Ozieri: la veglia vocazionale presieduta dal vescovo Gian Franco Saba per la 61a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni (testo dell’omelia e podcast)
Nel tardo pomeriggio di sabato 20 aprile l’arcivescovo Gian Franco Saba ha presieduto nella cattedrale di Ozieri la veglia vocazionale in occasione della 61a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.
Qui di seguito potete leggere e ascoltare l’omelia dell’ Arcivescovo Gian Franco:
<<Saluto con fraterno affetto il carissimo monsignor Corrado, vescovo di questa bella diocesi di Ozieri e delegato nella Conferenza Episcopale Sarda per la Pastorale delle Vocazioni.
Saluto don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale delle Vocazioni, i presbiteri e tutti voi, carissimi fratelli e sorelle.
Viviamo questa sera un appuntamento “di casa in casa”, in comunione gli uni con gli altri, per invocare da Dio il dono della scoperta della vita come vocazione, come chiamata.
Quest’anno il Santo Padre Francesco ci invita a porre in relazione la dimensione e l’esperienza della preghiera con quella dell’ascolto. Sottolineiamo questa esperienza della preghiera e dell’ascolto attraverso l’immagine della casa: creare casa. Dio stesso è diventato per noi casa. Abbiamo ascoltato nel testo dell’Apocalisse che Egli ha posto la sua tenda in mezzo a noi. L’evangelista Giovanni ci ricorda, descrivendo il mistero di Dio che si è fatto uomo, del Verbo di Dio, che si è fatto carne, che ha posto la sua tenda in mezzo a noi, la sua casa, la sua dimora. Dio stesso diventa casa, diventa luogo di incontro. Egli ci accoglie nella sua vita.
Questa immagine esprime bene la dimensione, dunque, dell’ascolto. Ci introduce nella sua casa perché possiamo ascoltare la sua voce. Non vi è un luogo più bello, più familiare, più caldo di quello della casa per ascoltare una voce d’amore, la voce di chi desidera comunicarci il suo amore personale.
Infatti, a ciascuno di noi la casa ricorda il luogo della nascita, il luogo degli affetti, il luogo della crescita, forse anche il luogo della sofferenza per qualche aspetto educativo. Ma è il luogo dell’amore, il luogo della fraternità. È così nella relazione d’amore con Dio che scopriamo cos’è la nostra vita.
Dio stesso diventa casa che ci accoglie, che ci introduce e descrive anche l’Apocalisse. La vita, l’immagine finale dell’eternità, dove tutti i popoli, da tutte le nazioni, da tutte le lingue e tutte le stirpi, saranno radunate come in un luogo dove Egli pone la sua dimora e diventa dimora per l’umanità. Ecco, credo che questo ci aiuti a scoprire un volto nuovo di Dio. È quello di un Dio non lontano ma vicino.
La casa ci mostra la prossimità, la vicinanza. Dio è vicino a noi. La casa è luogo di affetti, ed Egli ci introduce nel suo amore. È molto bella questa immagine che Sant’Agostino, nel libro delle Confessioni, parlando di se stesso e dialogando del suo cammino, a volte arduo, a volte faticoso, dice: “Ecco, Signore, la casa del mio cuore. Entra in essa, o Signore. Forse è angusta la porta della casa del mio cuore. Dilatala Tu perché possa entrare in essa e possa udire la tua voce. Forse troverai le pareti, la casa del mio cuore un po’ rovinate. Restaurala Tu, Signore. Forse troverai le stanze della casa del mio cuore maleodoranti. Profumale Tu, o Signore.”
La concretezza di queste immagini di Agostino ci dice che l’incontro con Dio avviene proprio in un luogo di intimità e anche di verità. La casa è un luogo di intimità e di verità, dove Dio ci accoglie così come siamo, ci incontra nella nostra povertà e nella nostra ricchezza. E questo è molto bello: scoprire che è possibile iniziare un dialogo con Dio anche laddove le condizioni di partenza potrebbero sembrare difficili, potrebbero sembrare non pronte, non preparate.
E credo che questa sia una pagina di Vangelo della vocazione che noi oggi siamo chiamati ad annunciare. Il Papa nel messaggio per questa giornata ricorda i giovani lontani, i giovani diffidenti, forse, che pensano di essere lontani da Dio, forse che vivono una diffidenza nei confronti di Dio che mette in gioco la propria libertà. Ma il Vangelo della vocazione annuncia che Dio promuove la nostra libertà; non viene per toglierci ciò che è il focolare della casa, ma per introdurci e alimentare questo focolare della casa.
Come Chiesa, in un tempo di missione, siamo chiamati forse a stare anche nella soglia di questa casa dell’umanità dove tanti attendono l’invito. “Anche tu puoi entrare. Per tutti vi è spazio”, dove non si predilige la via di una Chiesa elitaria, una Chiesa di élite anche nell’ambito delle vocazioni, ma si predilige la via del progetto di Dio.
