ANNO C – XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Sir 3,17-18.20.28-29 | Sal 67 | Eb 12,18-19.22-24 | Lc 14,1.7-14
Ufficio Comunicazioni Sociali – don Michele MURGIA
L’antico sabato è sempre un giorno complicato per Gesù, ma soprattutto per chi prova a confrontarsi con i suoi insegnamenti. Quella che era nata come istituzione per celebrare ogni settimana la festa dell’alleanza tra Dio e il suo popolo, un’occasione di gioia per tutti, scivolava sempre più dentro il patronato gestionale dei regolamenti religiosi, trasformandosi in un’arma da brandire contro gli altri. Il pranzo della festa nella casa di un fariseo diventa emblema di quella deriva: perché è stato organizzato? Con quale criterio è stata stilata la lista degli invitati? Quali sono gli effetti attesi dall’evento? Le cortesie per gli ospiti sono una vetrina per esibire se stessi o davvero realizzano uno slancio d’affetto e di servizio verso gli altri? Così può accadere che anche per il credente la fede si trasformi nella celebrazione di una sorta di ego religioso e la gratificazione che ne deriva sostituisca pian piano -forse inconsapevolmente- l’amore verso Dio e verso il prossimo. «Io sono credente per te, non solo per me» sembra suggerire Gesù in questo Vangelo domenicale ai suoi discepoli. In effetti, il comandamento dell’amare Dio e il prossimo come se stessi scandisce bene l’ordine con cui la festa della fede deve essere organizzata. Deve finire il tempo in cui crediamo per noi, celebriamo per noi, organizziamo per noi.