Usini: Celebrazione eucaristica in occasione della festa patronale della Parrocchia Natività della Beata Vergine Maria
Domenica 8 settembre l’arcivescovo Gian Franco ha presieduto a Usini la Celebrazione eucaristica in occasione della festa patronale della parrocchia della Natività della Beata Vergine Maria.
Di seguito si riporta l’omelia pronunciata dell’arcivescovo.
«È con vera gioia che condivido e condividiamo questo appuntamento di famiglia: la festa patronale, in questo giorno del Signore segnato dal ricordo della natività della Beata Vergine Maria, unitamente ad un altro appuntamento altresì importante, il cinquantesimo anniversario della nascita del prestigioso coro di Usini.
Il signor Sindaco, nel saluto iniziale, ha voluto gentilmente richiamare alcuni aspetti del cammino ecclesiale che stiamo vivendo: il cammino sinodale, la visita pastorale, il processo di conversione pastorale, affinché ci aiuti a vivere l’esperienza di un popolo chiamato ad evangelizzarsi e ad evangelizzare.
La Natività di Maria è una festa importante per illuminare il nostro cammino e il cammino di ogni individuo. La prima immagine che desidero sottolineare è la natività, la nascita. Quando nella nostra esistenza, nella famiglia, tra gli amici, nella comunità, nasce una nuova vita, si gioisce perché c’è un dono. La vita è un dono. Noi quest’oggi vogliamoringraziare, lodare e benedire il Signore perché la Trinità Beata, nel suo progetto di amore, ci ha voluto donare una creatura speciale: Maria, che oggi ricordiamo nella sua nascita. Tutti noi ricordiamo la data del compleanno come un appuntamento importante e non solo: quel compleanno è registrato negli archivi importanti, in quello comunale.
Ma poi vi è una duplice nascita, la nascita battesimale, alla quale ci riconduce anche il Vangelo, che oggi noi abbiamo ascoltato dalle parole di Marco. La nascita battesimaleviene segnata nell’archivio della propria parrocchia. La nascita è dunque un momento importante. La nascita è importante come dono della vita terrena e come dono della vita in Cristo, l’essere inseriti nella Chiesa, l’essere inseriti nel corpo di Cristo. La nascita di Maria è tanto importante perché in Lei noi vediamo anticipato in modo mirabile quanto Dio ha pensato per ciascuno di noi.
Maria, con la sua nascita, è il punto di partenza e il punto di ripartenza che Dio ha pensato per l’umanità, per tutta l’umanità. Guardando Maria noi guardiamo sì il popolo santo di Dio in cammino, ma guardiamo anche tutte le creature. Maria ci aiuta ad avere un largo orizzonte e la nascita di Maria segna nel progetto di Dio la volontà di una ricostruzione. San Pier Damiani, al quale vogliamo far riferimento come grande cantore di Maria, ricorda che Maria è l’exordium humanae salutis, cioè è quell’esordioattraverso il quale Dio fa udire all’umanità la salvezza che ha pensato per tutti. E questo esordio di gioia investe il cielo e la terra, investe tutta l’umanità.
Questo infonde in noi fiducia e speranza. Quando guardiamo a Maria, alla sua Natività, noi pensiamo che Dio ama l’umanità. Maria, infatti, è il segno di una nascita nuova, associata ad un momento di decadenza, un momento nel quale vi fu un momento di caduta. Tutti conosciamo il binomio Eva-Maria.
Vi fu un momento nel quale nell’umanità per i progenitori si introdusse la tristezza della separazione tra la creatura umana e Dio. Questa creatura umana vede Dio come una figura in antitesi, in contrapposizione. È la contrapposizione degli uni agli altri. Da questo inizio di dolore, di sofferenza, Dio costantemente nella storia della salvezza ha camminato con l’umanità, sino ad un momento importante: la nascita di Maria, nel cui grembo il Verbo di Dio si fa carne.
Ecco perché ricordiamo la nascita di Maria lodando e benedicendo il Signore: per averci donato una creatura così disponibile, così docile, perché potesse aprirsi una pagina di gioia per l’umanità. Talvolta, siamo forse segnati troppo dalla tentazione di una fede che cede al negativo, alla tristezza, al pessimismo, Papa Francesco direbbe alla lamentazione. Questo accade, forse perché ci manca l’orientamento costante alle fonti della nostra fede, alla sorgente della nostra fede.
Se noi guardiamo come il progetto di Dio si svolge nel tempo, scopriamo che Dio ha un progetto di amore e desidera per tutti noi la gioia, la realizzazione, la felicità. E allora ecco che la fede è un antidoto al disfattismo, al pessimismo, a quella negatività che non fa mai crescere, che non fa mai maturare né come persone né come Chiesa né come comunità, perché si è sempre sulla negatività.
