Nella mattina di oggi, lunedì 25 novembre, nella chiesa del Monastero della Sacra Famiglia, a Sassari, l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto la Messa esequiale per l’ultimo saluto a Suor Giorgina, monaca cappuccina.
Di seguito riportiamo l’omelia tenuta dall’Arcivescovo.
«Della vedova, che oggi il Vangelo di Luca ci propone,apparentemente sembrerebbe emergere semplicemente una dimensione di carità, una dimensione di dono caritativo. Uno sguardo più profondo alla parola dell’evangelista Luca ci aiuta a vedere in questa vedova povera l’Israele povero, che attendeva il suo sposo, il popolo di Dio, che attendeva la gioia di una nuova alleanza. In essa vediamo l’Israele di tutti i tempi, di tutti i popoli, di tutte le culture, di tutte le nazioni, che desidera entrare in una relazione sponsale. La vedova di cui ci parla il Vangelo getta due monetine e Gesù non rimane distratto di fronte a questa situazione perché è colpito profondamente dal cuore di questa donna, la quale, dice Gesù, anche se povera ha gettato più di tutti coloro – i ricchi – che hanno gettato come offerta parte del loro superfluo(cf. Lc 21,1-4). È proprio della responsabilità donare non parte di se stessi, ma tutto se stessi, tutto il proprio amore. È la totalità che Gesù loda, il cuore donato pienamente dentro la logica dell’amore.
Il cuore che ama è comunque segnato dalla miseria, dalla povertà:è questa l’umanità che Gesù è venuto ad incontrare come sposo. E sono queste le nozze dell’Agnello – di cui parla il libro dell’Apocalisse –, Colui che sta in piedi sul monte Sion, intorno al quale vi è un canto nuovo (Ap 14,1.3). È la festa dell’incontro nuziale tra lo sposo e la sposa, tra Cristo, Agnello immolato e l’umanità, tra Dio e ciascuno di noi. Accompagnando e salutando Suor Giorgina, noi celebriamo questo: suor Giorgina ha speso la sua vita proprio in un’ottica di nuzialità che ha segnato la totalità della sua vita. Perciò ha donato tutto quello che aveva per vivere, ha donato la sua esistenza. Possiamo dire che nella sua vita ha vissuto ciò che San Francesco dice: Dio è tutto, il sommo bene. Questo abbraccio pieno con Cristo ha condotto questa nostra sorella a scegliere la via della fede nella totalità, facendo suo il motto di Santa Teresa: solo Dio basta.

Questa è veramente la fede che ha sostenuto anche i tratti della sua malattia, ultimamente così forte. Ha ricevuto la grazia della serenità, la grazia della pace interiore, proprio perché le era chiara la via verso la quale era orientata. Nella sua vita vi sono state però altre pagine di sofferenza, di dolore. In questo luogo, in questo polmone della città e della diocesi, scopriamo il vero senso della vita contemplativa, la quale non è semplicemente ascesi di vita radicale – e lo è certamente –, ma è una profezia, è la profezia della responsabilità con Cristo alla quale tutta l’umanità è chiamata.
L’anno liturgico ci colloca in una fase in cui, con la solennità di Cristo Re, ci viene ricordato nei misteri sacramentali il cammino della contemplazione di Cristo, il nostro incontro di comunione e di amore, di relazione sponsale. La liturgia ci educa al senso della vita, al senso dell’esistenza, e ci fa comprendere che non siamo degli sbandati senza una meta. Siamo, indubbiamente, dei ricercatori di senso, dei ricercatori di Dio.
Le consorelle del nostro caro Monastero della Sacra Famiglia sono il segno di tutta l’umanità che cerca Dio, dell’umanità che è alla ricerca del senso della vita, che desidera vedere e comprendere il sommo bene, tutto ciò che è veramente bene. E perciò noi oggi vogliamo dire il nostro grazie a suor Giorgina per questo bene che ha donato alla nostra Chiesa e alla Chiesa Universale, in questa sua offerta di responsabilità e di amore. Ci ricorda Santa Elisabetta della Trinità che, se Dio non riempisse i chiostri di un monastero, questi sarebbero vuoti. Credo che questa riflessione sia significativa in un tempo nel quale si affronta ancheuna crisi di risposta vocazionale, in un momento nel quale, a volte, anche le chiese si rendono un po’ vuote, un po’ desertificate. Ma il Signore riempie della sua presenza questi luoghi che diversamente sarebbero vuoti. E la pienezza, infatti, del chiostro della clausura, di questa esperienza di separazione, questo limite che indica il desiderio di una piena totalità verso Dio e verso l’umanità, è veramente ricordo della presenza di Dio. Scrive una contemplativa in una sua riflessione che sarebbe difficile sopportare la vertigine costante della clausura senza un appoggio. E Gesù di Nazareth è la forza che dà equilibrio e ci permette di reggerci.
Questo noi oggi vogliamo contemplare; per questo dobbiamo pregare e ringraziare le nostre monache. Dobbiamo pregare affinché questo polmone sia davvero un luogo dove è possibile sperimentare questo appoggio su Gesù di Nazareth e trovare il proprio equilibrio, la propria forza, il luogo nel quale trovare l’equilibrio per l’uomo viandante dei nostri tempi. Ci ricorda Santa Chiara che nella solitudine del piccolo luogo di San Damiano, essa si spendeva per l’amore dello Sposo Celeste. Ecco che allora noi oggi diamo il saluto ad una sposa che si è spesa per l’amore dello Sposo Celeste. E questo può avvenire anche in un luogo di lavoro, in una casa, in una famiglia, per una mamma, per un papà. Ci sono tanti piccoli chiostri della vita sociale nei quali ci si spende benissimo. Ma vi sono luoghi particolarmente evidenti, che sono i luoghi di clausura, dedicati alla ricerca del volto di Dio, nella preghiera, nell’ascolto della Parola di Dio, nella celebrazione dell’Eucarestia, nell’esercizio della fede. Perciò il cammino di questa clausura, in questo deserto, ha un orientamento alla Terra promessa. E questa nostra sorella oggi è entrata nella Terra promessa. E quel tempo di apparente separazione oggi è colmato completamente nella visione dell’incontro in quell’intimità profonda che non avrà mai più fine».
Il Provinciale dei Cappuccini, p. Matteo Siro nel suo intervento ha detto:
«Ringraziamo le nostre sorelle perché ci danno una importante testimonianza. Quando le sofferenze prendono il sopravvento e anche il corpo diventa inospitale all’anima, si continua a dedicare la propria vita a Dio. Suor Giorgina ha fatto questa esperienza e ce l’ha consegnata come possibilità di vita per ciascuno di noi. Anche quando la sofferenza ha bussato potentemente alle porte, la sua anima e il suo spirito non hanno smesso di lodare Dio. Sapeva di prepararsi ad un incontro, cosciente non di andare a sbattere con il nulla ma a prepararsi ad un incontro. Grazie Eccellenza perché ci ha ricordato tutto questo e attendiamo così dalla sua benedizione conforto per tutti noi, oltre che per una preghiera di suffragio per suor Giorgina. Chiediamo al Signore il dono di vocazioni alla vita cristiana in ogni sua forma, che ancora sappia donarci questa bellezza di essere abbandonati totalmente all’amore di Dio».