Ritiro del clero: il messaggio del vescovo Gian Franco
Questa mattina, durante il ritiro del clero nel seminario arcivescovile a Sassari, l’arcivescovo Gian Franco Saba ha tenuto un intervento alla presenza dei sacerdoti della diocesi.
IL CAMMINO DELL’ESODO VERSO LA VITA NUOVA DONO DEL RISORTO: 1 Cor. 10, 1-13
<<La gioia del vangelo che riempie la vita della comunità dei discepoli è una gioia missionaria… questa gioia è un segno che il Vangelo è stato annunciato e sta dando frutto MA HA SEMPRE LA DINAMICA DELL’ESODO E DEL DONO, DELL’USCIRE DA SE, DEL CAMMINARE E DEL SEMINARE SEMPRE DI NUOVO, SEMPRE OLTRE…
L’intimità della Chiesa con Gesù è un’INTIMITA’ ITINERANTE. È vitale che oggi la Chiesa ESCA ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e paure>> (EG 21-23)
Il messaggio del vescovo
Questa mattina ci lasciamo guidare dalla luce dei Padri della Chiesa sul mistero dell’esodo come dinamismo sempre vivo nel cammino del popolo di Dio. Meditiamo alla luce dei Padri il testo dellapostolo Paolo rivolto alla comunità di Corinto: 1Cor. 10, 1-13. Questa lettura rilegge la Pasqua cristiana nella chiave tipologica e allegorica della Pasqua Ebraica. L’esperienza dell’esodo offre un orizzonte ampio per comprendere sempre più quanto Papa Francesco ci chiede nell’Evangelii Gaudium: assumere il dinamismo di essere una Chiesa in uscita. Il papa ci ricorda che nella parola di Dio appare questo dinamismo in uscita che Dio vuole provocare nei credenti. Abramo e Mosè accettarono e ascoltarono la chiamata a partire per una terra nuova. Nel nostro cammino verso la Pasqua meditiamo su quale uscita il Signore desideri provocare nella nostra Chiesa particolare, nel nostro presbiterio in tutto il popolo di Dio. Il Triduo pasquale che stiamo per vivere e celebrare è un’esperienza di grazia che ancora una voltàgetterà luce su questo cammino, sul nostro dinamismo esodale. Dio non fa camminare verso il vuoto, orienta verso una meta, verso la Sua Luce pasquale.
L’esodo: il volto della missione della Chiesa in un cambiamento d’epoca
L’esodo ci porta alla prospettiva della gioia, per riscoprire che la dimensione della gioia è frutto di un cammino. Nella tradizione patristica l’esodo è concepito come il lieto annuncio: l’euangelion che dà la forza per un cammino. L’evangelista Luca evidenzia che Gesù a Cafarnao disse: “lo spirito del Signore è su di me, per questo mi ha consacrato, mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio…” (Lc 4,18). Gesù, infatti, è l’uomo dell’esodo per eccellenza, lo vive, lo prova e inizia i suoi discepoli ad un cammino. La Sua uscita da questo mondo è, di fatto, un esodo verso il Padre, un esodo che porta al Padre i figli cercati con amore.. Come si legge tra le righe dell’Apostolo Paolo l’esodo non avviene da soli, e infatti Cristo fu guidato dallo Spirito. I Padri della Chiesa ci ricordano che tutti attraversarono il mare sotto una nube, tutti furono battezzati, tutti mangiarono e bevvero, vennero accompagnati, perché la presenza di Dio è per tutti, lo Spirito è presente. Il Vangelo dell’esodo rappresenta lo stile del credente, perciò non può essere un avvenimento episodico. Il libro dell’Esodo, nella tradizione dei Padri,costituiva un testo per catechesi rivolta a chi si preparava al battesimo, oppure per spiegare il mistero dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. La Chiesa dei Padri non è una chiesa statica ma una Chiesa in cammino, che sa che può contare solo sul seme del Vangelo e sulla Grazia di Dio. E’ una Chiesa che ha vissuto concretamente le diverse dimensione di un cammino aperto a tutti. L’esodo convoca tutti e nel cammino è posto ora sotto la nube, ora viene sostenuto dall’acqua o dalla manna. Le nostre Chiese sono chiamate ad abbeverarsi alla roccia che è Cristo, all’acqua che sgorga da Cristo. I padri videro nel cammino dell’esodo la natura e la missione della Chiesa: chiamata a realizzare le opere di Dio. La vera missione è accompagnare il popolo, tutto il popolo. L’esodo non è un cammino selettivo, tutti sono coinvolti e invitati. In questa chiave i Padri lessero anche i sacramenti, mostrando che questi furono annunciati per tutti e non solo per alcuni perché Cristo invitava tutti ad un cammino.