Ed è bello che qui la Natività di Maria venga definita come Nostra Signora de “S’Ena Frisca”. Infatti è una nuova vena sorgiva d’acqua, di grazia, che attraverso Maria viene irrorata sull’umanità. Quando nell’agricoltura si vuole ripulire un rivolo d’acqua non si va al punto dove l’acqua va a sfociare, ma si va alla sorgente, affinché dalla sorgente venga fuori un’acqua buona che pian piano ripulisca il canale.
Ecco, anche noi pensando al progetto di Dio siamo chiamati ad andare alla sorgente di ciò che vediamo di male, di brutto, di inquinato, di inquinante, perché “S’Ena Frisca”, cioè la grazia di Dio, scorra ampiamente nella nostra vita. Oltre quest’acqua di grazia, e oltre l’acqua battesimale che abbiamo ricevuto, vi è un cibo che, sempre attraverso Maria, ci è stato donato: Gesù. Se ritorniamo alle origini della salvezza vi fu un cibo avvelenato: “Non mangerai del frutto di questo albero” (Gen 2,17). Ciò portò a una separazione e a una divisione. Mentre i progenitori mangiarono un cibo per il quale siamo stati condannati e introdotti in una situazione di sofferenza, con Maria invece si spalanca l’ingresso all’Eterno Convito, il cibo dell’Eucaristia:Cristo che nasce, muore, risorge e rimane con noi, cammina con noi come un cibo che ci nutre, come un cibo che ci alimenta.
Ecco la grandezza di Maria! Ecco perché noi non possiamo non ricordare la Natività di Maria. Non tanto per il giorno anagrafico – che non conosciamo – quanto nel mistero della sua nascita. Perciò Maria è per noi un modello da imitare, come ci ricorda San Pier Damiani, grande monaco medievale, uomo di vita spirituale, dicendoci che è bene che ciascuno, per offrire sé stesso al Redentore, si affretti a vivere la comunione con Lui, a nutrirsi del Suo cibo. E così la Chiesa in cammino si nutre del Suo cibo, si abbevera alle sorgenti di quest’acqua fresca.
Il concepimento di Maria segna un nuovo inizio anche per noi. Oggi si parla di conversione pastorale, di rinnovamento della Chiesa. Ecco, qual è questa conversione pastorale? Di cosa tratta il rinnovamento della Chiesa? Il ritornare al concepimento per fede di Cristo nella nostra vita. Cristo è stato concepito in Maria per fede e nella carne. Noi siamo chiamati a concepirlo per fede. Concepire Cristo nel grembo è stato per Maria un fatto unico, singolare, straordinario, mentre portarlo nel proprio cuore con devozione è un fatto comune e universale per tutta l’umanità.
Felice è senza dubbio la Beata Vergine Maria che ha portato Cristo per nove mesi nel suo grembo, ma felici siamo anche noi se con assiduità ci sforziamo di portarlo nella mente e nel cuore. Portare Cristo nel cuore significa aprirci a una vita nuova, a una nuova esistenza. Maria, ricevendo l’invito a divenire la madre del Salvatore, esplose in un canto di giubilo. E qui vorrei sottolineare la bellezza e la gioia del canto, ed esprimere quanto i canti, come ad esempio le espressioni musicali e canore del nostro bel Coro di Usini, possano cantare le lodi di Dio, possano cantare ed esprimere i sentimenti del cuore umano, narrare la vita dell’uomo pellegrino sulla terra, che aspira alla meta, alla Patria celeste. La lingua sarda ha la capacità di esprimere questi profondi sentimenti di devozione e di fede.
Ricordiamo che Papa Francesco afferma che la fede si trasmette in dialetto. Cosa vuol dire si trasmette la fede in dialetto? Significa che ciascuno l’apprende con il linguaggio che gli è più prossimo, che gli è più vicino, che tocca il cuore e la mente.
E allora, a Voi componenti del Coro di Usini, va il nostro grazie perché siete presenti non solo nei palchi dei teatri,dove vi è l’umana socialità, ma spesso – come oggi – siete presenti nelle liturgie per aiutarci a pregare con il linguaggio della fede dei nostri padri.
Maria cammina con noi. Rivolgiamoci a lei con la più antica preghiera mariana, il Sub tuum presidium. Chiediamo a Maria, Regina del mondo, che ascolti le preghiere di noi poveri pellegrini. La invochiamo perché sia lei a presentare le nostre suppliche e i gemiti di ogni persona al cospetto del Redentore, affinché ciò che non può essere accolto per i nostri meriti, possa essere ascoltato dalla Divina Misericordia per la sua materna intercessione. L’amore di Dio cancelli i nostri peccati, mitighi le azioni malvagie, rialzi chi è caduto, liberi i prigionieri. Egli, attraverso l’intercessione materna di Maria, ripulisca il nostro cuore estirpando le spine e i germogli del male perché possano nascere i fiori e gli ornamenti della Grazia. La preghiera a Maria accompagni tutti i giorni i nostri passi».