Celebrazione eucaristica in onore di San Michele Arcangelo, Patrono della Polizia di Stato
Domenica 29 settembre l’arcivescovo Gian Franco, nella cattedrale di San Nicola, a Sassari, ha presieduto la Celebrazione eucaristica in onore di San Michele Arcangelo, Patrono della Polizia di Stato. Alla celebrazione hanno partecipato le autorità civili e militari della città e della provincia e il personale della Polizia di Stato con i propri familiari.
Di seguito riportiamo l’omelia dell’Arcivescovo:
«La celebrazione odierna pone al centro della nostra attenzione la figura di San Michele come custode e protettore che illumina l’azione che ciascuno di noi è chiamato a compiere nei confronti del prossimo, di chi sta accanto, di chi sta vicino, per essere custodi e protettori del proprio fratello. È l’essenza della Parola di Dio che abbiamo ascoltato. In modo peculiare per il corpo della Polizia di Stato, che oggi celebra il suo Patrono, questa Parola risuona come il faro luminoso che illumina la fede, che accompagna la missione che la società civile vi ha affidato e di fronte alla quale vi siete impegnati. Nella Prima lettura, tratta dal Libro dei Numeri, che rievoca un tratto del percorso del popolo di Israele nel cammino verso la Terra Promessa, l’autore si rivolge proprio a coloro che sono costituiti come capi, accompagnatori del popolo, chiamati a presiedere. Le due grandi figure che riecheggiano sono quelle di Mosè e Giosuè, figure guida.
Il primo elemento che emerge è che Dio è consapevole che noi tutti possiamo porre le nostre buone forze, le nostre buone energie, le buone attitudini nell’accompagnare il cammino dell’umanità.Ma per fare questo, in modo efficace e illuminato, abbiamo bisogno dello Spirito di Dio. Mosè, infatti, tolse parte dello Spirito che era su di lui e lo pose sopra i settanta uomini anziani. Questa immagine spiega come Mosè, da solo, non poteva guidare un popolo così complesso, articolato, verso una meta altresì difficile.Per questo motivo condivide lo Spirito di Dio con dei collaboratori. Noi, che siamo illuminati dalla fede, possiamo credere fermamente che il Signore ci dona la grazia dello Spirito Santo, quella che comunemente si chiama la Grazia di stato. Quando una persona è chiamata a svolgere una vocazione particolare, quello stato di vita riceve una grazia speciale dal Signore perché lo accompagni e lo guidi nel suo cammino. Credo che questo sia per tutti noi motivo di fiducia, di speranza, di speranza in Dio.
Ma, qualora volessimo interpretare in una chiave anche più larga, un po’ più laica, quest’azione di Mosè, emerge un’altra dimensione: la sapienza di uno solo non salva il cammino di tutti. Lo spirito, seppur buono di un individuo, non è sufficiente per poter giovare ad un’umanità complessa, allargata, multiforme. E perciò egli lo condivide. Credo che questo sia davvero per tutti noi un elemento comune, una piattaforma di dialogo, di incontro, di comunicazione, che ispira la nostra presenza, il nostro servizio, la nostra azione.
Inizialmente Giosuè non comprende e si lamenta che altre due persone, come Eldad e Medad, non facenti parte del gruppo ristretto, possano in qualche modo ricevere anch’essi lo Spirito. Mosè invece spiega con un’esclamazione: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore porre su di loro il suo spirito!”. Questa è la preghiera della guida saggia. Mosè, infatti, è il modello di ogni guida, di ogni capo. Non a caso nella tradizione cristiana San Gregorio di Nissa scriverà “La vita di Mosè”, proponendolo proprio come un modello sia di vita spirituale che di vita antropologica, come un modello di crescita umana. Veramente noi tutti siamo chiamati a chiedere al Signore che il suo Spirito sia presente in ciascuno e a percepire che nessuno è estraneo alla nostra vita. Tutti fanno parte dell’unica famiglia umana. Penso che tutti coloro che svolgono una vocazione pubblica – e tutti ce l’abbiamo in qualche modo – qualunque sia la propria sfera, abbiano bisogno di chiedere al Signore che imponga su ciascuno lo Spirito, quella luce che illumina i passi, quella luce che accompagna il cammino.
