Parrocchia San Gavino Martire, a Bancali: 70° anniversario dell’erezione della parrocchia.

25 Ottobre 2024 | News, primo piano

Nel pomeriggio di giovedì 24 ottobre l’arcivescovo Gian Franco, a Bancali, nella parrocchia San Gavino Martire, ha presieduto la Celebrazione eucaristica in occasione del 70° anniversario dell’erezione della parrocchia e del 90° anniversario della missione popolare di padre Giovanni Battista Manzella nel territorio.

Di seguito viene riportata l’omelia tenuta dall’Arcivescovo

«Con gioia questa sera celebriamo l’Eucarestia per rendere lode e gloria alla Santissima Trinità per il cammino pastorale che la parrocchia di San Gavino ha vissuto in questo suo cammino. Come ha sottolineato il parroco nella richiesta perché fosse il Vescovo a presiedere questa Eucarestia, oggi noi ritorniamo alla memoria, nella quale ricordiamo l’opera di evangelizzazione del servo di Dio padre Giovanni Battista Manzella, compiuta in queste borgate vicine alla città di Sassari, così come in altri contesti del territorio. In questa celebrazione ricordiamo anche la decisione del mio venerato predecessore, il Vescovo Arcangelo Mazzotti, il quale settant’anni fa istituì questa parrocchia, cogliendo i bisogni e le esigenze pastorali di questo territorio.

Questa sera noi lodiamo il Signore perché abbiamo davanti a noi una prima raffigurazione che è suggerita dalla Parola di Dio: quella di una moltitudine immensa: “Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide” (Ap 7,9). Il primo pensiero va al santo popolo di Dio, pellegrinante sulla terra, che in questi settant’anni anni sono passati in questa chiesa. Questa è la parrocchia, la casa presso la gente, la Chiesa-Casa, composta da una moltitudine immensa. Vi è nella parrocchia quella moltitudine di fedeli che abitualmente si incontrano nella celebrazione dell’Eucarestia e vi è anche una moltitudine di persone che nel silenzio delle giornate passano per un momento di preghiera davanti a Gesù, per un momento di affidamento al Signore. Una moltitudine immensa.

 

Pensando alla parrocchia oggi non troverei una raffigurazione più consona per descrivere come si compone e come si manifesta il volto della comunità parrocchiale: una moltitudine di ogni nazione, etnia, popolo e lingua. Qui troviamo anzitutto l’universalità dell’annuncio, perché il Signore convoca tutti i popoli. La Chiesa è cattolica perché convoca tutti, raduna tutte le genti di ogni lingua, popolo e nazione. Vi è poi un’altra dimensione, unita a quella della cattolicità: la pluralità delle presenze del popolo di Dio. Cioè, nel popolo di Dio, ciascuno cammina secondo la propria vocazione, secondo la propria chiamata. Vi è un’autentica diversità che è l’identità di ciascuno che porta però un abito che ci accomuna. Quest’abito è bianco:“avvolti in vesti candide” (Ap 7,9). È l’abito del battesimo; è la veste battesimale che il Signore ha donato a ciascuno di noi. Quando abbiamo ricevuto il battesimo, il presbitero imponendo la veste bianca ci ha detto: “Ricevi la veste segno di Cristo Salvator, custodiscila per la vita eterna”. Ecco la Vita eterna, la Gerusalemme celeste nella quale noi tutti ci ritroveremo progressivamente. Allora la nostra festa oggi è una festa di terra,ma anche una festa di paradiso, perché questa sera ricordiamo la moltitudine di persone che ci hanno preceduti, che hanno camminato in questa parrocchia, che sono stati qui, in piedi, davanti al trono dell’Agnello, cioè davanti a Cristo, alla Trinità Beata, in modo particolare alla Santissima Eucaristia, segno dell’Agnello immolato. E poi noi che oggi siamo ancora qui in cammino verso la meta.