Egli chiama nel mistero del suo amore e nel mistero della sua libertà ciascuno a collaborare, a costruire il suo Regno. La casa è anche il luogo dell’ascolto, è l’umile luogo dove si cresce educando all’ascolto e alla preghiera. È il luogo dell’intimità. E allora la preghiera e l’ascolto hanno bisogno di un ambiente particolare, che è quello del far saper fare silenzio, creare le condizioni per ascoltare.
Oggi noi viviamo in una società nella quale il rumore e il parlare sono diventati una schiavitù, simile all’alcol, al fumo, alle dipendenze. Facciamo difficoltà a metterci in ascolto. Eppure il focolare nella casa è il luogo della narrazione, il luogo dell’incontro, dell’ascolto reciproco.
La mensa, nell’immagine della casa, è il luogo dell’incontro e il luogo della condivisione. Ecco, ciascuno di noi ha bisogno di riscoprire questo spazio di intimità che non è di intimismo, ma di ritorno al cuore. Cioè far cessare le tante voci, il tanto frastuono, per metterci in ascolto di Colui che è venuto per parlare di sé stesso, perché ha posto la sua dimora in mezzo a noi, per parlarci di sé stesso, per incontrarci.
E questo incontro è un incontro di amore e non è possibile incontrare l’altro se non in un clima di relazione, in un clima dove c’è la disponibilità ad orientare il proprio sguardo, le proprie orecchie all’altro, all’alterità. Il silenzio, perciò, non è un nemico. Il silenzio non vuol dire spegnere le voci che vi sono nel cuore, anzi, significa farle emergere. Non significa narcotizzare i sentimenti dell’esistenza umana, narcotizzare i bisogni dell’esistenza umana.
Ma quanto più questi emergono e vengono fuori, tanto più noi entriamo in questo dialogo di preghiera che non è fatto di parole, ma di incontro. E perciò possiamo distinguere due tipi di parole: le parole parlanti e le parole parlate, come sottolinea Merleau-Ponty. Questo autore francese le sottolinea con molta attenzione. Cosa sono le parole parlanti? Sono le parole dell’aurora, le parole della vita, le parole sorgive. Sono le parole della risurrezione, la parola dell’aurora di chi annuncia “non è qui, è risorto”, cioè la vita. Dopo la notte c’è la vita.
E questo l’annuncio vocazionale che tanti ragazzi, giovani, persone di ogni cultura, di ogni ceto, attendono di poter sentire parole parlanti. Sono le parole della vita, le parole che danno ancora possibilità. Ecco perché anche nella pastorale vocazionale tutti noi siamo chiamati a non rinchiuderci in schemi rigidi, fissi, ma a lasciar lavorare lo Spirito Santo.
Vi sono poi le parole parlate, cioè le parole feriali, che hanno perso valore. Sono quelle parole che non riescono più ad esprimere ciò che di bello, di buono vorremmo trasmettere.
Abbiamo bisogno di riascoltare Colui che è la Parola di Dio fatta carne, la Parola che parla e che genera casa. Sono le parole parlanti che pian piano rendono il cuore aperto, sincero e generoso. Sono tre dimensioni che il Papa ci invita a coltivare: l’apertura, che Agostino abbiamo detto chiede nel suo cuore, nel suo dialogo “Apri, Signore, dilata tu lo spazio”. Agostino dice che la sua vita è in frantumi, ma può rincominciare e ogni cammino vocazionale può sempre ricominciare, può sempre ripartire. Vi è sempre una possibilità. E poi c’è la generosità. È quello che Agostino chiede di amare con il suo amore la sua vita, perché risanato da quell’amore, possa anche egli amare con occhi nuovi, con sentimenti nuovi.
Il Signore ci conceda di entrare in questa logica, di abitare la casa dell’umanità non da discepoli missionari con il grembiulino perfetto e che attendono persone con il grembiulino perfetto, ma da discepoli missionari aperti ad entrare in contatto con tutte le situazioni che la vita umana, nel mondo del lavoro, dell’economia, della politica, della società ci presenta in modo speciale.
In questa domenica del Buon Pastore per le vocazioni di speciale consacrazione, diventa per noi uno sprone affinché sappiamo andare oltre tutto ciò che è bello, pulito, lindo per essere pastori che stanno in mezzo alla vita del mondo con i segni di contraddizione, ma anche con la forza della speranza che il Signore ci infonde. E questa sera vogliamo chiedere, come il Papa ci suggerisce nel suo messaggio, di diventare pellegrini di speranza e discepoli missionari che risvegliano la vita ad una esperienza, alla vita compresa come chiamata di Dio>>.