Veglia di Pentecoste e pellegrinaggio notturno alla tomba dei Martiri Turritani
Sabato 18 maggio, alle 20.30, nella cattedrale di San Nicola si è svolta la solenne Veglia di Pentecoste presieduta dall’Arcivescovo Gian Franco. Al termine, poco dopo le 22, ha avuto inizio il pellegrinaggio notturno verso la Basilica dei Santi Martiri Gavino, Proto e Gianuario. Un percorso di 19 chilometri al quale hanno preso parte singoli fedeli, associazioni, autorità civili e militari. Numerose le riflessioni sul martirio, sulla speranza e soprattutto sulla pace che hanno accompagnato il percorso articolato in tre stazioni intermedie a Li Punti, Ottava e all’ingresso di Porto Torres. All’arrivo nella Basilica, alle 3 di notte, l’Arcivescovo ha presieduto la Messa del Pellegrino.
Nell’omelia l’arcivescovo ha detto:
«Questa sera noi abbiamo camminato fisicamente ma siamo chiamati anche a camminare sognando la vita, guidati dallo Spirito. Il cammino del pellegrino, che questa sera abbiamo vissuto verso le tombe dei Martiri nostri patroni, è un cammino che ci fa rivivere il bisogno di riscoprire la dimensione di una vita guidata dallo Spirito, suscitata dallo Spirito. E cosa fa lo Spirito? Lo Spirito proietta verso nuovi orizzonti, apre nuove prospettive. Ci siamo mossi dalla Cattedrale, da Sassari verso questa basilica, a Porto Torres, luogo in cui sono custodite le memorie dei Santi Martiri Turritani.
Chiediamo al Signore di allargare il nostro sguardo. Intendo parlare del sogno, non in termini psicologici, quanto piuttosto come quella condizione della persona che desidera proiettarsi in avanti, che desidera proiettarsi verso il “abbiamo vissuto l’esperienza dei pellegrini che camminano nella notte con i piedi per terra ma con lo sguardo illuminato da una luce che viene dall’alto”.
Questo messaggio, in modo speciale, vorrei consegnare ai tanti giovani che sono presenti in questo pellegrinaggio. Ma anche alla nostra Chiesa, per riscoprire la gioia, la freschezza di una Chiesa che sa sognare, che sa guardare in prospettiva.
Un autore contemporaneo ricordava che egli prima sogna i suoi dipinti, e poi dipinge i suoi sogni. È una bella sintesi: sogna i suoi dipinti. Quale dipinto, quale quadro della nostra vita desideriamo sognare? Quale quadro della nostra Chiesa desideriamo sognare? Per poi poterla disegnare, cioè per darle una forma, per darle dei colori, per darle delle sembianze. Una vita senza sogni è sterile. Una Chiesa che non sogna è sterile. Il sogno, perciò, è la capacità di risvegliare l’anima, di risvegliare la mente, di sapere accogliere tutte quelle sollecitazioni che sono nel cuore della vita. Questo sogno, che noi desideriamo coltivare, ce lo suggeriscono innanzitutto i protomartiri. Sognare una vita bella che vada oltre le apparenze. I martiri hanno scelto la via della bellezza, mentre apparentemente poteva sembrare che si scegliessero una via dove di bello non vi era nulla. Ma la bellezza era Cristo, Cristo stesso.
Il sogno di scegliere Cristo, questa sera, in questa basilica, ci viene riconsegnato. Il sogno di accogliere l’altro, l’altro così come è, nella sua realtà. Papa Francesco ci ricorda che chi non ha la capacità di sognare è già andato in pensione. E noi che Chiesa vogliamo essere? Una Chiesa di persone che sono in pensione o una Chiesa di persone vive, che sono operative?
Una persona, qualunque individuo, che non si apre a questa dinamica di guardare oltre, rimane fermo. Ai giovani presenti desidero rivolgere l’invito a partecipare, come già questa sera avete voluto esprimere, ad una Chiesa che non è in pensione, ma che ha bisogno di voi, delle vostre energie, dei vostri sogni, della vostra freschezza.
Gavino, Proto e Gianuario hanno potuto sognare un futuro, il futuro di una Chiesa che neppure essi hanno potuto poi toccare con la mano. Essi hanno riconosciuto la loro chiamata, e questa chiamata è divenuta un atto concreto, una realtà.
Sognare una vita degna della sua vocazione, sognare un’eternità degna della sua identità e della sua missione. Questo è ciò che il Papa ci sta chiedendo con l’invito alla conversione pastorale ma anche a sognare una società degna della persona umana.
Questa sera ci siamo rimessi alla scuola dei protomartiri Gavino, Proto e Gianuario. Siamo venuti qui per chiedere loro la grazia di essere le nostre guide, i nostri maestri. E poi, sottolineiamo la valenza della scuola, vale a dire di ciò che forgia la persona umana, dell’ambiente che forgia l’individuo.
A voi, tanti giovani qui presenti, dico: avrete delle battaglie nella vita a trent’anni, quarant’anni, cinquant’anni, ma se volete vincerle, bisogna cominciare ora. Adesso occorre prepararsi. Occorre adesso essere assidui allo studio, traducendo questo monito. Direi che anche per noi è importante metterci alla scuola di grandi maestri, di esempi significativi, che possano veramente educarci a combattere le autentiche battaglie della vita, cioè le sfide della vita, le gioie e anche le fatiche della vita. E la vita ci porta sempre a scuola.
In modo speciale desidero affidare in questo pellegrinaggio, il cammino di rinnovamento e di promozione dei centri culturali della Diocesi, dei luoghi di educazione delle nuove generazioni. È un’emergenza, è un’urgenza, è una necessità. Servono scuole, cioè contesti, ambienti, spazi.
San Paolo VI nel 1969 ricordava che i santi ci fanno sognare, Essi ci insegnano quali sono i veri valori indispensabili nella vita. Vogliamo chiedere ai nostri Santi Patroni Turritani di aprirci un orizzonte, un orizzonte ampio affinché dal sogno attraverso il cammino ciascuno possa raggiungere la meta con gioia».