Veramente la parrocchia è il luogo nel quale ogni persona trova casa, ogni individuo trova spazio. È la Chiesa dalle porte aperte, come papa Francesco costantemente ci ricorda. Avremo modo, indubbiamente, di celebrare l’itinerario giubilare e successivamente la Visita pastorale qui a Sassari. Sarà soprattutto quello il tempo, in quest’anno giubilare che sta per aprirsi, l’occasione propizia per dare un’importante valenza catechetica al giubileo della parrocchia. Sarà un’opportunità di grazia per sostare davanti al Signore. La ragione per la quale non si è voluto indire un anno giubilare esclusivo per la parrocchia è proprio per non creare sovrapposizioni in un anno che è già giubilare. Sottolineeremo la dimensione giubilare di questa parrocchia soprattutto nel contesto della Visita pastorale e di qualche altro appuntamento che si potrà definire meglio con il parroco.

Questo è dunque un momento nel quale, come comunità, lodiamo il Signore, e sostiamo per chiederci come siamo chiamati ad annunciare il Vangelo oggi. Siamo chiamati a compierlo attraverso la professione di fede che la moltitudine davanti all’Agnello compie. La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello. È la professione di fede che ha compiuto anche San Gavino, al quale è dedicata questa chiesa. San Gavino nelle sue raffigurazioni appare a cavallo: questa è la seconda icona che desidero proporre. Era infatti una personalità dell’esercito romano, autorevole e importante. Ma quando fu posto davanti all’esigenza di scegliere Cristo oppure l’idolatria, fece la sua scelta per Cristo. Egli riconobbe che la vera salvezza per l’umanità viene solo da Cristo e perciò scese dal cavallo. La sua fede è contrassegnata dall’umiltà. Egli avrebbe potuto fare grandi strade, grandi carriere all’interno dell’esercito romano e probabilmente era già, secondo quanto indirettamente la storiografia ci aiuta a comprendere, in un rango importante, messo a custode degli altri due cristiani condannati a morte: Proto e Gianuario. Gavino, davanti alla loro testimonianza, sceglie di prostrarsi davanti al Signore, sceglie Gesù. E questo è per noi un esempio grande, è un modello: egli riconosce che chi innalza veramente è Dio. Riconosce che Dio dona lode, gloria, sapienza, azioni di grazia, onore, potenza e forza. Questa non è sudditanza nei confronti di Dio, è riconoscere il primato di Dio. Non è una forma di fede servile verso Dio, ma è una fede di amore, è una razionalità che riconosce che vi è una dimensione che va oltre la nostra creaturalità; è una fede chericonosce che vi è un Padre, che vi è un Creatore, che vi è un Salvatore. Quindi la confessione di Gavino è un atto di amore. Egli aderisce a Dio con amore. E il suo amore è tanto grande che dona la vita per lui.

Le vesti bianche conservate dalla moltitudine immensa che “portava palme nelle mani” (Ap 7,9), significano che si conservabianco l’abito battesimale, che occorre passare attraverso la via del martirio. La via del martirio non è soltanto quella della morte fisica, della morte violenta, una dimensione che esiste ancora nella storia. Sappiamo quante persone quotidianamente muoiono per la causa di Cristo, donano la loro vita per la causa di Cristo. Vi è però – diceva Sant’Agostino – un martirio bianco, l’offerta delle nostre sofferenze quotidiane, la nostra adesione quotidiana al Signore, il nostro amore feriale per Gesù. Questa è una forma di testimonianza, è quello che nel Vangelo di oggi Gesù chiede a ciascuno di noi, quando dice “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua” (Mt 16,24).

