministerialità. Ciò che desideriamo porre in evidenza è come il
mistero del Vangelo si diffonda attraverso l’annuncio di servitori gioiosi e generosi, a disposizione
del Signore della Parola. Proprio come lo furono Maria e Giuseppe per Gesù, che lo accolsero come
dono di Dio, non solo per loro, ma per l’umanità, che progressivamente avvertirono e compresero di
essere stati chiamati ad annunciare la gioia del Re Messianico, Colui che era atteso dall’umanità. E
veramente, il Verbo di Dio è atteso dall’umanità. Infatti, la liturgia della Parola questa sera ci aiuta a
cogliere e ad allargare l’orizzonte, mostrando come la missione di Israele non fosse pensata da Dio
semplicemente per un popolo o per un territorio, ma fosse una missione a servizio dell’umanità.
Nella prima lettura, il profeta Isaia, parlando a Gerusalemme e incoraggiandola a rivestirsi della
luce che viene dal suo Signore, da Colui che viene per splendere su di lei, indica che essa diventerà
la meta alla quale giungeranno popoli provenienti da ogni cultura e da diverse espressioni di
appartenenza, e così diverrà il grembo materno di un’umanità. Questo grande mistero è il modello
di ciò che è divenuta Maria, la Madre accogliente, ed è il modello della Chiesa, che è la madre che
ha accolto il dono del Verbo di Dio per donarlo a tutti. Quindi, una Madre dal cuore aperto. Infatti,
il profeta Isaia dice: “palpiterà e si dilaterà il tuo cuore” (Is 60,5). È proprio questo mistero di
apertura sempre più ampia che il Signore desidera comunicare all’umanità. Egli è venuto per
incontrare tutti, per accogliere tutti.
E infatti, questa città è chiamata a svolgere la sua missione nonostante le fatiche che deve
affrontare: quante devastazioni ha subito Gerusalemme, quante distruzioni, quante deportazioni di
coloro che la abitavano, quante immissioni di culti provenienti da altre culture. Ebbene, tuttavia, in
tutto questo Dio è sovrano, perché la accompagna e diverrà un luogo in cui essa sarà centro di
accoglienza per la ricchezza delle genti: “Uno stuolo di cammelli ti invaderà” (Is 60,6). Tutti
verranno per proclamare le glorie del Signore. Vi è, quindi, una dimensione universale che
l’Evangelista Matteo sottolinea, narrando il viaggio di alcuni Magi che dall’Oriente andarono a
Gerusalemme, chiedendo dove fosse Colui che è chiamato il Re dei Giudei. Essi sono segno e
simbolo di tutta un’umanità in cammino alla ricerca del Verbo di Dio.
Questa solennità, perciò, dilata i nostri sguardi, dilata le nostre prospettive e dilata anche i nostri
spazi, proprio come ha fatto il Signore, ricordandoci che Egli è venuto per tutti, per tutta l’umanità,
per tutte le genti. E ciò che è stato adombrato nel mistero di Israele, è ciò che è stato portato a
compimento nel mistero della Chiesa e che sarà portato a pienezza nel mistero della Nuova
Gerusalemme, perché vi è un’altra tappa in avanti alla quale dobbiamo guardare, che ci vede
servitori di questa universalità della fede. E l’universalità si manifesta in diversi modi, nelle
appartenenze culturali dei popoli, nelle appartenenze sociali, nelle espressioni di fedi, di religioni,
ma anche nelle diverse situazioni antropologiche dell’umanità, nei diversi modi di esprimersi della
creatura umana, nella realtà umana, concreta, storica.
Ecco, siamo chiamati a portare questo grande dono. Questo è il fondamento della Chiesa, chiamato
la Diaconia: il servizio. Questo è il fondamento di ogni ministerialità. Dobbiamo centrare la nostra
vita in Cristo e favorire coloro che cercano Cristo, che lo cercano provenendo dai loro cammini.
L’evangelista scrive che i magi “giungevano da Oriente” (Mt 2,1). Certamente, quando essi
giunsero a Gerusalemme, Erode non amò questa ricerca, si impaurì e perciò ritenne che potesse
rappresentare un limite per la sua regalità. Invece, il Signore non è venuto per imporre dei limiti, è
venuto per allargare gli orizzonti e le prospettive di appartenenza. Quanti si muovono da percorsi e
da strade a noi sconosciute in cerca di Cristo, del Verbo di Dio. Oggi siamo chiamati a compiere lo
stesso sforzo dei cristiani delle origini, i quali seppero cogliere in ogni cultura e in ogni situazione
umana tutto ciò che di buono e di bello era presente, vedendo in esso l’opera di Dio, la grazia di
Dio. È un insegnamento, è un metodo missionario, un metodo apostolico che ci viene consegnato
per chiunque sia alla ricerca di Cristo.
Lo si accoglie a partire dalla sua provenienza, senza impedire a nessuno l’incontro con il Re della
Gloria. Questa celebrazione, proprio alla luce dell’universalità del Mistero della Salvezza, è stata
segnata ed è segnata nella Chiesa da una particolare attenzione per l’infanzia missionaria, per i
bambini. Desidererei sottolineare quanto questa dimensione sia oggi attuale, posto peraltro in
evidenza che è l’obiettivo dell’anno giubilare per la nostra Diocesi. Oggi c’è bisogno di un’attenzione
ai bambini che vivono in situazioni di guerra, di mancanza di viveri, di assenza dei mezzi necessari
per crescere, per diventare persone umane dignitosamente formate.
E quindi vi è questo orizzonte che permane sempre vivo. Ma vi è anche un orizzonte che è qui
davanti a noi, nei nostri contesti, di tanti bambini che non conoscono Gesù, ai quali nessuno parla di
Gesù, oppure che hanno ricevuto il battesimo, ma poi, dopo quella celebrazione, nessuno li ha più
accompagnati. E allora c’è una missionarietà verso l’infanzia che ci ha raggiunti e che è chiamata a
sposarsi con l’accompagnamento delle famiglie, nell’entrare negli ambiti dell’educazione dei
bambini, dei ragazzi, dei giovani, luoghi dove questa infanzia missionaria attende qualcuno che
parli loro di Cristo. È una missione che è qui, alle nostre porte. Ecco, vogliamo allora chiedere al
Signore che ci aiuti a riscoprire il dono di questo slancio, di questo cammino, di una Chiesa che
dilata i suoi spazi, tutti i suoi spazi, per accogliere le tante provenienze e mostrare e far splendere
questa luce, la luce del Vangelo».