San Michele è posto accanto proprio per illuminare, per accompagnare. Dio è consapevole della nostra fragilità, è consapevole della nostra debolezza e quindi viene in soccorso alla nostra umanità attraverso gli angeli, gli arcangeli. I ministri di Dio, cioè i servitori di Dio, rendono presente la sua presenza in noi. In modo particolare nel vostro importante e significativo servizio come Polizia di Stato. È veramente significativo che lo Stato tenga sempre vivo che esso esiste perché c’è un popolo. E dove c’è un popolo c’è la sua custodia, la sua crescita, la sua maturazione. Laddove venisse meno l’orizzonte, la prospettiva, l’obiettivo del bene che uno Stato deve compiere, allora esso stesso perderebbe la sua vocazione, la sua finalità. Lo Stato diventerebbe allora non una struttura di servizio ma una struttura che soggioga, come purtroppo siamo a volte costretti a vedere del panorama internazionale quando la persona umana non viene rispettata.
Oggi la Chiesa celebra la Giornata Internazionale del Migrante e del Rifugiato. Credo che questo ci porti ad avere uno sguardo largo, ampio, nel promuovere la giustizia, nel promuovere la legalità ma anche nell’avere quella capacità di sentire che tutti facciamo parte di un’unica famiglia, ma senza per questo venir meno a quelli che sono i doveri di una vita civica. È la civiltà che fa crescere la persona.
Lo stesso problema emerge tra i discepoli di Gesù. Mentre sono in cammino, Giovanni pone a Gesù una domanda: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva” (Mc 9,38). Gesù risponde: “Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi” (Mc 9,39). Credo che qui Gesù consegni ai suoi discepoli e a noi il senso della cattolicità della Chiesa, dell’universalità della Chiesa, il senso di quello che i Padri della Chiesa chiamarono “intuizioni precristiane” nelle culture non cristiane, i semi del Verbo. Il bene è bene per sé stesso, che provenga da una parte o che provenga da un’altra parte ancora. Se il bene è bene, opera bene e genera bene; il male non può che generare male.
Ed ecco anche qui il segno di San Michele, simbolo del bene, segno del bene, che va custodito, che va sempre promosso e che va anche protetto, perché il bene può essere anche oggetto di un attentato.
Gesù dice: Se uno agisce nel mio nome, perché glielo volete impedire?
Perché, se uno compie un’opera buona, chiunque egli sia, essa è un’opera buona. Nel cristianesimo, nella fede cristiana, non vi è spazio per fondamentalismi, per porte chiuse. Vi è invece una prospettiva larga, ampia per tutti. Ciò che contraddistingue è il bene, la fede e l’adesione a Cristo. Chi ci rende buoni è lo Spirito di Dio, chi ci aiuta a purificare il cuore dal male è Dio, tant’è vero che vi è poi la dimensione dell’impegno. Gesù dice che si è chiamati a non scandalizzare gli altri. Scandalo vuol dire creare inciampo, bloccare il bene. Nessuno, tra le persone che amano, può o deve bloccare il bene, a qualunque ambito egli appartenga: laico, credente di una cultura, di un’altra cultura ancora. Ciò che non porta frutto va potato, ma non la persona. La persona va sempre promossa; è la dimensione che produce il male che va eliminata. Questa è la grande sfida del cristianesimo, della dimensione della conversione, della vita nuova. Il Signore oggi ci invita ad essere operatori di bene. Per questo, Gesù, nel discorso delle Beatitudini dirà: “Beati gli operatori di pace, di giustizia, di ogni forma di bene”.
Con questo spirito affidiamo la missione importante, significativa e preziosa del corpo della Polizia di Stato. All’inizio del suo mandato, affidiamo al Signore anche la missione del nuovo Questore della Provincia di Sassari, ciascuno di voi, le vostre famiglie e la nostra Chiesa in cammino. Chiediamo al Signore che ci doni lo Spirito di sapienza nelle nostre scelte e nelle nostre azioni».