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Le Ceneri: una sveglia per il cuore verso la realtà

Mercoledì 26 febbraio nella Cattedrale di San Nicola, l’Arcivescovo ha celebrato il Pontificale delle Ceneri, inizio della Quaresima, rivolgendo alla Diocesi un invito a cogliere in questo tempo tutti gli spunti che la realtà offre -nella liturgia come nella vita- di “ritornare a Dio”: «Attraverso il simbolo delle ceneri, mediante il quale noi riconosciamo la nostra creaturalità, riscopriamo anche il mistero d’amore che è nascosto nel nostro essere creature: la pazienza misericordiosa, la magnaminità di Dio sono il segno del suo amore universale, poiché Dio è presente in tutto il Creato, ma in modo mirabile è presente nella creatura umana». «Siamo invitati a metterci in cammino per deciderci verso azioni buone e giuste secondo il tema pastorale di quest’anno e il progetto pastorale ancor più ampio per andare oltre l’indifferenza e metterci in ascolto della realtà. La prima realtà che la parola di Dio oggi ci invita ad ascoltare -ha continuato l’arcivescovo- è il nostro cuore, la nostra vita, la nostra esistenza, ed è questo che ci consentirà, come cristiani singoli e come Chiesa, di divenire sempre più capaci di compiere un cammino che non è semplicemente tempo, ma è un itinerario, un tempo di mistagogia cioè di ri-comprensione del mistero di ciò che noi siamo: unti da Cristo, immersi nel suo mistero dal giorno del nostro battesimo. Per ricevere il dono del primo Sacramento nessuno di noi si è mosso da solo: qualcuno ci ha accompagnati! Per ri-cominciare ad essere cristiani abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti ancora; per fare Chiesa abbiamo ancora bisogno di aiutarci reciprocamente».

«Il tempo di Quaresima -osservava mons. Saba- anche per noi come Chiesa, non è un tempo per stare chiusi nelle nostre mura, in attesa di chissà chi, ma è un tempo di uscita, per formulare inviti. Ce lo ricorda la parola di Dio di oggi: “Suonate il corno in Sion, proclamate un solenne digiuno, convocate una riunione sacra. Radunate il popolo, indite un’assemblea solenne, chiamate i vecchi, riunite i fanciulli, i bambini lattanti” e credo che queste parole, se non fossero e non divenissero un progetto e un programma di vita per ciascuno di noi, il effettivo nostro agire ed operare, sarebbe semplicemente un’azione sterile ed inefficace. Il Papa ci ricorda che “il suono di una sveglia” di cui ha bisogno la Chiesa, e questo corno è una sorta di suono stridente, che non sempre accarezza le orecchie, ma bandisce un richiamo per risvegliare chi dorme».

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Libertà | n.08 - 2020
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