Lo spazio di umanità che cerca il vero Risorto
Dall’omelia di Mons. Gian Franco Saba, pronunciata durante il Pontificale di Pasqua nella Cattedrale di San Nicola in Sassari, domenica 21 aprile 2019.
«L’evangelista Giovanni ci aiuta a percorrere il cammino dei discepoli del Signore: non avevano ancora compreso la scrittura, talvolta si erano assopiti e addormentati, alcuni erano impauriti, altri addirittura fuggiti. Tuttavia anche in questo amore incompleto per il Signore, in questa conoscenza incompiuta di Dio, in quello spazio preciso di umanità, Egli viene in nostro soccorso e apre la nostra intelligenza alla comprensione delle Scritture, alla comprensione di Cristo veramente risorto. Questo è il metodo di Dio, che parte della nostra situazione.
Oggi, anche per noi, credere nel mistero della Resurrezione potrebbe apparire qualcosa di non pienamente concepibile con la ragione. Anche noi che siamo cristiani per dono, per grazia, nati in una cultura cristiana, abbiamo bisogno di risorgere come discepoli: in ricerca, disponibili a rivolgere il pensiero alle “cose di lassù”, dove lassù non sta ad indicare l’estraniazione dal mondo, dalla storia, dalla vita, ma quelle cose che occhio non vide e orecchio mai avrebbe udito se lo stesso figlio di Dio non ce le avesse rivelate. Il Risorto ha assunto l’umanità veramente non apparentemente: la Resurrezione non è una teoria astratta, non è qualcosa di generico. Veramente il Signore ha assunto l’umanità ferita e l’ha redenta. Il nostro lassù è dunque Cristo, qui risorto, qui luminoso, che desidera illuminare la nostra vita e condurre il nostro cammino.
Perciò la Chiesa nella propria passione, nella propria azione, non può essere segnata da una pastorale che annuncia un Cristo dell’apparenza, ma un Cristo che si incarna nella storia. La Chiesa entra dentro le vene della storia, dentro le sue ferite e oggi noi preghiamo con i lavoratori della Secur, che da oltre cento giorni sono in piazza d’Italia per la vertenza sul lavoro, e preghiamo in comunione con tante altre persone segnate dal lutto, dalla fatica dell’esistenza, dalla malattia, dalla non accoglienza, da tante incompiutezze umane. Preghiamo con il mondo dei migranti e il mondo di coloro che hanno smarrito il senso della vita.
Il cammino di rinnovamento ecclesiale promosso dal Santo Padre Francesco e dal collegio dei vescovi non è un rinnovamento di superficie, non è un rinnovamento legato a questioni di secondaria importanza. È un rinnovamento di natura evangelica, cioè inerente la stessa professione di fede in Cristo. Eppure anche questo è un messaggio costantemente incompreso o frainteso, perché sembra ad alcuni che il Santo Padre non parli di Cristo e parli solo degli ultimi: forse non si riesce a vedere che, parlando degli ultimi, parla del Cristo ancora sofferente? Forse scomoda le nostre coscienze, il nostro modo borghese di pensare.
Se saremo una Chiesa che cresce nella fede, che supera il passaggio del “non sappiamo dove l’abbiamo portato” perché abbiamo ascoltato l’invito dell’apostolo a rivolgere lo sguardo alle “cose di lassù”, saremo una Chiesa significativa che annuncia Colui che si è affidato alle nostre mani, colui che ci ha chiesto di essere nel tempo un prolungamento della sua luce, del suo amore, della sua presenza; di essere in qualche modo una via che indica la strada verso Dio.
Perciò facciamo festa nel Signore, viviamo questo primo giorno della settimana perché tante pietre possano essere tolte dai numerosi sepolcri che incombono e possa entrare ovunque la luce della risurrezione, la luce della Pasqua. Il Signore ci conceda, fortificati dalla luce dello Spirito Santo, di essere veri cantori dell’Alleluja, consapevoli attori della Pasqua».
Leggi l’Editoriale di Mons. Gian Franco Saba per La Nuova Sardegna del 21.04.2019