Nel pomeriggio di mercoledì 1° gennaio, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto in
Cattedrale la Celebrazione eucaristica alla quale hanno partecipato i gruppi, i movimenti, i
parroci e i fedeli delle comunità che hanno per patrona Maria Santissima Madre di Dio. La
celebrazione è stata preceduta dalla preghiera del Santo Rosario in occasione della 58 a
Giornata Mondiale per la Pace.
Di seguito si riporta l’omelia dell’Arcivescovo:
«La Parola che Dio rivolge al popolo di Israele, come abbiamo ascoltato nella Prima
lettura, è una parola di benedizione. Egli invoca e invita i suoi messaggeri, i suoi mediatori;
così parla ad Aronne e ai suoi figli, dicendo: “Così benedirete gli Israeliti”. Dio affida a
Mosè e ai suoi collaboratori un ministero di benedizione. Questo non consiste soltanto in
semplici parole di consolazione, anche se le include, ma rappresenta un servizio rivolto a
far giungere al cuore degli uomini, al cuore di questo popolo, la consapevolezza che il
Signore è accanto a loro. Egli è presente come custode, come luce che risplende, come
colui che gli fa grazia e gli concede pace. Si tratta di un flusso di comunicazione d’amore
tra Dio e il suo popolo, che Egli desidera venga costantemente annunciato e reso
costantemente presente.
Dio ama il suo popolo e desidera che esso ne sia cosciente, ne sia consapevole. È
significativo che ascoltiamo questa Parola nella solennità di Maria Santissima, Madre di
Dio, con la quale apriamo anche il nuovo anno civile. Lo scorrere del tempo, per noi, è
segnato dalla benedizione di Dio. Il tempo ha raggiunto il suo culmine, la sua pienezza,
con una benedizione che ha raggiunto la sua pienezza nel Verbo di Dio che si è fatto
carne. Colui che, dopo gli otto giorni prescritti, viene chiamato Gesù – come era stato
chiamato dall’angelo, prima che fosse concepito nel grembo, ci ricorda Luca – cioè “Dio
salva”.
La salvezza di Dio si è resa visibile, tangibile, palpabile in colui che si è fatto carne. Il
tempo, perciò, è segnato da questa benedizione: dalla presenza di Gesù nella nostra
storia come Salvatore, come segno dell’amore di Dio. È un mistero che riceviamo come
dono, reso possibile attraverso la collaborazione di una donna straordinaria: Maria,
l’Immacolata, la Vergine. Una semplice fanciulla che ha risposto con generosità all’invito
dell’angelo, il messaggero di Dio.
Il Vangelo di Luca ci ricorda, attraverso le sue parole, che Dio parla, che Dio annuncia
attraverso i Suoi messaggeri. Questa dimensione, nel contesto dell’Anno Santo, della
visita pastorale e del sinodo, è chiamata a diventare il centro unificatore di queste
esperienze. Dio parla al suo popolo e annuncia il dono della sua presenza. Attorno a
questo mistero si sviluppano la nostra storia e la nostra vita. Egli si fa nostro prossimo, ci è
vicino.
Anche nel Vangelo di oggi, dopo l’annuncio a Maria, abbiamo ancora un altro annuncio:
quello rivolto ai pastori. Essi, mossi dalle parole dell’angelo, si mettono in cammino per
vedere colui che è il segno della benedizione di Dio. Si recano per trovarlo, non più nel
grembo, ma tra le braccia di Colei che è stata proclamata benedetta fra le donne, la piena
di grazia. Colei che noi, nell’Ave Maria, costantemente invochiamo come la “piena di
grazia”, la “benedetta tra tutte le donne”.
I pastori vanno e trovano Maria e Giuseppe, e con loro il bambino adagiato nella
mangiatoia. Ecco l’elemento unificativo di questo percorso che la Chiesa ci indica: aprire il
cuore all’annuncio di Dio, a Dio che parla a noi. Questo mistero diventa poi evocativo di un
cammino nel divenire annunciatori del Verbo di Dio, perché Egli ci chiama, ci comunica
tutto il suo amore, che non è solo un fatto individuale, privato, ma per tutto il popolo, per
tutta l’umanità. Dio ci invita e ci coinvolge per annunciare, per portare il suo messaggio.
Il mistero della maternità di Maria ci riporta anche al mistero della Chiesa, che è quello di
essere una maternità che continua costantemente nel tempo e nella storia, il
prolungamento mistico del corpo di Cristo, della presenza di Cristo. Per questo, Maria
diventa per noi madre e modello. È Madre perché a lei siamo stati affidati ed è peculiare in
tutto questo; ma è anche modello, perché rappresenta l’esempio di come vivere la forza
evangelizzatrice di un dinamismo pastorale rinnovato.
La nostra adesione a Maria non deve limitarsi a una semplice devozione personale – che
è certamente buona e bella – ma deve diventare il segno vivo della missione della Chiesa.
Mentre Maria e ci rivolgiamo a lei, siamo chiamati a essere missionari con Maria, portatori
del Verbo di Dio, essere terra buona, grembo ospitale che accoglie il dono dello Spirito,
ma anche capace di trasformare. Come ricorda Papa Francesco in un suo testo, possiamo
trasformare una semplice casa o uno spazio umile, apparentemente privo di dignità, in un
luogo dove l’accoglienza occupa il primo posto.