Il Signore, la vera guida del popolo nell’esodo che suscita collaboratori
Nell’esodo il Signore suscita degli accompagnatori, delle guide per il cammino, suscita la presenza di persone che siano il segno del braccio del Signore, suscita collaboratori come pastori affinchè si mettano alla ricerca di nuove vieche orientino la fatica del cammino. I Padri mettono in evidenza come le guide siano necessarie perché le vie dell’esodo sono al plurale e non al singolare: vi sono più vie per entrare nella terra promessa. Il Signore è una presenza costante, occorre stare sotto la nube, essere accompagnati dal Signore. Egli è il custode d’Israele, il suo salvatore. Nell’esodo è necessaria la preghiera di intercessione. Mosè si stanca perché il popolo è peccatore e idolatra, ma non si lascia sedurre dalla proposta di abbandonare suo popolo, accoglie invece la proposta di accompagnare il piccolo gregge che talvolta non comprende la chiamata di Dio. Mosè, come un servo, implora il perdono per il popolo e chiede di essere eliminato anche lui con esso, chiede il dono della terra promessa. Vive la dinamica dello sconforto e della fiducia che si alternano nella sua missione. Mosè è anche il simbolo della guida che riceve la Parola, il segno della volontà dell’amore di Dio. Mose può guidare il popolo perché è guidato dalla Parola di Dio. Non c’è esodo senza la Parola di Dio che offra una prospettiva. Secondo il commento di sant’Ambrogio, in questo cammino, Mosè è chiamato a togliere i calzari, condizione della chiamata ad accompagnare il popolo verso il regno di Dio. Mosè si spoglia dunque delle cose che bloccano il cammino, che non consentono di andare avanti. Il collaboratore di Dio nell’accompagnare il popolo nell’esodo non deve avere paura di nulla, né deve farsi intralciare nel compimento al dovere. Mosè davanti alla richiesta di Dio di slacciarsi i calzari e la sua risposta docile viene reso idoneo per accompagnare il popolo. Questa è la bellezza dei piedi di chi annuncia il Vangelo, di chi si libera di quei pesi che non consentono di poter annunciare.
I rischi del cammino: dai blocchi della schiavitù verso lo slancio dei figli liberi
Clemente Romano rivolgendosi ai cristiani di Corinto con un autorevole Lettera della fine del primo secolo, evoca il paradigma dell’esodo e lo propone come modello di confronto e di riflessione poiché la vita della comunità è segnata da tentazioni, rischi e divisioni. Per Clemente la Chiesa è una realtà in cammino che deve tenere un costante atteggiamento orante, che deve avvicinarsi a Cristo nella santità del cuore, amando Dio padre benevolo e misericordioso il quale fece di noi una porzione scelta per sé. La Chiesa è una porzione, non un popolo potente. Il cammino dell’esodo è un cammino Pasquale che deve animarla dal i dentro. La porzione della Chiesa è una porzione inclusiva perché la Pasqua è offerta a tutti; l’umanità intera oggi vive come un grande esodo ci ricorda Papa Francesco. E’ un cammino che siamo chiamati a vederlo secondo una logica ampia ed ecumenica. La Chiesa è invitata a Vivere l’esodo come stile di vita. Per Ireneo l’esodo è come un farmaco donato per guarire dalla schiavitù, è un’azione di Dio che chiama pedagogia curativa, affinché il popolo ritrovasse il clima giusto per recuperare la sua relazione con Dio, perché l’uomo divenisse discepolo di Dio. Questo è l’obiettivo di Dio, questo è il vero obiettivo dell’esodo. Ecco perché occorre rileggere la storia salvezza in chiave discepolare: per rinnovare la gioia dell’incontro con Cristo, per riscoprire la gioia di essere figli della Pasqua. L’esodo rivela lo stile dell’uomo ma anche stile di Dio, chiama ad uscire dalla schiavitù per generare un popolo pellegrino. “Abramo resta il modello di ogni esodo, lasciando ogni parentela terrena seguiva il verbo di Dio, peregrinando con il verbo per rimanere con il verbo” – scrisse Ireneo.
Sant’Ambrogio pone in evidenza che occorre uscire per sostare in Cristo, dove il verbo uscire significa passare oltre ogni forma di prigionia, prendere una tensione verso una meta. Ambrogio scrisse: “Nell’esodo Mosè vide molti miracoli, non altrettanti chi non è in esodo” – la garanzia dell’esodo è l’agnello immolato. Il Santo profeta Mosè sacrificò l’agnello in precedenza, perché chi avesse mangiato non subisse le insidie dello sterminatore. Cristo è il vero Agnello. Cristo rappresenta la vera colonna di fuoco, la vera nube, continua a guidare la Chiesa verso salvezza della patria eterna. Così come Dio andò in avanscoperta durante la marcia degli ebrei così ancora egli accompagna i nostri passi. Mosè seguiva la colonna di fuoco, seguiva nel buio della notte perché la luce del Verbo di Dio rischiarava il cammino. La Chiesa è chiamata a seguire la colonna di luceche la precede e la accompagna verso la Pasqua. L’esodo ha come orizzonte la scoperta di essere accompagnati, guidati, sostenuti da Dio. L’esodo conduce ad un passaggio che fa sperimentare la gioia della libertà, introduce nell’alba di un giorno luminoso nonostante le tenebre della notte del male.