“La Chiesa diocesana è chiamata a investire in educazione e formazione”
Venerdì 4 novembre, memoria di San Carlo Borromeo, nella cappella del Seminario arcivescovile di Sassari si è svolta la concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Gian Franco per l’inizio del ministero di mons. Salvatore Fois come nuovo rettore. Erano presenti il Vicario generale, i Vicari episcopali, presbiteri, religiose, i seminaristi, la mamma Salvatorica e le sorelle di don Salvatore, rappresentanti delle aggregazioni laicali e una delegazione della parrocchia San Vincenzo de’ Paoli in Sassari, dove il nuovo rettore è stato parroco sino a pochi giorni fa.
Nell’omelia, l’Arcivescovo Gian Franco ha ringraziato mons. Fois «per aver accettato, in piena obbedienza l’incarico» e invitato quanti partecipavano alla celebrazione «a rivolgere lo sguardo alla Parola di Dio appena proclamata e alla figura luminosa di San Carlo Borromeo». Dopo aver ripercorso alcuni tratti della vita di San Carlo, l’arcivescovo ha evidenziato che «anche noi, come lui, viviamo in un’epoca di riforma pastorale», per poi aggiungere: «La prima riforma che San Carlo ha compiuto è stata nella propria vita, assumendo la decisione di dedicare la propria vita a Dio con l’ordinazione sacerdotale. Decisione che prese dopo aver partecipato ad un corso di esercizi spirituali tenuti da un santo gesuita, il padre Ribera». Prendendo spunto da tale esperienza vissuta da San Carlo, monsignor Saba ha detto: «Per compiere una scelta di vita occorre creare situazioni, condizioni, esperienze che possano aiutare a ritrovare e ascoltare la voce di Dio nella propria vita. Nella pastorale vocazionale occorre soprattutto questo. La protezione di San Carlo nell’accompagnare la comunità del nostro seminario ci ricorda che il seminario non è una struttura chiusa in se stessa. La domanda che dobbiamo farci non è: quanti ragazzi ci sono, ma qual è oggi la vocazione del seminario? Questa è la prospettiva: non la quantità, ma qual è la vocazione. Per questo dobbiamo parlare di due seminari: quello interno e quello esterno, presente in tutta la diocesi, costituito dall’insieme dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, che anche oggi ho incontrato durante la Visita pastorale nella parrocchia di Palmadula». Ampliando la riflessione l’arcivescovo ha aggiunto: «Oggi la Chiesa diocesana è chiamata ad investire in educazione e in formazione. L’evangelizzazione e l’educazione sono intrinsecamente connesse tra loro. L’annuncio dell’evangelizzazione passa attraverso l’educazione. Infatti, la libertà e la genuinità dei ragazzi e dei giovani necessitano di mani plasmatrici, non manipolatorie, che offrano loro la possibilità di essere accompagnati. Questo lo esprimiamo quando diciamo che la famiglia è il primo seminario così come lo è la parrocchia, con i “seminatori di fede”, per contatto, come dice Sant’Agostino». Poi ha aggiunto: «Il seminario deve essere una realtà aperta e accogliente, con spazi e ambienti differenziati, con itinerari e proposte educative distinte, che abbiano un chiaro indirizzo. L’ospitalità non significa conformazione, uniformità delle accoglienze; occorre che vi siano anche forme differenziate perché possano portare a frutto.
L’Arcivescovo soffermandosi sulle letture proposte dalla liturgia del giorno ha quindi affermato: «Qual è l’obiettivo di crescita che la Parola di Dio oggi suggerisce per le vocazioni orientate al ministero sacerdotale? È quello che San Paolo dice ai cristiani del suo tempo: “Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate presuntuosi”. L’esortazione dell’Apostolo non è un invito alla mediocrità, ma ad acquisire una giusta misura, una giusta conformazione». Poi ha aggiunto: «San Giovanni Crisostomo nel Dialogo sul sacerdozio ci ricorda che colui che viene chiamato al ministero della Chiesa deve aver raggiunto il giusto “métron”, la giusta misura. Oggi, per acquisire un habitus conforme alla grazia ricevuta è necessaria un’ascesi. Questa prospettiva la indico ai seminaristi e ai loro formatori: se non c’è il métron – l’habitus interiore – questo non può essere dato dai tanti paludamenti che si potranno indossare». Richiamando il messaggio di papa Francesco per il lancio del Patto educativo, l’Arcivescovo ha affermato: «Papa Francesco ci invita a ricostruire il Patto educativo globale che egli sogna come un villaggio dell’educazione. Ecco, anche il seminario è un villaggio dell’educazione, che deve proporre percorsi personalizzati, con un’alleanza tra tutte le componenti della persona: studio e vita, crescita fisica e intellettuale». Poi, richiamando ancora il messaggio di papa Francesco, rivolgendosi agli educatori ha concluso così: «Occorre avere il coraggio di mettere al centro la persona, di promuovere una sana antropologia, di investire le migliori energie con creatività e responsabilità, investendo nella progettualità a lunga durata. Ed infine occorre avere il coraggio di formare persone
disponibili a mettersi al servizio della comunità».