E allora, credo che anche stasera, nel contesto della Visita pastorale, incontrando questo
ampio flusso di devozione mariana che segna la storia della nostra città e della nostra
diocesi, siamo chiamati a ritornare alle origini.
Perché questo flusso di fede mariana? Quale bene ha prodotto? Quali benefici e quale
vantaggio ha provocato? Sassari è una città segnata nelle sue fibre e nel suo tessuto dalle
molte devozioni mariane. Ecco, non dobbiamo lasciarci distrarre dai diversi titoli di
venerazione mariana, e sono tanti: Cuore Immacolato, Madre della Chiesa, Vergine delle
Grazie, Maria Bambina, Madonna del Latte Dolce, Madonna della Mercede, Madonna del
Buon Cammino. Vi è il rischio, infatti, che queste devozioni, anziché farci avanzare come
popolo di Dio, possano dividerci. Dobbiamo invece interrogarci sul perché ricordiamo
Maria con ciascuno di questi titoli. Perché la chiamiamo Madre della Chiesa? Perché la
veneriamo come Madre di Grazia? Perché celebriamo Maria Bambina nella sua natività?
Perché la ricordiamo con quel titolo del Latte Dolce, perché la ricordiamo come madre del
viandante?
Questi titoli, se andiamo a vedere la loro storia, conducono tutti a un mistero: a Cristo e
alla Chiesa. Maria, infatti, non ci separa, ma ci unisce. In un tempo in cui siamo impegnati
nel cammino sinodale, Maria diventa per noi il punto di convergenza. Lei ci raduna, ci
convoca come comunità, ci invita a camminare insieme e ci manda in missione uniti. Il
dinamismo mariano è un dinamismo di apertura e, infatti, tanti dei titoli con cui veneriamo
Maria hanno una dimensione di servizio. Non solo sono titoli contemplativi, ma sono titoli
anche di servizio. Madre della Sapienza è un servizio per l’educazione, per il consiglio del
prossimo, per immettere la sapienza evangelica. Penso all’Unitalsi o alla Sorgente, che
venerano la Madonna di Lourdes: è la tenerezza e il servizio verso gli ammalati, i fragili.
Non mi dilungo a elencare tutti questi aspetti, ma il mio obiettivo, il mio vivo desiderio è
che, contemplando questo mistero di benedizione che risplende e che da Maria prende
vita, la nostra Chiesa sappia farne vivo tesoro per un rinnovato slancio
nell’Evangelizzazione. Questo è il fine della Visita pastorale, il compito del Sinodo e il
cuore dell’Anno Santo: un rinnovato incontro con Cristo.
Questa sera invocheremo il Veni Creator Spiritus. Lo Spirito Santo di Dio è il Creatore;
Maria è stata avvolta dallo Spirito creatore nel progetto umano e, come Madre di Dio,
adombrata di Spirito Santo. Vogliamo chiedere che Maria, modello della Chiesa, modello
di ogni credente, invochi anche Lei con noi e per noi il dono dello Spirito creatore, per
aiutarci a comprendere che la Chiesa è sempre in cammino, sempre in viaggio, per
camminare nel tempo, nello spazio, nelle diverse situazioni, nei diversi contesti. Maria ci
chiama a sé, non per parlarci di Lei. Come sottolinea l’evangelista Luca, i pastori, dopo
averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. scompaiono dalla scena: al
centro rimane Cristo. E Maria custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
Maria è la donna che entra in una relazione di fede con Cristo, che ci educa in una
relazione personale con Gesù. Come ha saputo trasformare una grotta per animali nella
casa di Gesù – come sottolinea il Santo Padre – e, con alcune povere fasce ha saputo
generare una montagna di tenerezza, così il suo spirito di servizio può educarci a
trasformare i nostri ambienti di vita in una casa per Gesù. Una casa soprattutto per quel
Gesù sofferente, quel Gesù fragile, quel Gesù povero.
In questo senso, Maria è Madre della Santa Speranza, del Verbo di Dio che si è fatto
carne, e anche segno di speranza per i popoli, per l’umanità. Oggi è la Giornata mondiale
di preghiera per la pace. La fede non contrappone. La fede unisce e armonizza le
differenze, il pluralismo. Viviamo in una società lacerata da discordie, contese, genocidi di
ogni genere e di ogni sorta. Chiediamo a Maria, che è Regina della pace, di saper
comporre ogni disarmonia in una sinodalità, in una capacità di camminare insieme.
Vogliamo pregare in modo speciale per le terre dove la guerra è più manifesta, più violenta
e più virulenta, ma vogliamo pregare anche per chiedere a Maria di essere segno di
un’alba nuova, di una speranza nuova in questo tratto della storia dell’evangelizzazione.
Maria è per noi il modello di una comunità che si impegna nella via della riconciliazione e
nella via della pace. E allora, questo appuntamento pastorale che abbiamo condiviso
stasera a che cosa tende? Tende a far sì che insieme possiamo attingere da Maria un
rinnovato slancio di evangelizzazione, che possiamo sostare soprattutto laddove c’è un
peculiare carisma mariano per chiederci cosa dobbiamo fare per trasmettere la fede oggi
in queste situazioni concrete, in questo momento. Non possiamo procedere solo per
routine, per abitudine, ma dobbiamo procedere meditando le parole del Verbo di Dio e
chiedendoci che cosa il Signore in questo momento ci chiede di fare. Maria è capace di
donare a tutti noi dinamismo ed energia di fede per la trasmissione della fede».