È ciò che ha fatto San Gavino: ha rinnegato sé stesso. Ma cosa ha rinnegato di sé stesso? Non la sua umanità, perché Dio non è contrario che noi abbiamo un’umanità realizzata. Ha rinnegato il suo “io” che pretendeva, forse avrebbe potuto pretendere, di sostituirsi a Dio. È un io che si lascia irradiare dalla grazia. Credo che questo sia importante per scoprire anche la vocazione della parrocchia. Qual è la vocazione della parrocchia? La parrocchia è il luogo nel quale annunciare il Vangelo, nel quale ascoltare la Parola di Dio, nel quale farsi guidare dalla Parola di Dio. La parrocchia è la casa nella quale ciascuno di noi compie la sua scelta di vita cristiana. Ma non solo una volta: la compie e la ricompie. Papa Francesco ce lo ricorda nell’Evangelii Gaudium, sottolineando che oggi è quanto mai necessario riscoprire, a volte la gioia del primo incontro con Cristo, altre volte la gioia di un incontro rinnovato con Cristo. Tutti noi abbiamo bisogno di un incontro rinnovato con Cristo: è la nostra condizione. Ogni giorno abbiamo bisogno di ascoltare questo invito a seguire il Signore; ogni giorno abbiamo il bisogno di chiederci se stiamo mettendo al primo posto Cristo nelle nostre vite e se lo stiamo seguendo, mettendo da parte tutto ciò che ci porta a seguire altri idoli, altre cose che ci distraggono dal Signore Gesù. Ecco che la parrocchia è il luogo dove ogni individuo scopre il senso della propria vita; èil luogo dove crescere cristianamente vuol dire anche crescere umanamente. Nella parrocchia la nostra umanità scopre il senso profondo della propria vita, della sua esistenza, della conversione pastorale. La nostra diocesi ha messo in atto questo percorso di conversione che è attento all’invito del Santo Padre, e tende a camminare insieme nell’ascolto della Parola di Gesù per promuovere un’esperienza di discepoli missionari.

Questo vuol dire riattivare e ravvivare in noi il nostro senso di essere discepoli e di essere anche missionari contemporaneamente. Questo ce lo suggerisce anche Padre Manzella che qui ha predicato tante volte, ha tenuto le sue celebrazioni, ha guidato momenti di riflessione, momenti nei quali desiderava invitare i suoi contemporanei a riporre al centro della propria esistenza Gesù, il Vangelo, la Parola di Gesù. Ieri ne abbiamo celebrato la memoria della morte nella chiesa dedicata al Santissimo Sacramento.

Il mio incoraggiamento è perché la parrocchia vada avanti con gioia, con serenità, promuovendo tutte quelle iniziative volte all’evangelizzazione. Avremo occasione successivamente di affrontare diversi temi perché quest’anno dedicheremo, anche come presbiterio, una riflessione sulla parrocchia, cioè come generare parrocchie missionarie, parrocchie discepolari, in un mondo che è profondamente cambiato. Padre Manzella lo è stato al suo tempo ed è stato un segno profetico. Oggi noi siamo chiamati a chiederci nuovamente quale forma deve prendere la parrocchia, quale dinamismo, quale slancio la parrocchia deve attivare per essere quella Chiesa-Casa dove avviene l’incontro con il Signore. Ricordo di aver presieduto l’Eucaristia qui, proprio in occasione della festa, sette anni fa, dopo poco essere arrivato in città. Ne ho un vivo ricordo. Il segno della mia venuta qui, anche questa stasera, vuole esprimere la mia cura, la mia attenzione verso questi nuclei pastorali che nel corso poi degli anni non sono più le borgate di settant’anni anni fa. Sono nuove realtà, con la loro peculiarità e con la loro specificità. Oggi siamo chiamati a dare le risposte necessarie. Sono ben felice di tutte le belle opere che vengono compiute. Il Vescovo, quando una parrocchia cammina, non può che essere contento perché la parrocchia non è un’altra realtà rispetto alla diocesi: è una cellula che compone l’insieme di un unico corpo, che è quello della Chiesa particolare, nella quale sussiste tutta la Chiesa. Vi incoraggio ad andare avanti, a progredire nel bene e a prepararci alla Visita pastorale».

Pin It on Pinterest