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L’Arcivescovo: “Ogni parrocchia apra cantieri sinodali”

Sabato 12 novembre si sono conclusi i tre giorni di esercizi di sinodalità, avviati giovedì 10 novembre a Stintino e ospitati poi a Sassari presso il centro di alta formazione “San Giorgio”. «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze». A partire da questo passaggio di Evangelii Gaudium, l’Arcivescovo Gian Franco ha sviluppato un intervento formativo dedicato in gran parte al mondo delle parrocchie. “Le nostre comunità siano il segno vivo di una Chiesa-Casa dalle porte aperte. Occorre mettersi in gioco. Se abbiamo ricevuto un dono, e questo è il grande dono della fede, occorre essere in grado di uscire all’esterno. Solo mettendosi in gioco – ha detto ancora l’Arcivescovo – sarà possibile acquisire un metodo, che verrà dato proprio dalle persone verso le quali andiamo per proporre l’annuncio, così come avvenuto agli apostoli. Nell’incontro tra Pietro e Cornelio, preso in esame durante il ritiro del clero, abbiamo visto come i due protagonisti dell’incontro abbiano appreso qualcosa l’uno dall’altro”. L’Arcivescovo si è poi soffermato sullo specifico dei cantieri sinodali. “Tutte le parrocchie si sentano chiamate ad attivare dei cantieri sinodali nelle rispettive comunità. Ma penso che anche l’Istituto Superiore di Scienze Religiose e la Fondazione Accademia possano essere coinvolte in questo processo, aiutando tutta la Chiesa turritana a riflettere da un punto di vista teologico sul concetto di confine. Occorre superare una mentalità ristretta. Molti di voi – ha detto rivolgendosi ai partecipanti – avete vissuto direttamente gli anni del Concilio e l’esigenza di cambiare mentalità. Ancora oggi occorre avere la medesima esigenza. Desidero inoltre riflettere sulla parrocchia come luogo dove si incrocia la mobilità umana. Il parroco è colui che crea ponti con la comunità civile, quindi occorre riflettere laicamente anche sulla parrocchia come presenza in un territorio. Questo cantiere, in fondo, è la cultura dell’incontro: uscire dall’indifferenza verso la prossimità”.

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