L’Arcivescovo a Osilo: “Occorre entrare in una dinamica partecipativa”
Nel primo pomeriggio di giovedì 20 aprile l’Arcivescovo Gian Franco ha visitato la caserma dei Carabinieri di Osilo per un saluto ai militari dell’Arma, guidati dal Maresciallo Murittu. Al termine si è recato nell’aula consiliare del municipio per l’incontro con il Consiglio Comunale alla presenza dei rappresentanti delle varie associazioni. A fare gli onori di casa il sindaco di Osilo Giovanni Ligios: “Rinnovo i miei saluti e i ringraziamenti all’arcivescovo per la visita. Quella di oggi è una tappa importante del percorso della visita pastorale che andrà avanti ad Osilo fino al 30 aprile. L’incontro di oggi è un momento di confronto aperto tra noi per condividere riflessioni, affinché queste possano essere punti di partenza per migliorare l’essere e il vivere nella quotidianità. Da parte dell’amministrazione c’è la volontà reale di affrontare questo percorso in maniera semplice, perché possano emergere gli elementi comuni delle varie realtà”. Il messaggio. “Rivolgo a tutti voi un grazie sincero, perché questo non è solo un incontro formale. Tutti siamo coinvolti in un percorso, che ci vede vicini gli uni gli altri. In visita pastorale incontro le amministrazioni per questo, per entrare in una prospettiva di progettualità. Ci preoccupiamo del futuro ed è una cosa buona, ci riporta ad un compito, alla responsabilità sociale che tutti noi abbiamo. La collaborazione tra Chiesa e amministrazione è fondamentale e vedo che qui è viva. Tutti abbiamo responsabilità verso il futuro, che si compie vivendo bene il presente. Osilo occupa una posizione importante, che può considerarsi strategica, ed è un fattore rilevante se promossa per il bene di tutti nel territorio. Occorre dialogare e trovare momenti per discutere sul futuro. La conversione pastorale della Chiesa prevede questo, che ci si metta in gioco: oggi serve infatti soffermarsi a chiederci cosa dobbiamo fare, è un atto importante, un discernimento importante. Fermiamoci a pensare, e portiamo queste riflessioni nel vissuto della vita quotidiana. Da questo punto di vista le parrocchie hanno un ruolo centrale. Prima la parrocchia educava a pensare e a riflettere con i mezzi consoni per quel periodo. I tempi della Cristianità sono finiti ma non quello del Cristianesimo, la ricerca religiosa è una dinamica sempre aperta. La prospettiva di apertura è importante. Oggi abbiamo trattato temi come lo spopolamento, l’economia è il lavoro, insieme possiamo fare qualcosa. Nei nostri contesti la rigenerazione passa per l’accoglienza dell’altro, di colui che riteniamo straniero, senza inclusione e diversità non ci sarà futuro di civiltà. La civiltà è stata prodotta dalla sintesi tra diversità, non è l’uniformità a produrre la civiltà. Il nostro impegno? Accettare questa sfida. Studio e ricerca sono elementi importanti, nessuno di noi può fare da solo. Nelle comunità bisogna rispettare le regole, queste se applicate possono diventare generative, per camminare insieme”.
L’Arcivescovo si è poi concentrato sul tema specifico della visita pastorale e del cammino sinodale. “Auspico – ha detto – che la visita pastorale susciti il desiderio di interazione tra di noi, di collaborazione. È utile trovare piste intelligenti che aiutino sotto il profilo della collaborazione, per entrare nella prospettiva di una scuola inclusiva. I nostri paesi si devono aprire verso una mobilità umana. La persona umana risponde ai propri bisogni sulla base della soggettività relazionale. Le occasioni di dialogo strutturato sono importanti, la Fondazione Accademia, ad esempio, sta lavorando per produrre un corso di formazione sul nuovo umanesimo politico non per occupare le sfere della laicità ma per entrare in una dinamica di sano dialogo tra differenti istituzioni. Le nuove generazioni soffrono di questa frammentazione. Le parrocchie siano inclusive, vogliamo costruire una diocesi che accoglie per rifarci al concerto di Chiesa dalle porte aperte. Occorre entrare in una dinamica partecipativa, non chiuderci, capire come creare connessioni. Le attività avranno una ricaduta nel tessuto della comunità e questo richiede lavoro, un processo di collaborazione e partecipazione spontanea. Costruiamo palestre per preparare le menti. Non c’è generatività senza questa dimensione. Dobbiamo, insieme, costruire tavoli di lavoro che promuovano progetti di questo tipo”.

