Nel pomeriggio di venerdì 22 marzo, l’arcivescovo Gian Franco Saba ha guidato, al termine della celebrazione eucaristica per la chiusura del settenario dell’Addolorata nella Chiesa di Sant’Antonio Abate, la tradizionale Via Crucis Cittadina. Il corteo, partito dalla chiesa di Sant’Antonio, è giunto fino a Piazza Castello sostando prima nella chiesa di Santa Caterina per ricordare, a 400 anni dalla sua morte, il gesuita padre Salvatore Pischedda che è sepolto nella prima cappella a destra dell’ingresso in chiesa.
Via Crucis, le parole dell’arcivescovo Gian Franco Saba:
<< Con questa via crucis, con la quale commemoriamo anche i martiri missionari, ci introduciamo al cammino della via della Settimana Santa. L’esperienza della Via crucis ci ricorda alcune dimensioni fondamentali della vita cristiana e della Chiesa. Anzitutto che siamo nati da Cristo, dal sangue versato da Cristo, dal suo corpo donato. Egli è il martire, il testimone per eccellenza, l’agnello immolato, Colui che ha offerto la sua vita per tutta l’umanità, per mostrare il volto dell’amore di Dio per l’umanità. Il volto della Croce, del Crocifisso, è un volto di amore. Ma quel volto porta anche la tristezza dei segni del male, del peccato del mondo, dei nostri peccati che continuano a oltraggiare il corpo di Cristo.
Per questo, anche alle origini, nei primi secoli, davanti al martirio di tanti credenti in Cristo i padri della Chiesa affermano che il sangue dei martiri era seme di vita cristiana, nuovi cristiani, perché la loro donazione, la loro offerta era un seme vitale. Efficace come l’azione di un seme che è gettato nel terreno: dà vita, genera nuova vita, muore per generare vita. E questo è il mistero di Cristo, come un seme muore per generare vita. Quale vita? La nostra vita in Dio, la nostra vita all’eternità, la nostra vita nuova.
Oggi ricordiamo anche i tanti martiri che sono stati elencati, che sono, come ci ricorda Papa Francesco, ancor più numerosi dei martiri dell’antichità, ovunque vi sono persone d’ogni età, di ogni ceto sociale, di ogni cultura, di ogni tipo di appartenenza che per la causa di Cristo offrono la loro vita, muoiono per la causa del Vangelo. Animati da questa testimonianza, anche noi vogliamo essere una Chiesa viva, non una Chiesa di morte. Vogliamo essere come Cristo, che è un seme gettato sulla terra e genera un albero di vita.
Vogliamo rinunciare, in questa pia pratica della via crucis, ad essere seme di morte per divenire semi di vita?
È un modo di essere discepoli missionari. Papa Francesco ci invita e dice che tutti siamo discepoli missionari, non solo discepoli e poi anche missionari, ma contemporaneamente discepoli missionari. Questa immagine del seme che ogni giorno, nei diversi ambienti di vita, nelle diverse esperienze di lavoro nelle diverse condizioni sociali, questo seme di vita evangelico al quale corrisponde il nome di ciascuno di noi e di tanti nostri fratelli e sorelle credenti che ora non sono qui, genera una Chiesa viva e perciò, anche noi, facendo memoria delle parole di Papa Benedetto davanti a questo mistero diciamo che la Chiesa è viva e la Chiesa è giovane.
Questa vita nasce e rinasce continuamente dalla grazia di Cristo. Vogliamo, in questo cammino Pasquale, abbandonare tutte le opere di morte, tutto ciò che non mostra vita ma mostra morte. E lo vogliamo fare sintetizzando in tre atti, in tre azioni che abbiamo compiuto anche questa sera. La prima: camminare. Una chiesa che cammina, discepoli missionari che camminano. Non senza una meta, ma che camminano dietro Cristo. E perciò la nostra scelta non è quella dell’accidia, ma è quella del cammino. È quella della sequela, è quella di introdurre nelle nostre vite e nelle nostre comunità un dinamismo di movimento nuovo, un dinamismo che liberi la Chiesa, che liberi l’esperienza cristiana da tutto ciò che la blocca, da tutto ciò che la paralizza per essere una Chiesa in cammino, un popolo in cammino, come siamo stati stasera. Vogliamo camminare anche chiedendo perdono, facendo penitenza: questa è la seconda azione che abbiamo compiuto oggi. Non possiamo durante l’esercizio della Via Crucis non pensare soprattutto a chi vive la tragica esperienza della guerra. In questa Settimana Santa vi saranno tanti richiami penitenziali, forse non sapremo il perché dobbiamo farli. Forse ci è sfuggito il senso. Il senso è uno solo: generare una vita nuova in Cristo. La terza dimensione che intendo sottolineare è quella del camminare da missionari e questo ce lo suggerisce questa sera la bella figura che abbiamo ricordato proprio oggi,padre Salvatore Pischedda, missionario gesuita originario della nostra Chiesa diocesana e originario di Ploaghe. Padre Salvatore scoprì la sua vocazione, fece della sua vita un cammino, un cammino con un compito: annunciare il Vangelo. Padre Salvatore Pischedda sicuramente è un modello da imitare, da pregare insieme ai tanti altri uomini e donne della nostra città, del nostro territorio, che attendono il riconoscimento della santità. Già dei passi sono stati fatti, ma altri occorre farne. Ricordiamo padre Manzella, la venerabile Paola Muzzeddu, il Beato Francesco Zirano, la Beata Elisabetta Sanna. La loro intercessione e il loro esempio ci mostrano l’attualità di essere una Chiesa viva, non vogliamo rievocare tombe del passato e mettere in mostra dei busti da museo. Vogliamo guardare ad esempi concreti di vita cristiana che hanno saputo spendere la propria esistenza per la causa di Cristo e del Vangelo. Come abbiamo ascoltato il sacerdote missionario Salvatore Pischedda passò anche le forche caudine della inquisizione per le accuse subite, ma egli venendone indenne, continuò la sua opera. Sassari ha una ricca tradizione di santità, ha una ricca tradizione di persone che si sono spese per l’educazione e per la cultura delle nuove generazioni e del popolo di Dio.
Abbiamo bisogno di ridare nuova linfa a strutture educative formative. Oggi, nel conoscere e comprendere la loro vocazione, ringrazio i sacerdoti della città che si sono uniti a questa Via Crucis, l’Ufficio Missionario, per aver animato questo momento di preghiera, la presenza del seminario diocesano, la presenza delle religiose religiosi, la presenza delle Arciconfraternite. In questa settimana Santa avremo tanti appuntamenti : valorizziamoli al meglio sentendoci discepoli missionari.
Un grazie ai giovani scout che hanno accompagnato e guidato questo pellegrinaggio. La vostra presenza, il vostro carisma, l’attenzione alla cura della casa comune fa parte di quella cura di Gesù di cui avete accompagnato la Croce questa sera. Questa sera Gesù è stato protagonista, Egli si è preso cura di tutti>> .